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La trama (con parole mie): Harry Hole, scomodo esponente di punta della polizia di Oslo, ormai solo nel dipartimento e privo delle presenze confortanti che furono Ellen Gjelten, Beate Lonne, Jack Halvorsen e Bjarne Moller, deve affrontare i fantasmi dell'alcolismo e l'imminente fidanzamento del suo grande amore Rakel.Nel frattempo, una serie di donne sposate con figli comincia a sparire con la prima neve, seguendo uno schema già ripetutosi a Bergen anni prima, radicato ad eventi che tornano agli inizi degli anni ottanta ed arrivano a coinvolgere un discusso ispettore soprannominato "Pugno di ferro", importanti elementi dell'alta società, la nuova collega Katrine Bratt e soprattutto un serial killer terrificante, metodico e letale soprannominato "L'uomo di neve".Per Hole avrà così inizio la partita più difficile della sua carriera, che lo vedrà opposto ad un assassino pronto a tutto per giungere alla fine della sua opera con Harry di fronte a lui.
Alla fine, il cerchio si è chiuso.
Dalla rivelazione che fu, la scorsa estate, Il leopardo, fino al recupero degli altri romanzi dedicati al Commissario Hole, attendevo di leggere quello che, nella vita del buon vecchio Harry, è stato il passaggio di confine definitivo verso la perdizione ed i fantasmi interiori: L'uomo di neve.
Proprio nel corso della vicenda dell'ultimo romanzo di Nesbo pubblicato in Italia - ma attendo con ansia il nuovo capitolo, già uscito in Norvegia e negli Usa e previsto per l'estate qui da noi - i riferimenti al serial killer più pericoloso che Hole abbia mai dovuto incontrare sono numerosi, dalle cicatrici lasciate nel confronto - fisiche e non - ad una delle scene più poetiche ed emozionanti dell'intera saga, con Harry di nuovo faccia a faccia con un fantasma che pare addirittura più ingombrante di quelli dell'alcolismo e del suo amore per Rakel, la donna che ha cambiato la sua vita, la donna che non avrà mai più.
L'unico rimpianto rispetto alla lettura di quest'ennesimo gioiello firmato Nesbo è stato proprio quello di aver letto in precedenza Il leopardo, ricevendo un aiuto indiretto rispetto all'individuazione del colpevole e alla scoperta dell'identità dell'Uomo di neve: eppure, nonostante già dalle prime pagine fosse chiaro chi sarebbe stato il vero antagonista di Hole, sono riuscito a rimanere incollato alla pagina fino alla conclusione della storia, rimanendo sul filo come se fossi all'oscuro di tutto.
Merito dello scrittore, che oltre alla sua già nota abilità di illusionista sfodera il meglio nella caratterizzazione dei personaggi secondari - da Oleg, figlio di Rakel e, in un certo senso, di Harry, alla ruvidissima Katrine Bratt, nuova collega che si scoprirà più simile, seppur più fragile, del nostro investigatore preferito - delineando una vicenda in grado di lasciare sul filo e cavalcarlo neanche ci trovassimo nel più folle dei rodei, disegnando uno degli assassini più affascinanti, terribili e spaventosi che un libro abbia mai regalato dai tempi di Jean Baptiste Grenouille.
Come se non bastasse, mai come nel corso della lettura de L'uomo di neve ho potuto saggiare con mano la progettualità di questo incredibile autore, che semina indizi di trame e sottotrame che saranno riprese nel corso del successivo - e citato per l'ennesima volta - Il leopardo nonchè, chissà, quello che potrebbe essere una futura nemesi del suo protagonista prediletto.
E proprio Hole, cresciuto dai tempi del precedente - e meraviglioso - La ragazza senza volto, più simile a un padre che non al fratello maggiore scostante dei primi romanzi della serie, si troverà minato nel profondo dal confronto con il suo nemico peggiore, un uomo che porterà all'estremo e stimolerà la sua enorme capacità di essere protettivo ed il suo spirito di sacrificio lasciandolo spossato e senza forze per poter riprendere la lotta: ripensando al loro rapporto, si potrebbe quasi dire che Harry Hole può avere vinto una battaglia, ma l'Uomo di neve si ritroverà ad aver vinto la guerra.
Senza l'Uomo di neve, chissà, forse Rakel sarebbe tornata al suo fianco, e Harry avrebbe potuto portare Oleg ad un altro concerto degli Slipknot.
Senza l'Uomo di neve Katrine Bratt avrebbe avuto ancora un padre, e chissà che il suo somigliare a Harry non l'avrebbe spinta tra le sue braccia?
Senza l'Uomo di neve non ci sarebbero stati l'oppio, l'alcool, Hong Kong, le cicatrici da portare dentro e fuori.
Eppure, grazie all'Uomo di neve, Harry è stato in grado di (ri)scoprire le gioie dell'essere padre.
Il coraggio di follie che siamo in grado di compiere soltanto per chi amiamo davvero.
La coscienza di una scelta che rende appieno il significato di pietà.
"E' più malvagio togliere la vita a chi vuole vivere, o negare la morte a chi vuole morire?", chiede ironicamente lo psicologo Stale Aune, fidato confessore di Harry.
In quel momento tutti rideranno, tranne Hole.
Lui porta dentro un mostro che ben conosce, e ne combatte altri addirittura peggiori.
Lui ha imparato che tutte le sue imperfezioni trovano senso nel proteggere, più che nella caccia e nel suo brivido.
"Io non torno mai indietro", sussurra Harry, presa coscienza che non ci sarà più nulla per lui, a Oslo.
Eppure, noi sappiamo che tornerà.
Uno come lui non può fare a meno della sua natura.
E dopo ogni scomparsa, ogni errore, ogni caduta e smarrimento, riuscirà sempre a trovare la strada che lo conduca fuori dal bosco, dall'oscurità.
Perchè è qui per proteggere chi ama.
Perchè l'unico che non proteggerà mai, sarà se stesso.
L'Uomo di neve questo lo sa bene.
Ed è per questo che non può esserci un nemico più fidato di lui.
MrFord
"Snap! your face was all it took
'cause this need ain't doin' me no goodfall on my face, but can't you see?This fucking life is killing me."Slipknot - "Me inside" -
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