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“La battaglia dei pedali” di Ketti Grunchi: un’umanità controvento va in scena a Vicenza

Creato il 27 ottobre 2015 da Alessiamocci

22 ottobre 2015: il laboratorio di teatro permanente “Fabbricateatro”, all’interno del centro di produzione “La Piccionaia”, festeggia i suoi “due volte 20 anni” (1975-2015) all’Astra di Vicenza di fronte ad un pubblico entusiasta. È l’anteprima del nuovo allestimento de “La battaglia dei pedali”, drammatizzata e diretta da Ketti Grunchi, in tournée a partire dal prossimo gennaio.

Al centro della narrazione, la storia vera di Gino Bartali, “ragazzo controvento” che fin dall’infanzia ha visto nella dueruote la propria compagna di viaggio prediletta, dai tempi in cui viveva in un piccolissimo paese sulle colline toscane, un pugno di case attorno ad “una chiesa, un’osteria, un barbiere senza pretese, un mulino”, fino ai grandi successi nazionali ed internazionali (tre vittorie al Giro d’Italia e due al Tour de France).

C’è però un altro altrettanto importante perno su cui poggia la rappresentazione, e cioè il fatto che nel 2013 il ciclista è stato riconosciuto, post mortem, “Giusto tra le Nazioni”. Era venuta a galla una straordinaria verità rimasta ignota, nell’arco di una vita memorabile, a tutti coloro che non vi furono direttamente coinvolti. Gino Bartali salvò la vita ad ottocento ebrei fra gli anni ’30 e ’40 nascondendo nella canna e nel sellino della sua bicicletta documenti falsi che avrebbero allontanato il pericolo della deportazione nei lager nazisti, italiani e d’oltralpe.

Tre giovani anime in felpa raccontano con chiarezza e passione di un percorso in salita, di una militanza silenziosa, al di sopra della giustizia di un regime che si ritrova al seguito delle follie razziste dettate dall’arianesimo, eppur connotata da grande discrezione ed efficienza.

La presenza scenica di Aurora Candelli, dalla voce calda e avvolgente, Francesca Bellini, dallo sguardo penetrante e sincero, e Julio Escamilla, messicano dalla veemente enfasi espressiva, denota una costante interdipendenza delle parti, tessendo un rapporto fitto di declamazioni, descrizioni, riflessioni, evocazioni che vedono gli attori a più riprese interpretare con rapida e precisa spigliatezza i protagonisti della vicenda, oltre ai ruoli di umili referenti di una realtà esemplare.

Il minimalismo delle luci e delle scenografie, curate da Yurji Pevere, fa di una manciata di pedane muri, confini, piedistalli, cancelli, i movimenti dei quali e fra i quali si rivelano sovente variegati e insospettati. L’apparato musicale si colora di sfumature che vanno dall’ammaliante klezmer (genere di tradizione tipicamente ebraica) ai contrasti di poderose cariche guerresche. Tutti elementi che mai vanno a discapito della trasparenza e dell’elementarità del detto e del mostrato.

Il non-ebreo Gino Bartali è oggi un nome rispettato nella “Cycling Hall of Fame” ed onorato da “Yad Vashem”, l’Ente nazionale israeliano per la memoria della Shoah, che gli dedica fra gli alberi del Giardino dei Giusti un’incisione, nella sezione dove trovano posto altri 633 italiani, che a rischio della propria vita e senz’alcun interesse personale si sono adoprati per la salvezza anche di un solo fratello perseguitato.

Written by Raffaele Lazzaroni


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