Enrico Letta, vicesegretario nazionale del Partito Democratico
Questione di peso. Questione di doppiopesismo. Questione di pesantezza, come il fondoschiena che piomba sul pavimento. Perché lo scivolone di Enrico Letta, deputato e vicesegretario nazionale del Partito Democratico, è di quelli fragorosi. Durante la trasmissione mattutina Omnibus, in onda su la7, Letta (già ex Ministro delle Politiche Comunitarie nel primo governo D’Alema, e Ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato nel secondo governo D’Alema e nel secondo governo Amato) si prodiga in una riflessione agghiacciante, a terrificante testimonianza di una lontananza chilometrica delle istituzioni dai drammi effettivi del paese. L’Enrico, ex golden boy dell’alternativismo italico, dopo una lunga digressione sulla politica interna francese e sugli scenari dell’hollandismo in ottica europea, citando la crisi greca si avventura in una assai infelice similitudine: «la Grecia pesa sull’Europa, sull’economia europea, all’incirca come la Basilicata pesa sull’economia italiana», allargando l’acuto sillogismo anche ai casi di Palermo e Catania, comuni finiti in default e rei di rallentare la crescita del paese.
L’esternazione è gravissima, perché cela una disinformazione (attiva, prima ancora che passiva) figlia del più infelice dei populismi. Quel populismo dal sapore amaro. Lo stesso populismo che s’inerpica e si nasconde, tacendo e avallando scempi, lasciando la popolazione lucana con un buono benzina di un centinaio d’euro annui, con cui scorazzare più felice tra valli scoscese e paradisi naturali, tra pozzi petroliferi, pale eoliche che paion mostri, e pannelli solari messi a far scena. Con la benzina a due euro al litro, con i dissesti geologici dietro l’angolo. Il tutto, a 100 euro all’anno . Manco fosse una promozione di Sky.
Scrive Valerio Gualerzi, in un’inchiesta pubblicata da Repubblica nel marzo scorso: «La quota di profitti destinata al territorio lucano è stata così fissata al 7%. E tale è rimasta fino al 2009, quando la legge contenente “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” ha elevato la percentuale di un ulteriore 3%, facendola arrivare al 10%. Un’altra conquista? No, non per tutti almeno. Come utilizzare la prima tranche del 7% è infatti oggetto di scontri e valutazioni differenti, ma ha se non altro il vantaggio di essere a piena disposizione degli enti locali, che possono decidere cosa farne. L’aumento del 3% voluto dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti è vincolato invece, come recita l’articolo 45 della legge, alla “Istituzione del Fondo per la riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi”. Il che, tradotto in parole semplici, in Basilicata significa la distribuzione ai 270 mila abitanti della regione muniti di patente di guida di una “card” da poco più di cento euro annui da utilizzare per un pieno di benzina».
Insomma, al confronto con altre aree ricche di giacimenti (Alaska e Norvegia tra le altre), la Basilicata non decolla, a due decenni dalla scoperta dell’oro nero. Il problema è rappresentato dalle ristrette percentuali dedicate alla vacca da mungere, e alle modalità: si è sempre parlato di royalties, e non di sviluppo industriale. In parole povere, si è preferito abbandonare una regione a se stessa, evitando di calcare la mano sulla necessità di impiegare attrezzature e manodopera nazionale, lasciando l’iniziativa a forze oltreconfine: un mastodontico errore che non coinvolge soltanto i profitti finali. In mezzo a tutto ciò abbiamo il dramma ambientale. Analizzando la situazione su larga scala, notiamo come si rincorrono sempre le stesse manchevolezze e gli stessi dubbi: sviluppo o sostenibilità? Investimento sulle risorse nazionali o semplice sfruttamento per arricchire altri? Un mix di ingredienti che son sempre gli stessi, dal problema Fiat al caso Ilva a Taranto. Un mix di ingredienti per una portata mal cucinata e indigesta, servita al tavolo del popolo, senza alcuna possibilità di scelta.
Eppure, tutte queste informazioni dovrebbero essere a conoscenza dell’onorevole Letta. Anche perché la regione è amministrata dal Partito Democratico e, come sempre accade in questi casi, è la politica a fallire, cadendo rovinosamente tutte le volte che si cade nella morsa dello sviluppo e delle esigenze (economiche e sanitarie) dei cittadini. Il Partito Democratico di Enrico Letta sta assistendo con impotenza allo sfruttamento barbaro di un’area tra le più ricche d’Italia, e per voce del suo vicesegretario definisce la stessa area “un peso per l’economia nazionale”. Il tutto, mentre il Presidente della regione Vito De Filippo, compagno di partito dell’onorevole Letta, lo scorso 13 agosto dichiarava: «Possiamo considerarci una Libia domestica, produciamo 175mila barili al giorno, il 12 per cento della produzione nazionale. Siamo al massimo possibile del nostro contributo. Perché accanirsi con la Basilicata?». Questione di pesi, insomma. Chi pesa sull’economia nazionale, chi pesa sull’equilibrio di una Regione e sulla vita dei cittadini, chi non pesa le parole e con esse le proprie drammatiche responsabilità, accanendosi sempre contro la parte lesa. Vero, onorevole Letta?
(Pubblicato su Gli Altri Online del 2 settembre 2012)