La storia di Saul+Davide occupa la bellezza di 16 illustrazioni, dalla n. 60 alla n. 75. La prima cosa da notare è la legittimazione del regno di Saul: Chagall mostra la SUA unzione regale (n. 60), non quella del successore. Anche al momento del suicidio (n. 65) Saul mantiene una dignitosa compostezza. Interessante presa di posizione, perché nella Bibbia si alternano pagine pro e contro il “primo” re di Israele.
Quanto a David / Davide, nella lunga serie di immagini a lui dedicate… non compare quasi nulla delle vicende che lo hanno visto protagonista. In pratica Chagall rilegge la figura del grande re sostanzialmente come cantore ispirato, e come padre che soffre. Davide viene infatti raffigurato ben quattro volte con la cetra, intento a intonare i Salmi. Altre quattro acqueforti riportano la storia di Assalonne, la cui ribellione mise a rischio il regno, e la cui morte fece piangere il re. Che io sappia, solo un altro artista ha affrontato in modo tanto analitico questa vicenda: l’espressionista tedesco Ernst Ludwig Kirchner con le sette xilografie “Absalom” del 1918 (per esempio quella dal titolo “Assalonne si unisce alle concubine di suo padre”). Lì la rivalutazione del ragazzo è ancora più netta, mostrandolo come giovane ribelle, vittima della gretta società borghese (già predisposta ad abbracciare il nazismo).
L’opera qui presentata, “Il cantico di Davide” (n. 74), è interessante in particolare per i rimandi linguistici e iconografici, quindi anche contenutistici. È una delle varie occasioni in cui Davide viene mostrato mentre innalza lodi a Dio; in questo caso, quasi rapito in estasi, lascia cadere la cetra. Il testo ebraico è scarabocchiato piuttosto male, ma si riconoscono alcune parole tratte dai primi versi del cantico di Davide in 2Samuele 22, quali: eqrà HaShem = invocherò / voglio invocare il Signore; meoivài = dai miei avversari; ki afafenì = poiché mi circondavano…
Quasi in arguto contrasto con lo spirito polemico dell’inno, qui Chagall tocca uno dei vertici del suo ecumenismo. Perché questo re Davide che loda il Signore, a braccia aperte, investito da un cono di luce, con indosso un rozzo saio con cordone, richiama i dipinti medievali e rinascimentali su frate Francesco che riceve le stigmate. Mancano ovviamente le stigmate, e qui manca anche l’angelo, ma Chagall riprenderà in modo ancora più esplicito l’episodio de La Verna nelle illustrazioni n. 88 “La visione di Elia” e 91 “La visione di Isaia”. Tra l’altro, proprio il cantico di Davide, 2Samuele 22 ai versi 10-11, offre un appiglio per questo parallelismo: il Signore “abbassò i cieli e discese… cavalcava un cherubino e volava, appariva sulle ali del vento…”. Un ecumenismo che sboccia quasi spontaneamente nell’arte perché, da una parte, Chagall illustra la Bibbia ebraica tenendo sott’occhio la pittura cristiana; e viceversa, l’iconografia francescana è basata sulle narrazioni bibliche degli incontri tra i giusti e gli angeli.
Però, a ben pensarci, non c’è affatto contrasto tra Davide che esalta la sconfitta dei nemici, e l’esperienza mistica di Francesco. Perché in quel momento il Poverello di Assisi si sentiva abbandonato da tutti, e le stigmate furono un “segno” dall’Alto, di approvazione e di conforto. Eqrà HaShem.
dhr