Magazine Cinema
Visto in DVD.
Dziga Vertov fu un regista futurista, propugnatore della teoria secondo cui il cinema è l’arte suprema, disgiunto completamente da letteratura e teatro dai quali dovrebbe sempre rifuggire. È in quest’ottica che l’opera di questo regista risulta essere inusuale per il periodo.
Elimina i set, i teatri di posa e si mette a riprendere direttamente dalla realtà. Ovviamente elimina gli attori e riprende la gente comune. Il suo modo di far cinema ricalca molto lo stile dei documentari, ma è qualcosa di diverso, non vuole spiegare una situazione, un concetto o un ambito della società; vuole solo comunicare con le immagini; riprende scene di vita in vari ambiti e legate fra loro più per assonanza che per logica, abusando ad ogni scena del montaggio intellettuale di Eisenstein. I suoi film risultano essere delle opere d’arte visiva tratte da scene di vita vera.
In questa chiave viene creato L’uomo con la macchina da presa, film manifesto dell’idea di cinema come arte a se; una sorta di documentario dedicato al cinema stesso e alle possibilità che lo strumento della macchina da presa permette. Ecco allora che le immagini si affiancano per assonanze poetiche o paragoni, creando una sorta di sinfonia di sequenze, mentre tecnicamente Vertov fa di tutto, tutto quello che il mezzo gli permette: stop motion, rewind, ralenty, sovrapposizioni, fermo immagini, split screen, carrelli, immagini sfocate e rimesse a fuoco, inquadrature azzardate che vengono poi smascherate mostrando la macchina da presa che le sta registrando, ecc.
Il tutto inquadrando immagini di vita vera senza censura o limiti (mostra tutto anche barboni che dormono in un parco o il parto di una donna).
Il film riesce alla perfezione, è esteticamente perfetto e godibilissimo, senza una narrazione o la necessità di cartelli.
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