L’uomo contemporaneo gode forse di una libertà eccessiva?

Da Paolotritto @paolo_tritto

Il santo fratello scrive:

Tra le tante situazioni in cui ognuno di noi viene a trovarsi, c’è indubbiamente il fatto di essere vincolato a vivere in una determinata epoca. Per l’uomo contemporaneo, pare che questa sia una grave limitazione, ritenendo evidentemente più desiderabile avere la possibilità di fare una più completa carrellata attraverso le varie fasi storiche e di partecipare attivamente ai momenti più significativi della storia umana.

Più di qualcuno, per esempio, manifesta un certo disappunto per non essere stato un bambino ai tempi della guerra di Pirro e per non avere avuto la possibilità di seguire dal vivo la battaglia degli elefanti. Questa gente non ha tutti i torti: immaginate che spettacolo ci siamo persi noi che siamo venuti dopo. C’è anche chi, inoltre, avrebbe gradito andare a scuola nel medioevo o, comunque, prima che Colombo scoprisse l’America; è vero, io stesso non sono mai riuscito a imparare a memoria la data esatta di questa scoperta né il nome delle tre caravelle, prendendo di conseguenza dagli insegnanti un sacco di bacchettate che altrimenti mi sarebbero state risparmiate.

Pensate che cosa poteva significare avere la possibilità di vivere durante il Rinascimento. A quanti dei nostri contemporanei, infatti, sarebbe piaciuto vivere in quel momento e dare il proprio personale contributo al rifiorire delle arti; chissà, qualcuno di questi sarebbe diventato un pittore famoso al pari del Botticelli e oggi sarebbe esposta qualche sua opera in uno dei più importanti musei del mondo. Ogni tanto – lo confesso – vengono in mente anche a me idee del genere: per esempio, io avrei voluto essere un giovane ai tempi della battaglia navale di Trafalgar; senza esitazione, mi sarei arruolato tra le truppe inglesi di Orazio Nelson e volentieri avrei combattuto contro i napoleonici; ritengo infatti che gran parte delle sciagure dell’epoca contemporanea scaturiscano dalle malefatte e dai raggiri dei francesi.

L’uomo contemporaneo avrebbe fatto il mondo così, correggendo l’impianto voluto dal Creatore. Tutti avrebbero avuto una più ampia possibilità di saltellare tra un’epoca e un’altra, assaporando qualcosa ora qua ora là dai vari secoli. Ma – io dico – così facendo dove saremmo arrivati? È vero quello che si dice e cioè che avremmo potuto avere anche dei giovani migliori. Nessuno può negarlo: lasciare i nostri giovani nella convinzione che non si possa vivere senza lo smartphone o il tablet è un grosso problema. Tornando indietro nel tempo di un secolo e mettendoli dentro a una trincea sul Carso durante la Grande Guerra, cambierebbero sicuramente idea. Dovrebbero arrangiarsi per forza, di fronte al fatto di non avere nemmeno la possibilità di ricevere notifiche di Facebook, download degli aggiornamenti per le app e con il fischio delle bombe sulle loro teste invece del languido cinguettio di Twitter.

Questo è vero. Ma fino a un certo punto. Un episodio, infatti, mi ha fatto riflettere. Qualche tempo fa, mi ha telefonato mia sorella per dirmi che suo figlio, mio nipote, era tornato precipitosamente da Berlino. «Che è successo? Come mai è tornato così presto e così improvvisamente?» le ho domandato, preoccupato. E lei: «Dice che ha dimenticato lo spazzolino da denti». Le ho detto che mi sembrava un pretesto puerile e che certamente ci sarà stato sotto qualcosa di più grosso. «No, no. È proprio così» ha insistito lei, «lo ha dimenticato davvero». Ho cercato di convincerla che se uno si ritrova a Berlino sprovvisto dello spazzolino da denti potrebbe benissimo comprarsene un altro. «Quanto invece gli sarà costato» le ho domandato io, «tornare indietro per riprendere lo spazzolino? Quanto sarà costato il viaggio più di quanto non costi un normale spazzolino nuovo?»

