L'ultimo premio Urania.
2060. Il professor De Ruiters, direttore di un importante centro di ricerca europeo, viene ritrovato congelato a bassissima temperatura all’interno di un macchinario, durante un esperimento pubblico di teletrasporto al Palazzo delle Stelline di Milano. Quasi contemporaneamente, altri tre suoi colleghi scompaiono misteriosamente.
Un uomo, il detective Dick Watson della Polizia Europea viene inviato a indagare sul caso. Ma Watson si scontra quasi subito con la Polizia Lombarda che preferirebbe occuparsi da sola del caso.
L'indagine si rivelerà molto più complicata del previsto, coinvolgendo spie,malavita cinese, un gruppo di hacker, e i segretissimi computer quantistici di Parigi.
Nel frattempo, proprio a Parigi viene compiuto un ulteriore omicidio: stavolta a lasciarci le penne è un collega di Watson.
Adesso l'investigatore comincia a temere per la sua di vita.
Non è mai facile parlare del romanzo vincitore del Premio Urania, anche per questo ho preferito aspettare.
Per sua stessa natura l 'Urania fa sorgere ogni anno discussioni riguardo la natura stessa del genere, senza contare poi le diatribe tra soddisfatti e scontenti.
Diatribe in alcuni casi giunte in alcuni casi in passato fino al livello di vere e proprie polemiche.
Ora, io per primo in passato sono stato deluso da diversi romanzi vincitori delle passate edizioni della manifestazione ed ho fatto mie alcune delle critiche che quegli stessi libri avevano ricevuto.
Ma non è questo il particolare importante.
Intanto due parole sull'autore:
Piero Schiavo Campo è originario di Palermo (classe1951) ma poi è vissuto a Bologna e a Milano. È docente di Teoria e Tecniche dei nuovi media all’Università di Milano Bicocca con un passato di astrofisico.
Ma non è nemmeno questo il particolare importante.
Aggiungo poi sempre per sgombrare il campo da incomprensioni che L'Uomo a Un Grado Kelvin mi è piaciuto, così come mi erano piaciuti i vincitori delle due precedenti edizioni, I Senza Tempo di Alessandro Forlani (che aveva dalla sua l' originalità dell'argomento e lo stile accattivante di scrittura) e Il Re Nero di Maico Morellini.
Ma nemmeno questo è il particolare importante, più avanti comunque dirò perchè il libro mi è piaciuto e cosa invece mi ha convinto di meno.
Quello che è importante è che anche stavolta sono venute fuori due correnti di pensiero.
La prima quella che chiamerò del bicchiere mezzo pieno è esemplificata da questo articolo scritto da bravo Fabio Centamore per l'ottimo blog CRONACHE DI UN SOLE LONTANO
Centamore in sostanza ne loda la verosimiglianza scientifica e il non indifferente particolare che, per una volta tanto, un romanzo italiano non soffra il confronto d'inferiorità con la fantascienza mondiale.
Piero Schiavo Campo: l'autore.
La seconda, quella che potremmo chiamare del bicchiere mezzo vuoto viene sintetizzata nell'altrettanto ottimo IGUANA BLOG che, pur apprezzando il romanzo, ne lamenta -e qui copio incollo un suo passaggio:
la consistenza e la credibilità dei vari personaggi, che si muovono, parlano e interagiscono come se il tempo non fosse passato, e le coordinate temporali del loro universo narrativo fossero rimaste bloccate a cinquant'anni fa, quasi che nel frattempo la fantascienza non fosse riuscita ad evolversi dall'epoca dorata della sua infanzia e la realtà umana ritratta dai suoi autori fosse sempre quella semplice e addomesticata che usciva dai racconti delle riviste dell'epoca.
Entrambe le tesi hanno degli indubbi punti di forza.
Non è nemmeno mia la definizione
E io? Cosa ne penso io?
Beh, mi trovo a mezza strada tra questi due punti di vista...concordo in parte con Centamore e in parte con Giorgio Iguana, però avrei qualcosa di mio da aggiungere....
Bene, per quanto mi riguarda L'Uomo a Un Grado Kelvin, è un buon romanzo, l'autore ha un indiscusso background scientifico e dimostra di saperlo utilizzare, per una volta i riferimenti teconologici ci sono e sono fatti nel modo e nel momento giusto, non si scade nell'infodump e cosa ancora più importate sono sempre funzionali alla trama. Trama che, diciamolo, scorre via bene con l'autore che dimostra anche di saper scrivere.
Insomma Piero Schiavo Campo parla di cose come computer quantistici con cognizione di causa. Piacevole anche l'aspetto sociologico della trama, la descizione del futuro italiano ed europeo descritto dall'autore con una nebbiosa Milano del 2060 i cui quartieri risultano trasformati in blocchi suddivisi per appartenza etnica e\o di ceto economico.
Per quanto mi riguarda risulta indovinata anche la scelta dell'autore di far osservare tutto con l'occhio di uno straniero, cosa che rende meno amara e più acuta l'osservazione dei difetti italici che serpeggano qua
e là durante la trama, certo è poco piacevole pensare che, secondo la descrizione dell'autore, tra 50 anni saremmo ancora così, con enormi differenze tra Nord e Sud Italia però va riconosciuto che il personaggio del detective Dick Watson è piacevolmente debitore dei vari investigatori hard boiled della letteratura internazionale.
Però è qui che è arrivato il mio dubbio.
Vedete, io amo il poliziesco oltre alla fantascienza, mi è piaciuta la commistione dei due generi praticata in questo L'Uomo a Un Grado Kelvinperò quanti romanzi o racconti di fantascienza italiana abbiamo letto in questi ultimi anni in cui l'elemento fanta e l'elemento scientifico fossero solo quando va bene una frazione e quando va male un semplice orpello dell'aspetto, thriller, giallo, noir o hard boiled?
E' solo a me che da l'idea quasi da cordone ombelicale che non si vuole per niente recidere ?
Tanto per citarne uno, anche ne Il Re Nero presentava il suo bravo investigatore, la sua bella indagine, i suoi crimini. E lo stesso vale per i poliziotti di Infect@del bravo Tonani tutti romanzi che mi sono piaciuti per carità, semplicemente anche in questo caso, mi piacerebbe riuscire a trovare un po più di varietà nel rutilante mondo dei romanzi di fantascienza nostrana.
Tutto qui.
Insomma, il bicchiere è mezzo pieno o è mezzo vuoto ?
Diciamo che c'è ancora da lavorarci sopra ma L'Uomo a Un Grado Kelvin è un segnale incoraggiante per la fantascienza italiana, dimostra che è possibile anche per noi scrivere buona science fiction tecnologica.
Un buon punto di partenza insomma.
L'importante è poi riuscire ad variare di tanto in tanto il menù.
Detto questo mi congratulo con Piero Schiavo Campo per la sua vittoria e lo invito, se ha voglia, ad intervenire nei commenti di questo post.
E lo stesso vale per Iguana, per Centamore e per chiunque ne avesse voglia. ;)