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La Bibbia firmata Chagall: “Il vitello d’oro”

Da Leragazze

La Bibbia firmata Chagall: “Il vitello d’oro”

Nell’acquaforte “Il vitello d’oro” (n. 38) Chagall sembra, involontariamente o volontariamente, scherzare con chi lo accusa di essere scarso in disegno. Se guardiamo i numerosi personaggi che affollano la scena, noteremo subito che sono sproporzionati, e che si dimenano goffamente. Licenza artistica? Non direi. Il fatto che Chagall abbia accostato uomini di dimensioni tutte diverse lascia intendere che intendesse esplicitamente veicolare un’idea di sproporzione, disarmonia, gestualità incoerente, e in definitiva perdita della propria identità.

Che, poi, è esattamente il tema dell’idolatria. L’idolo, nella Bibbia, non è tanto un manufatto di legno o di metallo di fronte a cui ci si inchina, quanto un dio, cioè un punto di riferimento assoluto, che però viene modellato sulla base delle proprie categorie mentali. E quindi non è Dio, per definizione.

Da notare anche che il vitello d’oro, per quanto stilizzato, è anatomicamente corretto; ma immobile.

Perciò ecco come Chagall, con il consueto acume, oppone il Sacro e l’idolo. In tutte le opere del pittore il mondo del Sacro è 1) non pedissequamente realistico, ma 2) composto, armonioso e 3) dinamico. Qui il mondo dell’idolo viceversa è 1) piattamente realistico, 2) scomposto, disarmonico e 3) immobile, nonostante si possano compiere mille gesti inutili. Basta confrontare quest’immagine con il suo opposto, quella del Roveto ardente.

Ora, sempre nella mentalità biblica, è vero che l’idolo rispecchia chi lo ha “creato”, ma è anche vero il contrario: che chi adora gli idoli diventa loro simile. Come esperienza conferma.

dhr



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