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La bellezza secondo gli antichi. Al British Museum, una grande mostra celebra i capolavori dell’arte greca.

Creato il 07 maggio 2015 da Nebbiadilondra @nebbiadilondra

Il Discobolo, il Doriforo, la Divinità fluviale, affiancati dall’ l’Afrodite accovacciata e dall’Apoxyómenos: cinque dei più grandi capolavori delle statuaria greca racchiusi in una stanza. Un sogno? No, è solo la prima sala di Defining beauty: the body in ancient Greek art, la strepitosa mostra del British Museum. E non occorre essere storici dell’arte per conoscere o (ri-conoscere) alcune delle opere più importanti e più riprodotte di tutti i tempi per rimanere totalmente folgorati da tanta perfezione. È come essere improvvisamente catapultati tra le pagine di un manuale di Storia dell’Arte del Liceo, in un universo in cui canone, ponderazione e il corpo come misura di tutte le cose regnano supremi. E poco importa che solo due di queste sculture siano originali greci – l’Apoxiomenos e la Divinità fluviale – l’Afrodite e il Discobolo marmoree copie romane o, nel caso del Doriforo, una ricostruzione bronzea del 1920: dopo un inizio del genere, non si vede l’ora di proseguire nella visita per vedere quali altre sorprese ci attendono nelle sale successive.

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E le sorprese non mancano davvero. In una vasta sala, illuminata in modo teatrale, Defining Beauty ci racconta per immagini l’evoluzione della scultura greca dall’arcaismo del kouros, che racchiude ancora nelle sue forme la rigidità della statuaria egiziana, all’assoluta armonia del corpo classico, e dove una serie di copie in gesso provenienti dalla gipsoteca di Copenaghen e vivacemente colorate dimostrano quanto il colore fosse parte integrante dell’estetica greca e di quanto sbagliata fosse l’idea di bellezza tramandataci dal Neoclassicismo di un’arte ellenica tutta ieraticità e marmo bianco.

Ma quando la statuaria greca diventa matura? Quando avviene il salto dalla rigidità arcaica del kouros, alla suprema armonia matematica ottenuta di Mirone, Policleto e Fidia? Queste sono questioni fondamentali che il curatore Ian Jenkins ha deciso di non affrontare in questa sede, almeno non direttamente, preferendo un approccio tematico ad uno cronologico, con sezioni dedicate al matrimonio, alla donna, alla separazione dei sessi e alla morte, sapientemente contestualizzate da vasi di ceramica, statuette, armi e gioielli; un’arte quella della Grecia classica, che che arriva a permeare con le sue innovazioni persino terre lontane come gli odierni Afghanistan e Pakistan sotto Alessandro Magno (356 a.C. – 323 a.C.).

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The Discobolus of Myron (470-440 B.C). Photograph: PR

Il 480 a.C. anno della distruzione di Atene da parte dei persiani, si può adottare come spartiacque per la storia della arte greca, in quanto è con la costruzione dell’Acropoli promossa da Pericle (495 a.C.- 429 a.C.) che si afferma la nuova arte classica. Come per l’arte, anche per la democrazia ateniese (perché di Atene si parla per il VI e V secolo a.C.) non esistono modelli precostituiti, ma nasce dal quotidiano “essere cittadini” dei suoi abitanti. Esiste una stretta correlazione tra arte e politica, tra l’artigiano che prende dalla realtà gli aspetti migliori per creare un corpo umano realistico, ma al tempo stesso perfetto, e la ricerca di ordine e di razionalità del cittadino che partecipa attivamente alla vita politica. Il gesto di Socrate di bere la cicuta e di non fuggire dalla città che lo aveva condannato a morte per non violare le leggi che aveva difeso per tutta la vita, emana una un’infinita libertà di spirito: un gesto possibile solo in una società che concede al cittadino i suoi diritti. Quella della Grecia classica è un’arte che stimola l’imitazione. Al contrario dei popoli del vicino Oriente, la cui arte mira a creare timore reverenziale sottolineando la diversità tra uomo e il dio, nell’Atene di Pericle il mondo degli eroi e quello degli dei coincidono, rendendo così possibile un processo di immedesimazione tra l’ideale e il reale. Non sorprende, pertanto, che Platone e Aristotele utilizzino il corpo umano e le sue membra come metafora dell’armonia esistente tra la polis e gli individui che la componevano.

