Da quanto si legge sui giornali in questi giorni, sembra che il mondo dell’arte e della cultura, a latitudini diverse dalla nostra, abbia ancora un valore. Accade che, certi regimi pressati in qualche modo da una opinione pubblica “libera” e in grado di farla sul serio, l’opinione, rivedano tutte, o in parte, alcune decisioni prese nel nome del “mai sputtanamento”. Il democratico Iran ad esempio, paese famoso nel mondo per le repressioni delle manifestazioni pacifiche con pistolettate e fucilate ad altezza d’uomo o di donna, abbia deciso di liberare, anche se su cauzione, il cineasta dissidente Jafar Panahi. Il regista del Cerchio e di Oro rosso, era stato arrestato il primo marzo scorso a scopo “cautelativo”, dopo aver espresso l’intenzione di girare un film sulle proteste antigovernative dei mesi passati, che è un po’ come arrestare preventivamente Roberto Saviano perché ha l’idea di scrivere la biografia del “Saracino”. Preso atto che il Niccolò (Ghedini) ha deciso di recarsi a Teheran per approfondire l’introduzione anche nel nostro codice penale dell’incarcerazione a scopo cautelativo, dobbiamo riconoscere al secondo regime teocratico del mondo (il primo è quello italiano), una sensibilità fino a ieri accuratamente nascosta sotto la dura scorza della repressione. È accaduto che a Cannes, nel festival che avrebbe dovuto avere Jafar Panahi fra i componenti la giuria, un altro regista iraniano, Abbas Kiarostami si sia espresso a favore della liberazione del collega da dieci giorni in sciopero della fame e che, soprattutto la bellissima Juliette Binoche abbia versato calde lacrime nel corso dell’appello televisivo fatto al governo di Teheran a favore di Panahi. Le lacrime della Binoche hanno evidentemente colpito al cuore Ahmadinejad che, tempo qualche ora, ha dato disposizioni al procuratore generale Abbas Jafari Dolatabadi, di liberare il regista, anche se su cauzione. Lo svolgersi degli eventi e, soprattutto, il tempo trascorso fra l’appello e la liberazione stanno a testimoniare che perfino i “duri e puri” del secondo regime teocratico del mondo, di fronte alle lacrime di una donna non qualsiasi, mostrano tutta la tenerezza del loro cuore. Potenza dell’arte, della cultura e dell’intelligenza racchiusa in un essere dalla bellezza rara che riescono a penetrare anche dove qualsiasi accesso non in linea con i dettami, verrebbe immediatamente stroncato a randellate. La differenza fra Ahmadinejad e Berlusconi è che il presidente iraniano è rimasto particolarmente colpito dall’attrice francese bella e intelligente, il nostro presidente del consiglio resta colpito dalle attrici, o aspiranti tali, con una personalità tendente allo scemo più scemo, insomma, uno ammira donne l’altro tromba bambole. Ma il Festival di Cannes ha rappresentato anche la consacrazione per il quasi trentenne attore italiano Elio Germano (che stimiamo da Respiro e da Mio fratello è figlio unico), il quale ha avuto l’onore di essere uno dei tanti censurati dal Tg di Minzolini. Germano, che non nasconde le sue sensibilità umane, politiche e sociali, al momento della premiazione non ha avuto parole di grande elogio per la nostra classe politica “non all’altezza degli italiani che governa”. Un irreparabile guasto tecnico non ha consentito al servizio di Vincenzo Mollica da Cannes, di andare in onda nella sua interezza. E quando si è verificato il guasto? Nel momento in cui Germano ha signorilmente bacchettato i politici. Le lacrime della Binoche si, Germano no. Altro che censura preventiva, trattasi di censura e basta. Qualcuno dovrebbe spiegare a Minzolini che per fare il giornalista non è sufficiente essere iscritti all’Albo. Occorre di più, molto di più.
Magazine Cultura
La Binoche commuove Ahmadinejad. Elio Germano Minzolini che lo censura.
