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La bella politica di chi non ha santi (e padroni) in paradiso.

Creato il 06 giugno 2013 da Catreporter79

Quando entravi, un po’ intimorito, per la prima in una sezione di partito, senza conoscere nessuno. Magari c’era un dibattito e non osavi disturbare, finché non venivi notato da uno di quelli grandi, che ti indicava il “capo”. Allora gli spiegavi che cosa volevi, che ti andava di dare una mano, di renderti utile; lui ti faceva la tessera e tu ti sentivi parte di qualcosa di grande, di importante, grazie a quel pezzetto di cartoncino colorato. Se era d’estate, poi, avevi la possibilità di iniziare subito, alla festa, servendo ai tavoli, pulendo le padelle e le stoviglie o cucinando qualcosa (se eri bravo con i fornelli). Ad un certo punto arrivavano le elezioni e con esse i volantinaggi, spesso a prendersi qualche insulto, e gli attacchinaggi, in giro per la città, anche dove non si poteva. E poi le prime riunioni, nelle quali non prendevi mai la parola, anche perché il più delle volte non ne capivi molto, benché ti fossi imbottito di teoria e di teorie. Dopo tanto, tanto tempo, se avevi dato prova di essere “bravo”, potevi aprire tu la sezione o fare il rappresentante di lista o ancora candidarti. La tua ignoranza, o meglio, la tua poca conoscenza delle cose della politica e del mondo degli “adulti”, ti proteggeva, ti faceva sembrare tutto bello, ma almeno facevi da te, facevi da solo e , soprattutto, facevi per il collettivo, non per il particolare. Era (è) bello questo modo un po’ fragile e un po’ ingenuo di vivere la militanza, senza ascensori a propulsione familistico-cli­entelare che ti proiettino direttamente nelle stanze dei bottoni perché hai un cognome di un certo tipo, il tal padre, la tal madre, il tal nonno o simili malinconie.



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