L’Uomo d’Acciaio
di Zack Snyder
USA 2013
Sinossi
Il pianeta Krypton, esaurite le risorse naturali, è condannato a implodere. A pochi giorni dalla fine e nei giorni del colpo di stato del generale Zod, nasce un bambino destinato a cambiare la vita di un pianeta più giovane e lontano. Figlio di Jor-El, scienziato e luminare di Krypton, Kal viene imbarcato su una navicella e lanciato nello spazio con il codice genetico del suo popolo. Atterrato in Kansas e sopravvissuto ai genitori, Kal viene recuperato dai coniugi Kent, che lo educano con amore e senso etico. Molto presto però la natura aliena e formidabile di Clark, il suo nome terreno, prende il sopravvento emarginandolo dal mondo. Diventato uomo dentro al corpo di un dio, lascia la casa paterna in cerca delle proprie origini. Il ritrovamento di una nave spaziale, precipitata sulla terra milioni di anni prima, è la risposta alle domande disattese di Clark, a cui l’ologramma del padre biologico rivela identità e genesi. Unico della sua progenie, Clark incarna la ‘speranza’ di un domani migliore per il pianeta che lo ha cresciuto e che adesso vuole servire facendo il bene. Infilata la tuta rosso-blu di Superman, Clark dovrà vedersela con un fantasma del passato che torna a chiedere il conto. (Fonte: MyMovies)
Commento
Mi sono avvicinato a questo film con le giuste aspettative.
Superman è un personaggio che mi affascina, anche se non sono un fan della DC Comics.
Zack Snyder è un regista che mi piace (alcuni di voi rabbrividiranno nel sentirmelo dire, ma è così).
Infine mi piaceva anche l’idea di una rilettura matura del mito dell’Uomo d’Acciaio. Perché, a volerla dire tutta, i vecchi film col leggendario Christopher Reeve come protagonista sono sì dei cult, ma hanno anche delle venature “infantili” che, viste con occhi adulti, fanno esclamare più di una volta “ma che ca**o?!?“…
Il nuovo costume: a me piace.
Dunque, qual è il giudizio finale su questo nuovo Superman?
Discreto.
Un termine che vuol dire tutto e niente, me ne rendo conto.
Discreto perché è un buon film per 3/4 della pellicola, e che cede sul finale alla tentazione delle “botte da orbi in salsa effetti speciali”.
Discreto perché prometteva molto e ha mantenuto più o meno il 50% delle aspettative. Poco? Tanto? Ditemelo voi.
La trama è piuttosto classica e pesca tanto dalla costruzione del “mito” dell’Uomo d’Acciaio quanto dalla trama di Superman II, mettendo in scena un generale Zod 2.0 piuttosto convincente.
Come ho già detto, il film spara le migliori cartucce nei primi 90 minuti, tra flashback, dilemmi morali, e molto spazio dedicato alla parte “aliena” della pellicola, quella iniziale ambientata su Krypton.
Henry Cavill non è un attore trascendentale, ma veste bene il ruolo di Kal-El anche se, e questo è un commento femminile che mi piace riportarvi, è senz’altro più sexy con la barba che non senza.
Russel Crowe e Kevin Costner, rispettivamente il padre biologico e quello adottivo del nostro Clark, sfoderano quanto basta della loro bravura per dare vita a due personaggi solidi e convincenti. Gioco facile per due vecchi volponi, visto che comunque parliamo di ruoli dal profilo arcinoto e datati ben 75 anni.
Amy Adams è una Lois Lane sorprendentemente dolce (dovete sapere che io odio la classica Lois, quella che ci hanno rifilato per anni e anni).
Michael Shannon è un generale Zod riuscito quanto basta, ma comunque inferiore al predecessore (l’inarrivabile Terence Stamp).
Molto sexy e azzeccata è invece la subcomandante Faora, interpretata da Antje Traue, attrice tedesca che ha fisico, mestiere e cattiveria per risultare una guerrafondaia fanatica del tutto credibile.
Altro che Zod: lunga vita al subcomandante Faora!
La parte migliore del film è senz’altro il primo scontro tra l’Azzurrone e i kryptoniani di Zod, in quel di Smallville, ridente località del Kansas. Momenti di puro godimento visivo; forse il miglior scontro supereroistico/cinematografico di sempre.
Mi ha invece convinto molto meno il secondo scontro, quello a Metropolis, troppo ridondante e al contempo ambientanto in una città che sembra posticcia, manco fosse uscita dall’ultimo film della trilogia di Matrix.
Il lato “messianico” dell’Uomo d’Acciaio, su cui contavo molto, viene accennato più volte, senza mai osare spingersi fino in fondo, senza svilupparlo al punto di giudicare questo film come maturo e memorabile. Davvero un peccato.
Snyder parte bene, ma al giro di boa del primo tempo si lascia trasportare dalla voglia di trasformare tutto in cazzottoni, e la sua pellicola ne risente.
Quel che resta alla fine è un buon film, con sprazzi memorabili, ma che si livella verso il discreto.
Tutto e niente, insomma.
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