Magazine Cinema

La bambina che amava Tom Gordon–Stephen King (1999)

Creato il 20 giugno 2012 da Suerte77

La bambina che amava Tom Gordon–Stephen King (1999)

La protagonista del romanzo è la piccola Trisha, grande tifosa dei Red Sox e fan accanita del grande lanciatore Tom Gordon. La bambina in gita con la madre e il fratello maggiore finisce per perdersi in un grande bosco del New England da cui riuscirà a uscirne solo dopo più di una settimana, trascorsa nel terrore di essere uccisa da un essere misterioso che continua a braccarla giorno e notte.

Trisha riesce a sopravvivere grazie ad espedienti di ogni genere. Fisicamente l’aiutano gli insegnamenti della madre che la spingono a cercare bacche e felci commestibili con le quali nutrirsi (una volta che ha finito le sue scorte da pic nic consistenti in un sandwich al tonno, dei Twinkies e delle patatine fritte). Spiritualmente invece trae la forza necessaria a non crollare dalle cronache delle partite dei Sox che continua a seguire attraverso il suo fedele walk-man, unica voce nel silenzio secolare del bosco. Quando poi la ragione sta per abbandonarla trova conforto in illusioni dal sapore fanciullesco, come la compagnia immaginaria ma anche molto reale di Tom Gordon che con poche parole la spinge a continuare a resistere perché al nono inning Dio la aiuterà. Trisha ama Tom Gordon in un modo viscerale che va oltre le sue qualità di lanciatore, egli infatti è l’essenza stessa della freddezza prima di un lancio ed è proprio la calma e la fiducia in se stessa che aiuteranno la bambina a salvarsi da morte certa.

Il romanzo è una piccola favola horror. Una rivisitazione in chiave Kinghiana della fiaba di Cappuccetto Rosso e il lupo cattivo dove la bambina riesce a spuntarla grazie alla sua astuzia oltre che all’aiuto propizio e insperato di un cacciatore (in questo caso un bracconiere dall’aspetto poco invitante e ben poco prode). Tutta la storia riflette i pensieri di una bambina di dieci anni, anche se a volte esce prepotentemente la vena mistica di Stephen King, in particolare nella visione delle tre divinità che esternano concetti a dir poco complessi per una ragazzina delle medie (sembra quasi più facile credere che l’apparizione sia reale piuttosto che il frutto dei deliri di Trisha). Lo scrittore però nella sua grandezza riesce con incredibile facilità a farci tornare bambini e a condividere i pensieri e le paure che attanagliano la povera Trisha, pensieri di nostalgia per la quotidianità data per scontata e invece così preziosa, il ribrezzo per aver mangiato un pesce crudo (e difatti Trisha giura a se stessa che mai ne farà parola se mai si salverà), l’attaccamento morboso per oggetti che per un bambino sembrano essere carichi di potere di difesa e protezione come il walk-man e il cappellino con la firma ormai sbiadita di Tom Gordon. Leggendo poi come Trisha finisce per perdersi e allontanarsi sempre più dalla civiltà mi ricorda molto il modo in cui a volte in qualche città sconosciuta invece di tornare sui miei passi finisco per cambiare strada con la certezza che prima o poi rispunterò dalla parte giusta.Trisha si allontana per non essere vista mentre fa la pipì ma in realtà si perde anche per allontanarsi anche solo per un attimo dalle continue discussioni tra sia madre e suo fratello Pete. C’è quindi anche una riflessione sociologica sulla situazione difficile che vivono i figli dei separati. Trisha sa che sua madre è una rompiscatole con la fissazione per le gite fuori porta ma l’accontenta perché sa che quello è il suo piccolo sacrificio per far felice la madre, come è ben consapevole del problema di alcolismo che affligge il padre ma nonostante il suo alito di birra sa che è la persona che ama più al mondo e quella che condivide con lei la passione per il baseball. Tutto questo trova ampio spazio nella vicenda che può essere letta (come spesso accade nei romanzi di King) in due modi diversi: come vicenda reale di una bambina che si perde nel bosco e sopravvive alla fame, alla sete e ad un orso inferocito, oppure come horror con la presenza di esseri sovrannaturali che inseguono o osservano la bambina in attesa di farla propria. In ogni caso sembra evidente la metafora del rito di iniziazione che porta Trisha dalla fanciullezza all’età adulta.

Un romanzo estremamente versatile pur nella sua almeno apparente semplicità.

VOTO 8  


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :