Magazine Viaggi

L’uomo invisibile (finale)

Creato il 21 giugno 2012 da Faustotazzi
L’uomo invisibile (finale)
Ho preso qualche giorno di vacanza prima di partire, di lasciare la penisola Arabica più o meno per sempre. La piscina del palazzo è da sempre il mio posto per pensare, strano posto da eleggere a pensatoio è vero, ma poteva anche andarmi peggio. Inutile nascondersi che si sta chiudendo un altro ciclo, a pochi giorni, a meno di una settimana dalla mia partenza rivedo i tre anni vissuti qui, le persone che sono passate, le cose che sono successe. 
Per quanto questa fosse solo una sede di lavoro (e non mi sono certo risparmiato) vivere qui ha significato abitare una località turistica. Dalla mia casa vedo il mare - era uno dei miei sogni che si è avverato - e il livello di servizio è altissimo. Ogni mattina incontro almeno tre o quattro lavoratori del palazzo che interrompono quello che stavano facendo, mi aprono le porte e mi sorridono un "Good morning sir, how are you Sir?" A me piace rispondergli con lo stesso sorriso perchè siamo fatti della stessa pasta, loro ed io. Adoro questo posto, quando d'inverno arrivano gli amici mi trasformo in un agenzia di turismo: li vado a prendere in aeroporto, scarichiamo i bagagli e poi li immergo nel benessere senza pensieri di una spiaggia, li carico in fuoristrada e li porto a conoscere il deserto o le montagne, proviamo locali e cucine di tutto il mondo e li riempio di racconti sugli Arabi e le loro usanze. Li voglio poter immaginare sul volo di ritorno, seduti nella loro poltrona a tremila metri di altitudine, un po' increduli e un po' tristia chiedersi se quello che hanno vissuto è stato proprio tutto vero.
Poi ci sono quelli che questo posto lo criticano, perché questo e perché quello, perchè non è giusto, non è una città reale, perché i soldi andrebbero investiti diversamente e perché qui è come vivere in un luna park. Ma chi l’ha detto che non si possa vivere in un luna parkIeri sera al telefono mio padre mi parlava di nuove tasse, di come gli imprenditori si lamentino di un peso fiscale insostenibile e diano la colpa allo Stato. Per un attimo ho pensato che dall'altra parte gli operai si stanno lamentando altrettanto di precarietà insostenibili e pure loro dianno la colpa allo Stato. Mi sembra quasi che lassù si viva ormai in una specie di etica dello scaricamento: per sentirsi immacolati basta scaricare le responsabilità su "un altro" - non è mai colpa mia, quindi non c'è niente che io possa fare -basta non prendersi la propria vita sulle spalle. Certo, lo so che papà ieri sera aveva solamente voglia di parlarmi, ma io non potevo non pensare che il giorno dopo sarei dovuto partire per l'Egitto dove questo sabato annunceranno i risultati delle elezioni e ci saranno dei disordini, dove magari si sparerà per le strade e probabilmente qualcuno morirà, di morte violenta. Ecco io durante quella telefonata con mio padre sono rimasto in silenzio, senza quasi ascoltare: non riesco più a discutere di punti di vista come avrei fatto una volta perchè questa parte del mondo ti rimette in prospettiva le cose della vita, probabilmente per sempre. Ora che sto per tornare in Europa - lassù dove  abbiamo tutto e purtroppo non possiamo più fare a meno di nulla - già mi dà  fastidio quel lamentarsi continuo, già mi annoia a morte quel discutere con grande gravità del niente. Io adesso torno, ma prometto che nuoterò leggero sopra le pesantezze quotidiane.
Ieri è iniziata l'estate, in questi ultimi giorni ho la chiara sensazione tipica dei cambi di stagione sarà per quello che sento che è il momento di fare mosse importanti come organizzare un trasloco o forzare un viaggio in Egitto. Fisicamente sono ancora qui ma in realtà non ci sono già più, vado in giro leggero senza lasciar tracce, senza scie come se camminassi solo sfiorando il selciato. Ieri sera sulle panchine alle fontane della Marina Walk mi perdevo nei miei pensieri e nella musica dell'iPod, con tutta la gente che si muoveva intorno ed io fermo a riflettere, a cercar di capire come mai nella vita le cose tendono a ripetersi sempre secondo gli stessi schemi, quasi a piangere senza lacrime e in silenzio senza nemmeno saperne esattamente il perchè, a pormi domande insieme ai Wilco
I try to stay busy, I do the dishes, I mow the lawn I try to keep myself occupied even though I know you're not coming home. I try to keep the house nice and neat, I make my bed, I change the sheets, I even learned how to use the washing machine but keeping things clean doesn't change anything. 
Al calar del sole, gente di un po' tutte le nazionalità Medio Orientali, Europee, Asiatiche e Africane esce a sciami come le zanzare a prendersi un po’ di quello che qui a Giugno con un notevole senso della relatività si potrebbe chiamare fresco. Li osservavo con la chiarissima sensazione che nemmeno più mi vedessero, che stessero parlando e io non li potessi sentire come dietro a doppi vetri o di fronte a un televisore con l’audio muto. Il mio corpo è qui ma la mia mente è altrove, anzi è in tanti altrove diversi e io sono trasparente. Adesso sono davvero l’uomo invisibile. A un certo punto mi è quasi sembrato che un indiano mi stesse sorridendo, lo ho guardato come si guarda fisso nel vuoto e mi sono sorpreso a preoccuparmi, che questo tizio potesse davvero vedermi? Poi mi sono tranquillizzato: l'amico che aspettava stava arrivando proprio dietro di me.
E' ora di andare, non c'è più nemmeno bisogno di dire quanto questo posto, le persone e le cose che sono accadute in questi anni mi hanno segnato, resteranno nei miei ricordi per sempre e mi mancheranno terribilmente. Adesso ho un trasloco da organizzare, cerco di tenermi occupato, nelle cuffie ascolto solo e ripetutamente Hate it there dei Wilco e Everything I do dei Wiskeytown , non a caso due canzoni di separazione e di assenza. E stavolta è solo parzialmente per una donna, tutto il resto è per un luogo, un paese, una terra e il suo popolo.
She's got diamonds in her eyes
that she likes to hide:
seek and you'll find,
the hide and seeking kind.
She's got rings
wrapped around your precious things and what the day brings oh, it's no surprise. Don't you ask me how I'm doing when everything I do, when everything I do, when everything I do says I miss you. 
Grazie.
http://www.youtube.com/watch?v=ZlCTW-7TRiw&feature=related

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :