Altra scena tra le più gettonate nella storia dell’arte: il sogno, o “La scala di Giacobbe” (n. 14). E ancora una volta Chagall parte dai cliché consolidati, per poi inserire quasi di soppiatto la propria reinterpretazione dell’episodio.
Anzitutto, la scala: di solito raffigurata come uno scintillante scalone di luce, sia nelle illustrazioni bibliche che in quelle per il canto 21 del Paradiso di Dante. Qui diventa una semplice scala a pioli. Il primo motivo può essere un rimando alle icone (russe, e ortodosse in genere, due esempi li potete vedere qui e qui) dedicate alla “Scala del paradiso” di Giovanni Climaco, uno dei testi fondamentali della spiritualità cristiana est-europea. In secondo luogo, in connessione con il messaggio di Giovanni Climaco, la scala a pioli suggerisce non una gloriosa ascesa, come gli scaloni dorati, ma una faticosa arrampicata, che esige l’impegno di piedi e mani, e molta attenzione per non cadere. Il difficile cammino verso la virtù.
Nella visione biblica, gli angeli salgono e scendono da/verso Dio; qui si limitano a salire. In effetti, questa è la scala “di” Giacobbe, ossia la prefigurazione del suo destino, così come il destino di ogni giusto: diventare “angelo” e salire fino a Dio per assimilarsi a Lui il più possibile.
Tant’è vero che – particolare assente nella narrazione di Genesi 28 – il Patriarca viene “svegliato” da un personaggio che non è un angelo ma un Doppio di lui stesso, che gli indica il cammino ascensionale. La differenza tra i due è che Giacobbe ha le scarpe, mentre il suo Doppio ha i piedi scalzi, come chi si trova su suolo sacro (cfr. Mosè). E il suolo è… il cielo. La terra dei giusti è verso l’Alto, dove le “prospettive” sono rovesciate.
dhr