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La Bibbia firmata Chagall: “La vocazione di Ezechiele”

Da Leragazze

La Bibbia firmata Chagall: “La vocazione di Ezechiele”

La Bibbia illustrata da Chagall termina, in modo solo apparentemente sorprendente, con “La vocazione di Ezechiele”. Ma è subito evidente che si tratta di un’immagine dal valore più ampio, universale: la degna conclusione del percorso sacro, anzi l’unica conclusione possibile.

La Bibbia di Chagall non termina con un “gran finale col botto”, come fa il Nuovo Testamento con il libro dell’Apocalisse. Non termina neppure con un’estasi divina, come fa Dante in Paradiso 33. Termina esattamente dove inizia: con la lettura della Bibbia stessa. A ognuno di noi, come a un novello Mosè, la mano di Dio porge la Scrittura affinché la mettiamo in pratica e la meditiamo (in quest’ordine, non viceversa: cfr. Esodo 19, versetti 5 e 8; e soprattutto Esodo 24, v. 7). È interessante notare che Chagall ha illustrato i libri della Torah e i libri dei Profeti, ma non gli altri Scritti, chiamati “libri sapienziali” nella tradizione cristiana. Forse perché il vero libro della sapienza è quello che deve scrivere ognuno di noi con la propria vita.

Un invito all’“ascolto”, quindi. Un ascolto che avviene nel presente, l’unico tempo che esista. Come ripete il quinto rotolo della Torah, il Deuteronomio (chiamato Devarìm dagli ebrei, ricordo bene?): “Questa Alleanza non è stata stipulata con i vostri padri, ma con voi”, dove “voi” sono gli ascoltatori in questo istante. “Se non io, chi? E se non ora, quando?”, per riprendere l’arcinota massima di Rabbi Hillel.

Però la cosa non è così semplice e immediata, come Chagall suggerisce con arguzia. Infatti, le parole sul rotolo della Parola sono mezze cancellate, e… il lettore ha un occhio aperto e uno chiuso. Più di così, non possiamo fare. Meno di così, non dobbiamo fare.

[Tra parentesi aggiungo una micro-polemica contro la teologia cristiana, teologia nella quale peraltro sguazzo volentieri per hobby. Ci sono stati e ci sono autori cristiani che riprendono il metodo esegetico rabbinico, ma mi pare un’operazione illecita. Nella mentalità rabbinica, infatti, NESSUNO ha in tasca la chiave della verità, quindi le interpretazioni sperticate e spregiudicate sono una manovra da hacker, un tentativo di violare il codice segreto di accesso al significato del mondo, della Storia, di Dio. Se invece, come i cristiani, si parte dal presupposto di avere fin dall’inizio la risposta definitiva (il Messia), il metodo non serve più a niente. In positivo, comunque, trovo affascinante il fatto che Chagall abbia applicato le tecniche esegetiche rabbiniche sul piano grafico: è stato l’unico?]

Un grazie grosso come una casa alle Ragazze e alle lettrici / ai lettori di questa rubrica, che per me è stata come scoprire un tesoro: scava scava, e trovi delle pietre preziose, e le metti in bacheca… scava scava, e di nuovo… scava ancora, per settimane, per mesi, e continuano a saltar fuori pietre preziose.
Allora… alla prossima

;-)

dhr



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