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Mi affaccio alla finestra, vedo che il cielo verso il mare, sopra il monte Serra, si sta aprendo, e non piove più.
Riconsidero che forse, come avrei voluto fare, potrei andare alla battuta di caccia al cinghiale degli amici della squadra di Balconevisi.
Chiamo Bartolomeo.
Sento la sua voce affaticata, sta camminando, è a tracciare. Gli chiedo se hanno già scelto dove cacciare.
Lui mi risponde di no, che tra poco si troveranno al capanno, tutti i tracciatori, e decideranno.
Ci diamo appuntamento li.
Non ci sono mai stato, e gli chiedo indicazioni. Mi metto la pettorina arancio sopra al giubbotto, metto un po' di sacchetti di plastica nello zaino, da usare per proteggere la macchina fotografica dalla pioggia, e parto.
Quando arrivo al capanno, verso le 10,30, la squadra è già quasi tutta li.
Come scendo dall'auto si mette a piovere. Parlo con Ermanno, il capo squadra, concordiamo delle foto che farò. Ma la pioggia aumenta, e anche su consiglio di loro, penso di rinunciare, e me ne vado.
Mentre torno a Balconevisi penso però, che non ho altre alternative a questa domenica, per fotografare la battuta, e allora torno indietro.
La squadra nel frattempo si è mossa, cacceranno a poche centinaia di metri dal paese.
Arrivo che i cacciatori si stanno dirigendo lungo la strada e stanno occupando le poste.
Mi fermo con i canai.
Li osservo preparare gli animali con i collari con il campanello ed il radio rilevatore, per non perderli.
Mi raccontano della caccia di ieri, al lago di Santa Barbara, dei cani feriti da due verri, che comunque hanno abbattuto.
Sembra che se la prendono con calma, oltre il tempo che serve agli altri per prendere posto alle poste.
Si vestono e si coprono per la pioggia, che adesso cade rada, leggera.
Scherzano, parlano della vita e del mondo.
La caccia al cinghiale è una caccia sociale, un momento collettivo, condiviso.
Qui ci sono operai ed avvocati, ingegneri ed impiegati, meccanici ed imprenditori.
Si vedono differenze nella forgia dell'arma, nell'abbigliamento, ma li accomuna la passione, e li rende eguali il fatto di essere coscienti che solo insieme, uniti, ciascuno nel suo ruolo, possono raggiungere il risultato. Sanno che solo se fanno squadra riusciranno a stanare i cinghiali ed abbatterli.
Decidono di dare il via alla battuta. I cani sono pronti. Il rito collettivo della foto di gruppo, e via. Attraversiamo l'oliveto, le prime poste sono sopra di noi, vengono lasciati i cani, e si entra nel bosco.
Pochi minuti e la pioggia comincia ad aumentare, ancora poco e diventa battente.
I cani sembrano un po' disorientati. Il fragore della pioggia confonde i suoni, il terreno si fa scivoloso, odori e tracce vengono lavati.
I battitori si chiamano tra loro, con le radio. I cani hanno trovato qualcosa, puntano, abbagliano.
Dal fondo della valle si sentono le grida dei battitori che li accompagnano. Si sentono dei colpi, alcuni a salve, altri veri.
Si sentono degli spari sopra di noi, provenienti dall'oliveto. Probabilmente il cinghiale è stato spinto verso le poste, e gli hanno sparato, senza colpirlo, però.
La pioggia è ancora forte, e i battitori chiamano i cani, cercano di capire dove sono. Ci muoviamo. Arriviamo in una piccola gola, dove gli alberi hanno lasciato il posto ad un canneto.
Si sente un cane abbagliare, da fermo. I battitori sano che lo fa perché ha davanti un cinghiale.
La macchia di canne e rovi è troppo folta per avvicinarsi.
Il cane è solo e non ce la fa a tirar fuori il cinghiale. I cacciatori si chiamano con la radio, chiedono cani in aiuto. Arrivano altri battitori, ed un paio di cani. Il cinghiale esce allo scoperto, lo vedo anch'io, poco sopra di noi, corre e taglia di traverso alla collina. I battitori gridano, il cinghiale corre davanti ai cani.
Pochi attimi e si sente un colpo di fucile, e poi una sequenza di colpi, qualche istante e un colpo riporta il silenzio. Troppi colpi commenta qualcuno. Mi accompagnano alle poste.
Mauro racconta di averselo visto venire incontro, e di avergli sparato contro tutto il caricatore della sua carabina. Di averlo colpito, ma solo ferito. Si vede del sangue sulla strada battuta dalla pioggia.
Lungo la strada, un cacciatore della posta vicina gli ha sparato anche lui, mentre sfondava la linea delle poste, ma senza colpirlo.
Il cinghiale ha però fatto poca strada, dalla posta successiva il Salvadori lo colpisce al collo.
Il Berni lo lega per il grifio e lo trascina fuori dal bosco. Lo ammirano.
Il Salvadori mi chiede una foto con cinghiale.
Sono troppo bagnato, l'acqua mi sta cominciando a scendere lungo il collo, e decido che può bastare. Mi fermo a farmi raccontare del primo cinghiale a cui è stato sparato. Il cacciatore mi racconta di aver visto l'animale uscire dal bosco, tra le piante degli olivi, di essersi alzato per sparargli, e di averlo mancato. Mi spiega di essersi reso conto che se gli sparava da seduto avrebbe avuto una visuale migliore. Mima di mirare col fucile, e gli scatto una foto.
—Scrivi "padella" sotto la foto...—, mi dice ridendo.
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