Dimenticate la Disney
Riempitivo della stagione cinematografica, La Bella e la Bestia (La belle & la bête, 2013) recupera qualcosa dalla storia tradizionale, qualcosa dalla versione Disney ed evita il confronto con l’opera di Cocteau. Tuttavia perde in forza espressiva.
1810. Dopo aver perso la sua fortuna a causa di una spaventosa tempesta, che ha distrutto la sua intera flotta mercantile, un commerciante (in disgrazia) si reca in campagna con i suoi tre figli e le sue tre figlie. Un giorno però una nave viene ritrovata e il mercante tira un sospiro di sollievo. Recatosi al porto per recuperare la merce dalla stiva, viene messo al corrente che, a causa delle sue insolvenze passate, tutta la sua ricchezza gli viene requisita. Triste e sconsolato, il vecchio commerciante torna a casa, ma durante il viaggio di ritorno perde la via e incrocia un castello apparentemente abbandonato.
Il regista Gans rivisita la storia di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, costruisce la sua versione barocca e gonfia di effetti speciali, ma non riesce a catturare lo spettatore. Probabilmente la causa è da ricercare nello sviluppo della vicenda (eccessivamente ponderata e noiosa), che si concentra meno sulla storia d’amore (anche se sarebbe meglio parlare di rispetto e affetto, piuttosto che d’amore) per andare a indagare nei meandri del passato del principe e interessarsi, principalmente, della famiglia di Belle. Difatti conosciamo meglio il padre (un ricco mercante caduto in disgrazia), le due sorelle (boriose e irritanti copie-carbone delle sorellastre di Cenerentola) e i tre fratelli. Nel mentre Gans si diletta nell’ostentare la bellezza di Belle, la sua purezza d’animo e la sua semplicità, tutte doti date in pasto allo spettatore nella prima mezz’ora di pellicola. E tutto ciò si rivela pienamente aderente all’approccio favolistico del regista. Tuttavia la pellicola si perde progressivamente nell’esibizione magica del fantastico mondo della Bestia, nel quale rose, tavole imbandite e bellissimi vestiti sono gli elementi più caratteristici. Ma ciò non basta a catturare l’attenzione dello spettatore, che probabilmente, conscio della storia e figlio della nostalgia nei confronti del prodotto Disney, non nutre il benché minimo interesse per uno sviluppo narrativo serioso, a tratti magico e decisamente eccessivamente contrappuntato dai flashback, che assumono una valenza riempitiva all’interno della pellicola.
Gans allunga il brodo, cita a più non posso (pescando a piene mani da letteratura e cinema), ma non riesce a riportare in auge la favola della Bella e la Bestia, che aveva trovato numerosi consensi grazie alla classica formula disneyana. E sicuramente non di grande aiuto sono le interpretazioni svogliate di Lèa Seydoux e Vincent Cassell, due attori che sicuramente hanno reso in modo più intenso nei panni di altri personaggi.
Progetto sfarzoso e ambizioso, La Bella e la Bestia ha un unico e vero pregio: l’aver girato interamente in studio (quello di Balbenberg), qualità che gli ha permesso di costruire in modo totalmente straniante il mondo che ruota attorno al castello della Bestia. Per il resto non si trova nulla di realmente accettabile, nemmeno i pomposi effetti speciali, che soffrono della mancanza di un’accuratezza digitale e del 3D. Difatti quest’ultimo avrebbe potuto avvolgere più adeguatamente lo spettatore e i protagonisti della favola transalpina.
Uscita al cinema: 27 febbraio 2014
Voto: **