È difficile che una donna, di fronte a una persona estranea, riconosca apertamente gli errori di un proprio figlio. Questo è evidente. È però proprio all’evidenza – parola di cui si è perso il valore – che faccio appello io. Ma è stato inutile con mia sorella perché si accaniva a difendere suo figlio contro ogni evidenza. A un certo punto, mi ha detto: «Tu non puoi capire cosa significhi uno spazzolino da denti per un figlio, perché tu non hai figli». Io non ho figli e non sono nemmeno sposato. Però non ci ho visto più e mi sono messo a gridare: «Anche se non ho figli e non ho una moglie, ho però una testa. E la mia testa mi porta a ragionare».

«Anche io faccio funzionare la mia testa» ha urlato lei, «tu sei sempre lì a dire cosa è conveniente economicamente e cosa no. Basta! Tu sai sempre tutto, sai cosa bisogna fare e cosa non bisogna assolutamente fare e te ne freghi della libertà delle persone». È a questo punto che io ho incominciato a riflettere su questa bella parola che è la libertà e sulle sue insidie.

E così un giorno, dopo aver riflettuto a lungo, mi sono recato a casa di mia sorella. Un po’ per chiarire il mio pensiero, un po’ perché ritenevo di poter essere utile a venir fuori da una situazione che, francamente, mi appariva di una certa gravità. Al termine della chiacchierata, ho detto a mia sorella: «Ascoltami. Per me non è normale che una persona torni indietro da Berlino per prendere lo spazzolino da denti che aveva dimenticato a casa. Dovresti capirlo che è una cosa da pazzi».

L’ha presa male: «Tu mi stai dicendo che mio figlio è un pazzo? Dovresti vergognarti di dire questo di tuo nipote. Vai via, esci da questa casa!» Mi ha messo veramente alla porta e da quel giorno non ci siamo parlati più. Per completezza, riferisco il suo pensiero. Punto primo: secondo mia sorella, io sarei troppo insensibile per comprendere il particolare rapporto di intimità che viene a stabilirsi tra un giovane e il suo spazzolino da denti. Secondo: qualunque cosa io abbia in contrario riguardo al comportamento umano, in nessun caso sarebbe legittimo privare alcuno della libertà di fare quello che gli sembra desiderabile fare.

«Bene!» ho osservato allora, «Secondo te, io sarei libero di lanciarmi da questo settimo piano?» Gelidamente, ha risposto: «Perché no? Se a te questo sembra desiderabile, perché no?» Io mi sarei aspettato, di fronte all’eventualità che io mi lanciassi nel vuoto, che mia sorella sarebbe crollata ai miei piedi, scongiurandomi di non farlo, piangendo, impegnandosi con tutte le sue forze a infondermi un po’ di ottimismo. Invece, mi ha dato questa sua risposta secca: «Perché no?» E questo mi ha fatto veramente molto male. Lei era ferma nelle sue convinzioni: ogni uomo deve seguire ciò che la sua volontà gli detta e non gli deve essere precluso nulla di ciò verso cui egli tende. Se un uomo volesse cambiare epoca nella quale vive, se volesse cambiare paese o anche continente, se per esempio da madrelingua italiana volesse diventare madrelingua francese, tutto questo nessuno deve poterglielo impedire in nessun caso. “Se un uomo vuole qualcosa, non è logico che cerchi di ottenerlo?” È questa, in parole povere, l’idea che mi ha esposto mia sorella.

Naturalmente, mia sorella ha ragione. Indubbiamente, sembra anche a me una cosa logica. È vero, bisognerebbe avere l’onestà di riconoscere che anche le cose perverse hanno una loro logica e che non c’è argine, purtroppo, alla libertà dell’uomo. Sappiatelo.

Holy Brother


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