Dedico questo post alla memoria di mio padre. Oggi, 3 aprile, sarebbe stato il suo 81° compleanno nonché il suo onomastico, chiamandosi Riccardo. Diceva sempre, ironicamente, che ho “mani da artista”
Se la volta scorsa Chagall ci ha sorpresi insediando William Shakespeare sul trono del faraone, stavolta, con l’incisione n. 23 “Giuseppe riconosciuto dai suoi fratelli”, scopre le carte circa le sue fonti d’ispirazione. L’immagine infatti riprende in maniera inequivocabile il celeberrimo dipinto di Rembrandt “Il ritorno del figliol prodigo”.
L’occhiolino strizzato a Rembrandt ha un motivo specifico, oltre alla generica ammirazione: l’artista olandese è stato infatti uno dei pochi Grandi a realizzare un intero ciclo di incisioni dedicate alla Bibbia. Dopo di lui, e prima di Chagall, c’è stato sostanzialmente solo Gustave Doré. Dopo Chagall, negli anni ’60, toccherà a Salvador Dalí, che però adotterà il colore anziché il bianco/nero dei tre predecessori. Nel caso del colorista Chagall, l’uso del b/n ha significato una sfida in più, anche tecnica oltre che tematica. L’artista franco-russo farà omaggio a Doré ad esempio nelle acqueforti n. 39 “Mosé spezza le tavole della Legge” e n. 79 “La preghiera di Salomone”.
Il rimando al figliol prodigo conferma due tendenze già più volte riscontrate in precedenza:
1) illustrare la Bibbia ebraica alla luce dell’iconografia cristiana, creando interpretazioni incrociate;
2) e soprattutto, cambiare le carte in tavola. Perché è evidente che qui l’episodio del figliol prodigo viene capovolto: non è il figlio minore a tornare a casa ammettendo le proprie colpe (Vangelo secondo Luca 15,20-21), ma è tutta la sua famiglia che va da lui, all’estero, in terra pagana, a chiedergli perdono. E qui il figlio non ha bisogno di essere rifocillato e rivestito (Luca 15,22-24) perché è lui il ricco della situazione; anzi, sarà lui a garantire vitto e alloggio ai parenti, padre incluso.
L’ultima frase del padre del figliol prodigo: “Questo mio figlio era morto ed è ritornato in vita” apre a un’ulteriore allusione. Nella tradizione cristiana, il versetto viene interpretato come un’anticipazione della morte e risurrezione di Gesù, e qui Chagall sembra avere in mente proprio quell’episodio nel modo in cui compone la scena: un personaggio in candide vesti attorniato da un gruppo di persone che lo riabbracciano incredule.
La scena viene descritta così nel Vangelo secondo Matteo (28,16-17): dopo la risurrezione, “gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono”.
Anche nell’incisione di Chagall, accanto a uomini felici o commossi, si nota qualcuno con un’espressione perplessa in faccia. E così, l’artista ebreo richiama alla memoria del lettore cristiano un versetto del vangelo che forse lui preferirebbe ignorare, tant’è che in tutta la teologia e la predicazione della Chiesa viene quasi censurato: “Essi però dubitarono”.
dhr