Creato il 25 maggio 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Da quanto si legge sui giornali in questi giorni, sembra che il mondo dell’arte e della cultura, a latitudini diverse dalla nostra, abbia ancora un valore. Accade che, certi regimi pressati in qualche modo da una opinione pubblica “libera” e in grado di farla sul serio, l’opinione, rivedano tutte, o in parte, alcune decisioni prese nel nome del “mai sputtanamento”. Il democratico Iran ad esempio, paese famoso nel mondo per le repressioni delle manifestazioni pacifiche con pistolettate e fucilate ad altezza d’uomo o di donna, abbia deciso di liberare, anche se su cauzione, il cineasta dissidente Jafar Panahi. Il regista del Cerchio e di Oro rosso, era stato arrestato il primo marzo scorso a scopo “cautelativo”, dopo aver espresso l’intenzione di girare un film sulle proteste antigovernative dei mesi passati, che è un po’ come arrestare preventivamente Roberto Saviano perché ha l’idea di scrivere la biografia del “Saracino”. Preso atto che il Niccolò (Ghedini) ha deciso di recarsi a Teheran per approfondire l’introduzione anche nel nostro codice penale dell’incarcerazione a scopo cautelativo, dobbiamo riconoscere al secondo regime teocratico del mondo (il primo è quello italiano), una sensibilità fino a ieri accuratamente nascosta sotto la dura scorza della repressione. È accaduto che a Cannes, nel festival che avrebbe dovuto avere Jafar Panahi fra i componenti la giuria, un altro regista iraniano, Abbas Kiarostami si sia espresso a favore della liberazione del collega da dieci giorni in sciopero della fame e che, soprattutto la bellissima Juliette Binoche abbia versato calde lacrime nel corso dell’appello televisivo fatto al governo di Teheran a favore di Panahi. Le lacrime della Binoche hanno evidentemente colpito al cuore Ahmadinejad che, tempo qualche ora, ha dato disposizioni al procuratore generale Abbas Jafari Dolatabadi, di liberare il regista, anche se su cauzione. Lo svolgersi degli eventi e, soprattutto, il tempo trascorso fra l’appello e la liberazione stanno a testimoniare che perfino i “duri e puri” del secondo regime teocratico del mondo, di fronte alle lacrime di una donna non qualsiasi, mostrano tutta la tenerezza del loro cuore. Potenza dell’arte, della cultura e dell’intelligenza racchiusa in un essere dalla bellezza rara che riescono a penetrare anche dove qualsiasi accesso non in linea con i dettami, verrebbe immediatamente stroncato a randellate. La differenza fra Ahmadinejad e Berlusconi è che il presidente iraniano è rimasto particolarmente colpito dall’attrice francese bella e intelligente, il nostro presidente del consiglio resta colpito dalle attrici, o aspiranti tali, con una personalità tendente allo scemo più scemo, insomma, uno ammira donne l’altro tromba bambole. Ma il Festival di Cannes ha rappresentato anche la consacrazione per il quasi trentenne attore italiano Elio Germano (che stimiamo da Respiro e da Mio fratello è figlio unico), il quale ha avuto l’onore di essere uno dei tanti censurati dal Tg di Minzolini. Germano, che non nasconde le sue sensibilità umane, politiche e sociali, al momento della premiazione non ha avuto parole di grande elogio per la nostra classe politica “non all’altezza degli italiani che governa”. Un irreparabile guasto tecnico non ha consentito al servizio di Vincenzo Mollica da Cannes, di andare in onda nella sua interezza. E quando si è verificato il guasto? Nel momento in cui Germano ha signorilmente bacchettato i politici. Le lacrime della Binoche si, Germano no. Altro che censura preventiva, trattasi di censura e basta. Qualcuno dovrebbe spiegare a Minzolini che per fare il giornalista non è sufficiente essere iscritti all’Albo. Occorre di più, molto di più.
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