Defining Beauty conta circa centoventi opere provenienti da musei di tutto il mondo, molti dei quali capolavori straordinari. Ma gli occhi continuano a tornare ai capolavori assoluti di Fidia, agli splendidi marmi del Partenone, trasportati (anche se la Grecia direbbe altrimenti…) in Inghilterra da Lord Elgin, l’ambasciatore inglese a Costantinopoli, che nel 1807 li espose per la prima volta in una sua residenza londinese, non prima di aver chiesto al nostro Antonio Canova di restaurali, secondo una consuetudine del tempo. Ma Canova, sebbene educato alla scuola neoclassica di J. J. Wilkelmann, davanti ai caratteri straordinari di quelle sculture, si rifiutò: “perché sarebbe stato sacrilego da parte sua o di chicchessia ardir di toccarli con uno scalpello.” Acquistati dal governo britannico nel 1816, furono poi trasportati al British Museum, nonostante Napoleone avesse offerto per loro una cifra molto più alta. Da oltre due secoli sono sotto gli occhi di tutti – turisti e scolaresche – e gratis. Ma, incorporati nel percorso della mostra, è come vederli per la prima volta. Liberate da quella fredda caverna neoclassica che è la galleria Duveen (costruita appositamente per ospitarli) e sapientemente illuminate, le sculture più discusse della storia dell’arte sembrano acquistare una vita propria, respirare e la nostra stessa aria. E solo allora si comprende la portata dell’effetto che ebbero sull’immaginario collettivo quando apparinono in pubblico per la prima volta nel 1817.

Marble statue of a river god from the west pediment of the Parthenon-
Marble statue of a river god from the west pediment of the Parthenon, by Pheidias. Photograph: PR

Ma perchè il nudo? L’antica Grecia era una società bellicosa e mantenere sano il proprio corpo era un dovere civile e morale verso la Patria. Per il popolo greco il concetto di dignità del corpo era altissimo. I greci aborrivano le torture e le mutilazioni tanto in voga nei regime assolutistici del vicino Oriente come l’Egitto o l’Assiria, dove il rispetto del singolo – e quindi del suo corpo – era pressoché nullo. La nudità dell’atleta ellenistico non è mai intesa come privazione di difese e e coincide con il più alto grado di dignità del corpo: è la nudità dell’uomo libero nel pieno possesso dei suoi diritti di uomo e cittadino, protetto dal dolore e dalla tortura. Solo in un regime di libertà morale e di rispetto dell’individualità dell’uomo poteva affermarsi pertanto, quella che lo studioso russo Sergej Averincev definì “la stupenda e tranquilla nudità olimpica.” Non a caso nei bassorilievi e nei vasi l’eroe Greco è spesso rappresentato nudo, al contrario di civiltà assolutistiche come quella egiziana o assira in cui le vittime e i prigionieri sono rappresentati nudi e sottomessi.

Figure of Iris from the west pediment of the Parthenon (about 438-432 B.C) © British Museum.
Figure of Iris from the west pediment of the Parthenon (about 438-432 B.C) © British Museum.

La nudità olimpica tuttavia era un concetto valido solo per gli uomini, non certo per le donne che erano escluse dalla vita sociale e dovevano essere velate e coperte, anche se nel caso di ninfe e dee, l’arte aggira il problema rappresentandole avvolte da tessuti leggerissimi che aderiscono al corpo e ne rivelano le forme come se fossero nude – come nella bellissima Iride proveniente dal frontone occidentale del Partenone.

La mostra si chiude nello stesso spettacolare modo in cui è iniziata, con il Dioniso del frontone occidentale Partenone e il Torso del Belvedere in prestito dai Musei Vaticani, uno accanto all’altro, riuniti insieme per la prima volta nella stessa stanza. Tra questi due supremi capolavori dell’arte classica in cui il bello e buono inteso come virtù morale vengono a coincidere, è il disegno preparatorio di Michelangelo per l’Adamo della cappella Sistina. È uno dei momenti più altri della storia dell’arte occidentale, quando Michelangelo prende il bastone del commando da Fidia e proietta il corpo umano in una nuova, gloriosa epoca: il Rinascimento.

Paola Cacciari

Pubblicato sul Londonita

Fino al 5 Luglio

British museum Great Russell Street
London WC1B 3DG

www.britishmuseum.org



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