Un giorno il cacciatore di farfalle si trovò posata sul naso una farfalla meravigliosa, tanto che gli spiacque catturarla. Invece le porse un dito dolcemente, e questa gli volteggiò attorno sino a posarsi su sulla punta, spiegando le due ali variopinte. Allora il cacciatore si alzò in piedi, con la farfalla poggiata sul dito.
– Sei tanto bella, disse, farfalla, che non desidero piú catturarti. Sei libera di volar via.
Ma la farfalla stette dov’era, e al cacciatore parve ancora piú bella. Poiché non se ne andava, il cacciatore prese a passeggiare per i prati con la farfalla posata sul dito, contemplandola come un gioiello. Camminò tanto che ebbe a finire per caso nel giardino di una graziosa ragazza. Sedeva poggiata su un palmo a scherzare coi fiori del prato, intrecciandosene piano fra i boccoli per non sciuparli. Quando il cacciatore si accorse di lei e levò lo sguardo dalla farfalla, questa, offesa, spiccò il volo d’improvviso, per non esser mai piú catturata. Allora il cacciatore si avvicinò alla ragazza e volle coglierle un fiore.
– Cosa cacci con quel retino? Chiese la bella.
– Caccio farfalle. Le piú belle del mondo.
– Ne hai catturate molte?
– Moltissime.
– E allora?
– Nessuna piú bella di te.
– Neppure di quella laggiú, che avevi in punta del dito?
– Neppure.
Allora la bella gli porse le labbra, e il giovane cacciatore le colse il suo fiore piú bello. I due innamorati stettero a giocare sul prato fino a sera, scambiandosi teneri baci, quando il cacciatore dovette partire.
– Mi porterai a cacciare con te? Chiese la bella.
– Ti porterò.
Il giorno dopo il cacciatore di farfalle ritornò dalla sua bella, e insieme se ne andaron per i prati.
– Come si cacciano le farfalle? Chiese la bella.
– Si ama, rispose il cacciatore.
E cosí dicendo le toccò le labbra con le sue. Allora le farfalle discesero dagli alberi e dai fiori, e vennero a danzare intorno ai due giovani. Quel pomeriggio il cacciatore acchiappò molte farfalle, ma tutte le liberarono, e stettero a guardarle volteggiare fino a sera.
– Libera le tue farfalle, cacciatore, disse la bella, ma ora che mi hai catturata, me non mi liberare.
I giorni seguenti il cacciatore e la sua bella trascorsero i pomeriggi in mezzo ai prati, imitando allegri le farfalle nel loro svolazzare, prillando come trottole, senza stancarsi mai.
Un giorno un cavaliere comparve innanzi ai due innamorati. Sedeva in cima a un bel cavallo, portava un’armatura scintillante e una lustra celata in capo. Era tanto bello che i due giovani si dimenticarono delle farfalle.
– Che cosa cacciate, begli innamorati? Domandò il cavaliere.
Ma poiché questi non rispondevano, il cavaliere indicò al piccolo retino.
– Pesci? Continuò.
– Signor cavaliere, rispose il cacciatore, cacciamo farfalle.
– E poi che ne fate?
– Le ammiriamo, signor cavaliere, e le liberiamo.
– Mai visto ammirare insetti, rispose il soldato.
– Farfalle, signor cavaliere, non insetti.
– Provate, disse la bella.
Il cavaliere smontò da cavallo, ritto e lucente nel suo guernimento, e fece per snudare l’arma dalla guaína. Ma la bella trattenne la mano sull’elsa rabbrividendo, e porse al cavaliere il piccolo retino.
– Provate con questo, disse la bella.
Ma il cavaliere impugnò il retino come una spada e colpí a morte, senza volerlo, una bella farfalla.
– Non è affar da uomo d’armi, disse il cavaliere dispiaciuto.
E cosí dicendo montò in arcione e scomparve trottando dal giardino. Il cacciatore si chinò sulla piccola creatura, e riconobbe la meravigliosa farfalla del giorno in cui aveva incontrato la sua bella.
Alcuni giorni piú tardi i due giovani erano per prati a cacciare farfalle. Mentre la bella riposava all’ombra di un albero, il cacciatore catturò una splendida farfalla, e gliela porse in dono.
– Guarda come è bella, disse il giovane.
Ma la bella la rifiutò.
– È un insetto, disse.
– Non riconosci le nostre farfalle? Rispose il cacciatore.
Ma la bella prese la farfalla fra le dita.
– Guarda le antenne, disse indicandola, guarda le zampette, e la proboscide. Guardale.
Il cacciatore le guardò.
– È una farfalla, disse.
– È un insetto, rispose la bella.
Da quel giorno la bella non volle piú venire a cacciare le farfalle col cacciatore, e il giovane dovette andare per prati da solo, col suo retino in spalla. Ma invece che pisolare in mezzo ai giardini e aspettare che gli venissero in punta del naso, il cacciatore cominciò ad appostarsi dietro i cespugli e i fiori piú belli, per coglierle di sorpresa. Presto abbandonò anche il piccolo retino, dimenticandolo nel cavo di qualche albero, e prese a cacciare con le sole mani. Ma cosí il cacciatore si accorse di non esser fortunato, e presto le farfalle cominciarono a fuggirlo al solo suo apparire.
– Torna a cacciare con me, disse un giorno alla sua bella.
Ma questa gli rispose:
– Non posso. Guàrdati attorno, son tutte fuggite.
E cosí se ne andò. Allora il cacciatore prese a cercarla per i prati e per i boschi, ma quando era trovata, la bella nel vederlo fuggiva lontana, come le farfalle. Un giorno il cacciatore cercava la sua bella, accucciato di dietro un cespuglio, quando la udí ridere d’in mezzo le frasche. Allora si sporse cautamente dal proprio nascondiglio e la vide coricata accanto al cavaliere. Rideva e carezzava dolcemente la lucente armatura del soldato, pronunciando parole d’amore. La bella si alzò e sfilò dalla guaína la pesante spada del soldato, ma non le fu possibile sollevarla. Il cavaliere la canzonò affettuosamente, e levatosi anche lui, le mostrò come impugnarla, sostenendo l’elsa dal didietro. Allora, come esercizio, la bella prese a calar fendenti contro le farfalle che volavano d’intorno. Il cacciatore di farfalle si ritrasse nel suo cespuglio e stette nascosto ad ascoltare la sua bella e il cavaliere amarsi fino a sera. Quando se ne andarono, il povero cacciatore pianse inconsolabilmente la propria pena. Pianse tanto che d’intorno i fiori della notte si apersero allo scorrere delle lacrime, e le farfalle si destarono dal loro sonno per venire a consolare il giovane innamorato, posandosi tutt’intorno. Ma il cacciatore allora levò lo sguardo. Guardò alle antenne, guardò alle zampe e alle proboscidi, e vide nelle farfalle soltanto gli insetti del cavaliere. D’un tratto una farfalla gli si venne a posare sul palmo della mano, e il cacciatore la guardò. Allora la farfalla batté piano le ali variopinte, e morí fra le sue dita. Non colpita da un fendente o dal colpo di un retino: morí come per niente, morí come un dolce effimero insetto. Allora il cacciatore di farfalle ricordò il cavo in cui aveva dimenticato il suo retino, ma capí che mai piú l’avrebbe usato. E smise di essere cacciatore di farfalle. Si alzò, e divenne un uomo.
Emiliano Garonzi