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E’ il film che ha fatto discutere Venezia, prima durante e dopo la sua proiezione. La bella addormentata di Marco Bellocchio, accolto dalle polemiche della chiesa per il tema scottante dell’eutanasia, osannato da 16 minuti di applausi e infine tacciato di autoreferenzialità dai giurati del Festival e escluso dai premi maggiori.
Parlare di morte dolce, del caso di Eluana Englaro non può che scatenare attese e risentimenti, ma la forza del film sta nel trattare l’argomento non solo da diversi punti di vista ma anche in modo per quanto possibile distaccato, lasciando lo spazio ai personaggi di emergere con le loro idee e le loro ipocrisie.
C’è il senatore con problemi di coscienza obbligato al voto dal suo partito; c’è sua figlia, cattolica convinta, che parte per pregare la salvezza di Eluana; c’è una madre devota alla figlia e speranzosa nel suo risveglio mentre il figlio si sente trascurato e ingelosito da questo amore; c’è una tossica, anaffettiva che tenta per l’ennesima volta il suicidio vegliata però da un medico responsabile che la capisce. Queste storie si intrecciano e si muovono nelle ultime ore di vita di Eluana, presenza sempre presente ma mai vista, annunciata da telegiornali e quotidiani.
Quello che ne esce è un prodotto sicuramente ben curato, con una fotografia eccezionale ad opera di Daniele Ciprì (che il caso ha voluto ugualmente in concorso con E’ stato il figlio), interpretazioni ai massimi livelli (il solito mostro di bravura Toni Servillo, Alba Rohrwacher, Gian Marco Tognazzi e Isabelle Huppert bilingue) e una costruzione del montaggio intelligente e misurata ma con delle debolezze.
Raccontare infatti più storie, tra loro intricate, è pericoloso e, come in questo caso, il tema finisce per schiacciare i personaggi, trasformandoli in semplici strumenti per esporre delle tesi di pensiero. Abbandonandoli al loro destino senza una vera conclusione, ci fa uscire un po’ perplessi dalla sala, sicuramente colpiti da ciò che il Bellocchio vuol dire, quella libertà urlata che tutti dovremmo acclamare ma al tempo stesso ci si chiede perché? Il film sarebbe benissimo potuto concludersi una mezzora prima, in modo superbo con la dignità e le conseguenze che la morte di Eluana ha scatenato il 9 febbraio 2009, ci si dilunga invece in altre questioni, ugualmente interessanti, come il diritto al suicidio, ma che fanno disperdere l’attenzione.
Non certo polemico, non certo autoreferenziale, La bella addormentata smuove la propria coscienza e per una volta, questo basta.
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