La 194 è salva, ma la Costituzione è in pericolo ogni giorno

Creato il 21 giugno 2012 da Albertocapece

Licia Satirico per il Simplicissimus

Abbiamo un rapporto patologico con i diritti fondamentali, con la forma di Stato, con la tutela della persona umana: siamo abnormi, ingenui o solo accecati da un momento di intelligenza intermittente? Se questo fosse un Paese “normale”, salvo poi intenderci sul significato ondivago di normalità, l’articolo 81 della Costituzione non sarebbe stato riscritto in fretta e furia – senza nemmeno un referendum confermativo – perché “ce lo chiede l’Europa”. L’inserimento del corpo estraneo del pareggio di bilancio paralizza i margini di manovra dei governi nazionali, impone strategie economiche sanguinose e sancisce l’abbandono implicito delle politiche sociali su cui si basava la nostra carta costituzionale, ora schizofrenica. Una sorte analoga era toccata, appena pochi mesi prima, anche all’articolo 41 della Costituzione, messo praticamente tra parentesi (l’efficace espressione è di Stefano Rodotà): il principio di libertà di iniziativa economica privata è stato incentrato unicamente sul concetto di concorrenza, declassando a limiti esterni i principi fondativi della norma: i concetti di libertà e di dignità umana, troppo spesso richiamati fino a perderne il senso e a legittimarne ogni abuso.

La sensazione diffusa è che la Costituzione sia vissuta, nella migliore delle ipotesi, come un orpello obsoleto, superabile e comunque non vincolante: orpello per il governo Monti, orpello – per altri versi – per il giudice di Spoleto che aveva riproposto alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile e razionalmente non poteva che essere così: già nel 1975 la Corte costituzionale aveva preparato il terreno alla legge 194/1978, sancendo che non può esistere equivalenza tra i diritti della madre, che persona già è, e quelli dell’embrione, che persona deve ancora diventare.

Eppure abbiamo tutti avuto paura, almeno per un momento: paura che il nostro momento storico, in cui i diritti della persona non sono mai stati tanto vulnerabili, fosse quello giusto per arretrare nella storia, nella civiltà, nella tutela dei diritti della donna. Abbiamo avuto paura che le norme retrive sulla fecondazione assistita, che equiparano in tutto e per tutto l’embrione all’essere umano, potessero rimettere in discussione la legge più boicottata della storia della Repubblica italiana. Abbiamo temuto che gli anatemi pre-secolari, i marciatori pro-life, gli obiettori e i censori dell’aborto potessero aver lasciato il segno di un ripensamento.
Abbiamo avuto paura perché mai la donna è stata più indifesa che nel governo dei professori: maltrattata in famiglia, uccisa da compagni violenti, privata di garanzie sul lavoro e nell’assistenza all’infanzia, la figura femminile tende a essere esodata dalla sua stessa vita. Tra le divette di Arcore travestite persino da D’Alema (!) e le composte ministre dell’attuale esecutivo c’è la vita di milioni di donne combattive e fragili, che vivono ostinatamente in una società che ancora le stigmatizza, le condanna, le ammonisce, le pre-giudica.

C’è ancora tanto da fare per dare piena attuazione alla legge 194: occorre espugnare i consultori da obiettori e integralisti che minacciano l’inferno a chi affronta la drammatica scelta di rinunciare alla maternità. Vorremmo che la mitica “società civile” non si limitasse a designare i componenti del consiglio di amministrazione della Rai, ma vigilasse ogni giorno contro il tentativo sistematico di blindare la nostra vita con un paternalismo mascherato da sacrificio necessario, con la riscrittura restrittiva dei diritti inviolabili “per favorire la crescita”, con disegni di legge cleropositivi e mai definitivamente accantonati come quello sul testamento biologico.
Vorremmo tornare a vivere in un Paese in cui la Costituzione sia la carta fondamentale dei diritti irrinunciabili di tutti: il lavoro, l’istruzione, la giustizia, la sanità, la cultura, l’autodeterminazione responsabile nelle scelte di vita e di morte. Lo stupro della Costituzione avviene invece ogni giorno: adesso si pensa di poterla riscrivere, tra semipresidenzialismi e bicameralismi imperfetti con scappellamento a destra, con una leggerezza pari a quella con cui nell’articolo 81 si è ridisegnata la nostra forma di Stato. Ieri la Corte costituzionale ha finalmente posto un primo argine a derive oscurantiste. Il resto spetta a noi.


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