Ancora un racconto di Giovanni D'Ippolito e dei suoi "mitici anni 60", liceali di un piccolo paese di provincia, le prime auto usate per raggiungere la scuola dai paesi vicini erano un vero lusso e motivo di interesse per i ragazzi sempre in cerca di novità che, in questo episodio, diventano il pubblico involontario di un mondo che non c'è più.
LA BIANCHINAEra una splendida giornata di fine maggio, a Bojano c'era il sole e soffiava una bell'aria, una di quelle giornate che ti avvisano che l'estate è vicina e tutte le finestre delle aule, che ospitavano il Liceo Scientifico posto all'ultimo piano delle scuole di Corso Amatuzio, erano spalancate. Le lezioni non erano ancora iniziate e qualcuno prendeva il sole, qualcuno chiacchierava e altri, la maggioranza, erano intenti a copiare i compiti dai quaderni dei più bravi.
Daniel Procosky quella mattina arrivando a scuola, parcheggiò la sua 850 coupé nuova fiammante, proprio sotto le finestre e, in un attimo, tutti si erano affacciati ad ammirare quel gioiello, di uno stupendo color bianco latte luccicante che aveva ancora la targa di cartone. Improvvisamente all'altezza del "tabacchino" (Armando dammi 3 nazionali semplici e due super con filtro!...55 lire) apparve l nostro compagno di classe Peppe Carano alla guida della sua Bianchina color celeste pallido completamente scappottata e, vedendoci tutti affacciati, cominciò a salutare pensando di essere lui l'attrattiva del giorno. Noi ci rendemmo conto che si approssimava velocemente all'area parcheggio, e distratto com'era, avrebbe potuto causare un incidente, allora cercammo di avvertirlo in ogni modo urlando e sbracciandoci, ma lui, al contrario, continuava a guardare verso l'alto e lasciò addirittura il volante per rispondere a quella che pensava essere una vera e propria ovazione e, troppo tardi per prendere qualsiasi altro tipo di provvedimento, in un attimo......PATATANGHETE... tamponò violentemente l'auto nuova di Daniel Procosky.
Un silenzio irreale era improvvisamente sceso sulla scena, tutti eravamo restati senza parole, impietriti. Il muso della Bianchina era completamente accartocciato e interamente infilato nel motore di quella che fino a pochi attimi prima era una favolosa 850 coupé nuova di fabbrica. Peppe cercò di aprire la portiera, ma era incastrata e, per scendere, scavalcò goffamente lo sportello, ruzzolando quasi al suolo (non era mai stato un atleta).
Non si curò dei danni causati: era il suo giorno, aveva il suo pubblico, guardò ancora una volta verso le finestre erano tutti là, a bocca spalancata e aspettavano un suo gesto, allora unì le mani e alzando le braccia le agitò come fanno i campioni che salutano dopo una vittoria. A quel punto sì che si scatenò l'ovazione accompagnata da uno scrosciante applauso che echeggiò a lungo per le strade del paese.
Giovanni D'Ippolito