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Il rapper RZA si catapulta dietro la macchina da presa per realizzare un lavoro di cui si annuncia contemporaneamente regista, co-sceneggiatore e attore protagonista.
Con un passato e un presente fatto di piccoli ruoli cinematografici e compositore di colonne sonore, il poliedrico artista vuole ampliare la sua conoscenza nel campo cinematografico ed insieme soddisfare la sua passione verso quel cinema di arti marziali dalla conformazione prevalentemente asiatica, in cui si privilegia maggiormente l’azione, la spettacolarità e il divertimento sfrenato.
Si erge da tali premesse “L’Uomo Con i Pugni di Ferro”, da questi tre punti che si cuce rigorosamente stretti addosso, togliendo importanza a quel che avanza intorno e potenziando il più possibile l’estetica e la forma per una divulgazione rapida e massiva. Devono aver guardato molto all'importanza che i videogames hanno guadagnato negli ultimi anni, RZA e Eli Roth – altro co-sceneggiatore e produttore – buttando giù una sceneggiatura assai più simile a una bozza e orientata a stupire con personaggi inverosimili e con armi improbabili piuttosto che concentrata a mettere in piedi un conflitto robusto ed integro che potesse essere in grado di reggere fino in fondo il ritmo e l’azione da pop-corn contenuta in quelli che erano gli stampi presi in esame.
Il sogno infantile di RZA quindi si sfalda in men che non si dica, lasciando dietro di sé pochissime tracce per la memoria. Senza una trama solida la simpatica baracca fa fatica a rimanere stabilmente eretta, traballa, spesso cede per poi riassestarsi appena, come un terremoto indeciso se distruggere o far solo evacuare un intero palazzo. E’ netta la sensazione che dietro questa operazione si sia voluto più cercare un divertimento personale anziché provare veramente a tirar fuori dal cilindro un racconto che andasse a guardare concretamente i modelli che si era preposto. E quando nel finale il montaggio diventa addirittura fumettistico la fusione di piaceri priva di qualsiasi gusto da parte dell’autore ha lo stesso impatto di un iceberg che inabissa una nave sfornita di scialuppe e ancore di salvezza.
L’asso nella manica rappresentato da Russell Crowe nulla può contro i danni che la pellicola gioca alle sue spalle, quando è in scena sa tenere alta la trazione ma non appena scompare, il suo peso (inteso anche in senso letterale) lascia un vuoto che nessuno degli altri sa colmare. Nemmeno una Lucy Liu intrappolata a badare alle sue geishe: avremmo preferito vederla in un ruolo di maggior spessore e più combattivo invece pare che l’attrice abbia deciso di accontentarsi di avere dalla sua solo un paio di scene a stento considerevoli.
Insomma, RZA ha provato a svagarsi col cinema eppure - specchietto per le allodole a parte (il film è presentato da Quentin Tarantino) - a noi spettatori poco è piaciuto del suo esordio, colonna sonora compresa. Speriamo si sia divertito almeno lui a prendere confidenza con questa nuova sfida e che, se dovesse dar seguito all'esperienza, la prossima volta possa imparare dai suoi stessi errori e presentarsi almeno con uno script che vada oltre la sola immaginazione e l'influenza delle console videoludiche.
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