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L’uomo mascherato e la Terza Repubblica

Creato il 07 marzo 2013 da Albertocapece

grillo-mascherato_225x225La scena dei cronisti che inseguono sulla spiaggia il Grillo mascherato come in un romanzo di Dumas rappresenta nel suo insieme il grottesco italiano e le sue contraddizioni: l’uomo solo al comando che però è anche il vate della democrazia diretta, il sacerdote della grande rete il quale tuttavia agisce dentro una sottorete di meetup che conta appena 120 mila persone, comprese quelle accorse dopo la vittoria elettorale. Ce n’è abbastanza per poter affrontare il problema dei partiti, della rappresentanza nell’età dei media, del futuro della democrazia. E’ un discorso complicato e ineludibile di cui il Movimento 5 stelle è solo un sintomo, ma non spiega il motivo della crescita esponenziale del movimento in pochi mesi. Certo c’è lo spettacolo delle ruberie a getto continuo del sistema politico, del suo distacco dalla società e spesso dalla realtà, ma questo è un panorama ben conosciuto da anni, diventato, sì,  più dolente con la crisi, però non  sufficiente a rendere conto dell’esplosione elettorale di Grillo.

Allora cercherò di trovare una diversa ragione, la causa efficiente in senso aristotelico dell’evento, di lanciare un’ipotesi controcorrente senza la pretesa di esprimere verità, ma di guardare l’oggetto da un altro punto di vista, aiutato in questo dall’istinto di uomo di minoranza quale non posso fare a meno di essere. E allora mi sento di dire che una delle ragioni sta nel fatto che il Movimento 5 stelle, solo apparentemente sconquassa il sistema dei partiti, di cui peraltro in qualche modo entra a far parte, ma in realtà si pone a difesa della legittimità istituzionale e costituzionale abbandonata dal sistema politico tradizionale. Misurare programmi, idee e dichiarazioni di Grillo o dei suoi eletti significa guadare il dito e non ciò che indica. La luna in questo in caso è l’illegittima sostanziale dei provvedimenti e delle imposizioni che sono venuti da Berlino, da Bruxelles e dalla Bce, illegittimità subita, accettata, sostenuta dai partiti tradizionali ormai fattisi casta e incapaci di esprimere la rappresentanza.

E questo appare chiarissimo nel momento in cui le ricette imposte agli italiani come ai greci, ai  portoghesi e agli spagnoli, non erano affatto “necessarie” come gli stessi teorici dell’austerity sono stati costretti a riconoscere, adducendo errori di calcolo, ma facevano parte di una strategia politica volta a una trasformazione oligarchica della società da raggiungere attraverso l’impoverimento della popolazione. Il fatto che tutta la politica – destra e sinistra – abbia aderito a questo disegno, salvo poi smentirlo in campagna elettorale o subito dopo, ha denudato l’imperatore e ne ha dimostrato la poca rappresentatività sostanziale, oltre che la straordinaria sudditanza ai vari potentati di riferimento.  Buttando dunque alle ortiche la stessa legittimità delle istituzioni, travolte, come in una guerra, da diktat provenienti da un’Europa tecnocratica, ma tutt’altro che politica.

La cosa appare abbastanza chiara soprattutto fuori dal Paese se uno dei più autorevoli editorialisti de El Pais, Miguel Mora scrive: “Il problema della legittimità di Berlino e Bruxelles è evidente. Angela Merkel ha imposto un’insopportabile austerità che ha reso i cittadini schiavi senza futuro. Il grido che viene dall’Italia è il sintomo di dissenso di massa. Governare per decreto a favore di banche, aziende ed élite privando i giovani del presente porta a questo. La Terza Repubblica italiana è nata. Resta da capire quanto ci metterà a propagarsi il contagio e dove attecchirà.”

Quindi cominciamo pure a discutere della forma partito e delle strade che può prendere l’espressione della rappresentanza nella nostra epoca, ma con la consapevolezza che la rappresentatività dei cittadini ha un senso dentro un sistema di legittimità non solo formale, ma sostanziale e che quando si intende trasferire questa legittimità altrove non basta più la delega, ma devono essere i cittadini in prima persona ad esprimersi. Almeno questa è la lezione che sembra emergere dal disastro dell’Europa e dai nuovi assetti della politica nazionale.


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