“La Napoli di oggi è una città stanca, ma di quella stanchezza che non precede rabbia e voglia di cambiare le cose. Che è stanca piuttosto di attendere che passi la nottata”.
Giovanni Scafoglio
I miei lettori più affezionati sapranno di certo che, volente o nolente, sono una milanese doc con uno strano rapporto con la mia vera città natale. Sembrerà strano a dirsi ma, a differenza dell’anonima Milano, ho sempre sentito scorrere nel sangue un particolare legame con una città che, seppur non avevo mai visto, sentivo mia: Napoli. A differenza del mio ingiustificato patriottismo, nessun altro della mia famiglia riconosce una qualsiasi parentela lontana con la “città delle contraddizioni”. Eppure noi tutti siamo legati a quell’albero genealogico napoletano che è andato via via scomparendo per ovvi motivi logisitci dell’inclemente passare del tempo. Ed è proprio in nome di questa impronta genetica che, zaino in spalla, sono partita per scoprire da vicino quella terra estranea ai più, ma la cui bellezza è cantata da diversi autori, da Goehte a D’Annunzio.
“Vedi Napoli e poi muori”, si dice ed è vero. Già dai primi sguardi ti lascia addosso un senso di stupore che ti impregna i vestiti con i colori del golfo, con i suoi castelli, con le regge e i palazzi nobiliari disseminati per le strade del centro e del lungomare. Per non parlare poi della pizza, del caffè o delle sfogliatelle che, vi assicuro, meritano la fama di cui godono nel mondo. E’ vero: non si può circoscrivere la sua singolarità all’elenco di sostantivi e aggettivi citati qui sopra, ma per comprenderla fino in fondo bisognerebbe vederla almeno una volta con i propri occhi, seppur consapevoli. Consapevoli perchè “Napoli non è una città, è un mondo”, di contraddizioni. E con questa affermazione ci si porta dietro un fardello veramente pesante di cui lo sfruttamento edilizio, la malavita e l’incoscienza dell’uomo ne sono solo un esempio. Ho tastato con mano l’indifferenza delle persone e la loro incapacità di apprezzare e custodire i tesori della propria terra,contaminando così angoli di questa città abbruttendola, svilendola. stancandola. Non stupisce dunque che oggi chi pensa a Napoli si immagina montagne di spazzatura e la Camorra, lasciando da parte il suo antico splendore. Ammetto di essere tornata dal mio viaggio con l’amaro in bocca proprio per questo. L’amore per una città unica lascia spazio all’amarezza per la situazione di degrado in cui versa la città. Io credo e ho sempre creduto fermamente nel cambiamento dal basso per migliorare le cose, ma a Napoli ci vuole qualcosa di più. Finchè ci sarà indifferenza dall’alto, se ci si dimentica di valorizzarla, mettere i cestini ai pali della città, disinteresse delle autorità che spesso non chiudono un occhio, Napoli diventerà sempre più stanca e perderà quello splendore di cui l’Italia andava fiera un tempo.