Italia 1974
con Barbara Bouchet, Pier Paolo Capponi, Evelyn Stewart, Luciana Turina
regia di Armando Crispino
Il vescovo di Castro, Francesco Cittadini cerca di sedurre l'altera Badessa di Castro che gli resiste in nome dell'amore che porta ancora per il defunto Giulio Branciforti, perito dieci anni prima cercando di farla fuggire, quando era educanda, dal convento che ora governa dopo che la ricca famiglia a cui appartiene, i Campireali, le ha comprato il titolo di Badessa per tacitare lo scandalo.
Dopo mille scaramucce nasce l'amore tra Francesco Cittadini ed Elena Campireali ma suor Margherita, infatuata del Vescovo e da sempre aversa a Elena per averle rubato il titolo di Badessa, racconta all'Inquisizione che la Superiora è rimasta incinta. La madre di Elena cerca in ogni modo di salvare la figlia dalle torture ma l'improvviso ritorno di Branciforti porta la Badessa a pugnalarsi per non esser stata fedele al suo primo amore.
Altro capitolo nella sperimentazione dei generi del B movie di Armando Crispino, che con l'eleganza della sua messa in scena costruisce un melò storico ben diverso dalle pellicole boccaccesche che imperavano nel cinema italiano degli anni'70.
La trama del film si ispira all'omonimo racconto di Stendhal, come recita anche la didascalia nei titoli di testa.
Colpisce la sequenza iniziale dove il vescovo Cittadini si avvicina a Castro attraversando lande devastate dalla miseria, una scena assolata che ha più il sapore degli spaghetti western quando narrano la disperazione dei peones messicani.
Si presume quindi che la badessa di Castro sia un personaggio crudele e rappresentante di quel clero esoso che Crispino stigmatizza nella pellicola, si scoprirà poi che la desolazione è dovuta a una gravissima siccità e allo stesso modo si scopre l'integrità morale di Elena Campireali che nel finale arriverà appunto a suicidarsi per esser venuta meno al suo primo amore, che pure le avevano fatto credere morto.
Altra sequenza interessante per la valenza di studio del folclore è l'arrivo del serparo con il girotondo delle suore attorno al falò dove vengono bruciate le serpi per scacciare il Maligno; anche i costumi sono molto fedeli all'epoca in cui è ambientata la vicenda , il XVI secolo.
Non mancano momenti di voyerismo che si limitano a qualche nudo integrale della Bouchet e a una scena forse oggi discutibile in cui la protagonista col il cilicio incrociato sui seni sanguinanti si appoggia a un'immagine religiosa. La sessualità mostrata da Crispino è intrisa di Eros e Thanatos, concetto del tutto assente dalle commedie goderecce italiane, e il regista la esaspera a tal punto da sovrapporre il volto di Elena con il teschio mummificato della Beata Gertrude nella cui cripta i due amanti si sono dati convegno.
Nell'insieme un film più che convincente anche se alcuni snodi appesantiscono un po' la trama, giustificati forse dalla morte improvvisa del produttore Gino Mordini che mise in serio pericolo la realizzazione della pellicola.
Convinta di trovarmi davanti a un trashissimo film nunsploitation io sono rimasta piacevolmente spiazzata trovando atmosfere più simili a L'amaro Caso della Baronessa di Carini (dove si spogliava anche Janet Agren) e niente di più scandaloso di quanto passi nelle serie tv contemporanee come I Borgia o Il Trono di Spade.