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Farsàlo, 9 agosto 48 a.C.
E' arrivato il giorno che fisserà per sempre la sorte degli eventi umani e la Fortuna non manca di rivelare a Pompeo, con segni diversi, le sciagure imminenti.“ O Cesare, quali divinità del male ed Eumenidi invocasti per tanto favore?”La lotta finale è ingaggiata, cozzano empiamente fra loro le armi di Pompeo e di Cesare. Colpiti di fronte dai raggi di Febo, le lame delle armi dei soldati di Pompeo cospargono di bagliori i colli: l’ala di sinistra è comandata da Lentulo, quella di destra da Domizio, al centro Scipione (in Libia comandante supremo, qui gregario), lungo il fiume Enipeo vi è la coorte dei montanari della Cappadocia, nella pianura i porporati soggetti al ferro latino.Cesare punta tutto sull’ ultimo azzardo.
Da entrambe le parti gli eserciti muovono all’attacco con pari furore: quello di Pompeo sospinto dal timore, quello di Cesare dal dominio.Le braccia fanno vuoti che il tempo non potrà colmare né il genere umano risarcire in eterno: questa battaglia travolgerà le genti future e allora il nome latino sarà una leggenda.L’esercito di Pompeo, serrato in fitti reparti, ha unito le armi e congiunto in fila gli scudi. I soldati trovano a stento lo spazio per muovere le braccia e brandire le spade, e così ammassati temono i loro stessi ferri.L’esercito di Cesare si butta sulle schiere compatte e cerca di aprirsi un varco tra le armi dei nemici. E’ chiaro: un esercito patisce la guerra civile, l’altro la combatte.Pompeo ha subito il giorno della rovina totale, il suo nome, al termine della strage, sarà miserevole e inviso e ancora potrà ritenersi vincitore d’infamia per la fuga.Cesare, trionfante, dall’ alto di cadaveri ammassati vede la pianura inondata di sangue, con la luce dell’aurora scorge il corso del fiume sospinto appunto dal sangue dei soldati uccisi e guarda compiaciuto che mucchi di corpi morti uguagliano la cima dei colli. Enumera i popoli di Pompeo.A quella visione ordina d’imbandire una mensa nel luogo da cui può riconoscere le sembianze e i volti dei caduti.E' soddisfatto: non riesce a intravedere il suolo d’Emazia mentre percorre con lo sguardo i campi nascosti dalla strage.
Lucia Immordino