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“La bellezza del somaro” di Sergio Castellitto

Creato il 25 dicembre 2010 da Cinemaleo

“La bellezza del somaro” di Sergio Castellitto

2010: La bellezza del somaro di Sergio Castellitto

“La bellezza del somaro” di Sergio Castellitto
“La bellezza del somaro” di Sergio Castellitto

Un critico sostiene come il film dimostri l’abbondanza di amici che Castellitto ha e il suo desiderio di farli recitare tutti…

 

Non si capirebbe altrimenti la quantità notevole di personaggi (inutili e superflui) che ci vengono mostrati, uno più improbabile dell’altro. Certo il film (pur centrato particolarmente su una famiglia e i suoi problemi) vuole essere un affresco dell’Italia di oggi e quindi la coralità è spiegabile. Ciò che non è spiegabile è perché il duo Mazzantini-Castellitto abbia scelto di rappresentare l’attuale società (che scivola ogni giorno di più verso la più completa decadenza) proprio attraverso «figure» che appaiono false e retoriche fin dall’inizio.

Al suo terzo film come regista, Sergio Castellitto miscela (con un po’ di presunzione) Robert Altman, Pedro Almodovar, Marco Ferreri, il migliore Woody Allen, Mario Monicelli, il Pietro Germi di Signore & Signori (i riferimenti potrebbero continuare…), ma il risultato è un’opera inconcludente, inutilmente e fastidiosamente urlata, che -pur vorticosa nel ritmo e nel montaggio- rasenta sovente la noia.

La bellezza del somaro (tratto da un racconto lungo di Margaret Mazzantini) oscilla perennemente tra caricature, gag (di film di serie B), toni surrealisti e grotteschi. Secondo le intenzioni, col suo spingere il pedale su situazioni paradossali con equivoci vari e riflessioni serie sulla vita e sulla morte, dovrebbe accontentare chi gradisce la facile risata ma anche il raffinato alla ricerca di simboli significati messaggi…  Quel che è certo è che ha diviso la critica.

Per alcuni “Un film personalissimo” (L’Unità), “Un film intelligente” (Repubblica), “E’ un film curioso e coraggioso” (Il Mattino), “Scritto con l’abituale finezza dalla Mazzantini, diretto con mano sicura da Castellitto…” (Il Tempo), “…una commedia allegra, a tratti scorretta, disegnata su un gruppo d’attori a loro agio nel continuo scambio di ruoli” (Il Fatto Quotidiano).

Per altri “Stereotipato e deludente” (Europa), “…è un film a tesi mascherato da commedia grottesca. I suoi personaggi dunque non vivono di vita propria, ma servono (spesso sfacciatamente) le tesi degli autori. In un moltiplicarsi di toni, di episodi e di spunti che vuole essere generoso ma finisce per essere così straripante e incontrollato da togliere mordente anche alle intuizioni migliori” (Il Messaggero), “…qualche battuta è azzeccata, ma dopo mezz’ora Castellitto fatica a dirigere il traffico” (Il Riformista), “Che film strampalato. Troppo. Col risultato che lo spettatore per un po’ sta al gioco, poi non riesce più ad arginare gli sbadigli” (Il Giornale), “Un’opera strana, curiosamente priva di un centro, alla deriva e vittima delle sue stesse ambizioni” (Movieplayer).

Chiaramente, concordo con il secondo gruppo. 

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