2010: The Ghost Writer di Roman Polanski
Ha trionfato al 60° Festival di Berlino (Orso d’Argento alla regia).
“Roman Polanski potrebbe, a buon diritto, farsi aggiungere il nome di Alfred dopo questo suo thriller che si rifà al grande Hitchcock con una consapevolezza della classicità che pochi possono vantare senza scadere nel rifacimento privo di originalità” (MyMovies), “Chi è capace di fare oggi un thriller gotico e politico insieme? Magistrale la prova di Roman” (Il Corriere della Sera), “Film fatto magnificamente” (L’Espresso), “Sono diversi i suoi pregi (sceneggiatura, fotografia e cast, su tutti), ma quello che rende imperdibile questo film è il caro, vecchio effetto suspense, rivisitato in chiave attuale.Welcome back, Roman” (FilmUp), “Bravo Polanski!” (35mm).
Note le vicende esterne legate a L’uomo nell’ombra. Appena ultimate le riprese, Polanski viene arrestato a Zurigo, imponendo così la sospensione della post-produzione del film. Solo dopo essere stato rilasciato e messo agli arresti domiciliari, ha potuto terminare la lavorazione del suo ultimo lavoro, lavoro verso cui naturalmente l’attesa era grande. Le aspettative non sono andate deluse.
Era dai tempi di Rosmary’s Baby (1968), Chinatown (1974), L’inquilino del terzo piano (1976), La morte e la fanciulla (1994) che il regista polacco (naturalizzato francese) non ci regalava un film di così alta tensione e che nobilita il genere thriller, foriero -purtroppo- di tanto cinema spazzatura. Dopo i lodatissimi (ma, a mio parere, fallimentari) Il Pianista (2002) e Oliver Twist (2005) Roman Polanski è ritornato dietro la macchina da presa realizzando un lavoro da lodare sia per forma che per contenuto (ispirato al romanzo di Robert Harris).
Visivamente è splendido, con una fotografia tra le più belle viste ultimamente, la colonna sonora è da encomio (mai invadente, appropriata e atta come mai a creare l’opportuna atmosfera). Nessun rallentamento, nessuna digressione, nessun momento vuoto nel racconto (più che attuale) che denuncia, con forza e determinazione, come l’opinione pubblica possa essere manipolata e svela come una certa politica, con i suoi intrighi e inganni, sia in grado di travisare-trasformare la realtà per i propri interessi (qualcuno ha parlato di “visione shakespeariana del potere”).
Magnifico (coerente e logico) il colpo di scena finale con una ultima sequenza da applauso e che non dimenticheremo facilmente.
Un film che subito trasmette nello spettatore dubbi, inquietudine, angoscia, sospetto che quanto vediamo sia solo apparenza: impossibile distrarsi, il coinvolgimento è totale.
Impossibile non inchinarsi dinanzi all’opera di un Maestro.
Da lodare senza riserve lo stuolo dei numerosi interpreti che annovera, anche per piccoli ruoli, nomi altamente prestigiosi del firmamento hollywoodiano.