L’unione fa la forza

Creato il 17 maggio 2011 da Stukhtra

Anche in matematica

di Ginevra Sanvitale

Condivisione. Dovendo descrivere Internet in una parola probabilmente nessun termine sarebbe adeguato come questo: condivisione di pensieri, condivisione di notizie, condivisione di musica, di progetti, di informazioni, di conoscenze. E (perché no?) condivisione di congetture e formulazioni matematiche.

La matematica è piena di formule: impossibile ricordarle tutte, ma se tutti ne ricordassero almeno una...

Era il gennaio del 2009 quando il matematico dell’Università di Cambridge, in Inghilterra, e vincitore della Medaglia Fields Timothy Gowers scriveva un post sul suo blog in cui lanciava l’idea di un progetto di matematica collaborativa. Anche un altro vincitore della Medaglia Fields, Terence Tao, dell’Università della California a Los Angeles, si stava muovendo nella stessa direzione. E così altri. Nasceva così il progetto Polymath. L’idea di fondo è semplice: se un cervello lavora a qualcosa occorrerà una certa quantità di tempo per arrivare al risultato sperato, se ci sono più cervelli il tempo necessario sarà sicuramente minore.

Ogni progetto di Polymath è strutturato su tre componenti cardine:

  • una pagina wiki in cui trovare le principali annotazioni sul problema, come la bibliografia, le notazioni utilizzate e i risultati ottenuti,
  • un thread di ricerca utilizzato dai partecipanti più attivi in cui analizzare e proporre le strategie risolutive,
  • un thread di commento in cui trovano posto i suggerimenti e le valutazioni dei partecipanti saltuari.

Ognuno può partecipare, basta tenere a mente il fatto che non si tratta di una gara a chi risolve per primo il problema, ma di un progetto di condivisione delle conoscenze, quindi niente “ho in mente la soluzione, mi ci vorranno due settimane per completare i calcoli” ma piuttosto “ho quest’idea su come si potrebbe procedere, facciamo insieme i calcoli per vedere se funziona” e nessun risentimento se qualcuno critica in maniera costruttiva le tue proposte facendone di più efficaci. Inoltre ognuno può proporre a propria volta un progetto: si può scegliere se lanciarlo dal proprio blog (se il blog è ospitato da Wordpress inserendo come tag o categoria “Polymath proposal” il post comparirà automaticamente anche in un’apposita lista), tramite una pagina wiki o scrivendo in un apposito thread. La scelta dello staff di lanciare o meno un’idea proposta per Polymath dipenderà da alcuni fattori chiave: trattandosi di un progetto partecipativo saranno privilegiati i quesiti che riescano a coinvolgere il maggior numero di persone possibile, quindi che ammettano un discreto numero di variazioni e non richiedano una preparazione troppo tecnica o eccessivamente settorializzata. Infine bisogna che non ci siano persone o gruppi che stiano già lavorando sull’argomento. Per quanto riguarda l’eventuale pubblicazione, la scelta è quella di utilizzare uno pseudonimo collettivo inserendo un rimando al thread del progetto in cui sia possibile visionare tutti i commenti di coloro che hanno contribuito alla risoluzione.

Ma tutto questo funziona veramente? Questo è quello che si sono chiesti Justin Cranshaw e Aniket Kittur, della Carnegie Mellon University, in uno studio che sarà presentato alla Conference of Human Factors in Computing System di Vancouver, in Canada. La ricerca dei due si è concentrata sul progetto Polymath1, volto a trovare una soluzione alternativa e più semplice di quella esistente al teorema sulla densità di Hales-Jewett, secondo il quale prendendo un cubo n-dimensionale diviso in celle di uguali dimensioni colorate con colori diversi c’è un certo numero di dimensioni a partire dal quale è inevitabile che le celle di un’intera riga o colonna o diagonale siano tutte dello stesso colore. Secondo Cranshaw e Kittur, i risultati di Polymath1 sono matematicamente molto validi. La prova alternativa al teorema è stata trovata ed è nato anche un secondo filone di ricerca sui limiti dei numeri di Hales-Jewett. Inoltre, sebbene l’influenza e il contributo di Tao e Gowers siano stati fondamentali, è emerso che anche l’aiuto di coloro che hanno commentato solo una volta o comunque non sono stati partecipanti attivi è stato utile per il progetto, proprio come era nei piani.

La distribuzione dei commenti per rilevanza e numero dei partecipanti a Polymath1. (Cortesia: New Scientist)

Tuttavia alcune difficoltà esistono: riconoscere i commenti più importanti, capire su quali aspetti del problema si sta lavorando e studiare il materiale necessario a costruire il background di conoscenze richiesto. Le prime due sono questioni puramente legate alla forma scelta per il progetto, ovvero quella di un post su un blog con commenti a cascata: una forma sulla quale peraltro già Gowers mostrava delle perplessità. Tuttavia sono facilmente risolvibili mettendo meglio in evidenza le correlazioni tra i vari commenti, inserendo la possibilità di votare l’utilità di un contributo ed evidenziando in maniera chiara le varie parti del problema su cui si articolano le diverse discussioni, magari creando anche una sezione per acclimatare meglio i nuovi arrivati. L’ultima questione, invece, potrebbe essere facilmente risolta tramite la creazione di un forum di discussione sui prerequisiti richiesti per approcciarsi al progetto, in modo che chiunque nutra delle perplessità possa sottoporre domande e ottenere spiegazioni e chiarimenti.

Quindi che aspetti? Fatti sotto!


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :