Magazine Salute e Benessere
La bonifica del Salento leccese
di Antonio Bruno*
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Quali sono stati i motivi che hanno portato i nostri antenati a eliminare le zone umide la cui salvaguardia fu sancita il 2 febbraio 1971 dalla convenzione di Ramsar (Iran). Perchè i nostri antenati hanno eliminato le zone umide del Salento leccese nel 1800 per poi essere smentiti a Rasmar nel 1971 dove si stabilì che le zone umide sono ambienti molto particolari ed importanti per l'accumulo delle acque, per il controllo delle alluvioni e della regimazione del flusso dei corsi d'acqua, per l'azione termoregolatrice sul microclima e per l'amplissima varietà di esseri viventi che trovano in queste zone il loro habitat naturale?
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A cosa serve il Consorzio di Bonifica del Salento leccese? Le cronache regionali degli ultimi anni riferiscono di “spinte” per la totale soppressione del Consorzio del Salento leccese, visto come Ente inutile e sprecone, al pari o peggio delle Province. Ma perchè c'è un Consorzio di Bonifica nel Salento leccese?
Questa domanda è frutto della nostra clamorosa perdita di memoria e della mancanza di una narrazione di ciò che era il Paesaggio del Salento leccese. Infatti ciò che è accaduto da più di vent'anni per la memoria umana è ormai irrimediabilmente dimenticato, chiuso nella cassaforte dei ricordi. Nel 2010 il paesaggio del Salento leccese è una foresta di ulivi minacciata dagli incendi. Già è più raro vedere i vigneti che per anni hanno caratterizzato il nostro territorio, e il tabacco che dominava nei seminativi è oramai scomparso lasciando per lo più incolti i terreni che sino a qualche anno fa ospitavano questa coltivazione.
Ma lo sapete che non è stato sempre così? Com'era il paesaggio del Salento leccese nei secoli scorsi? E' importante saperlo perchè è stata l'opera del Consorzio di Bonifica che ha realizzato il paesaggio così come lo vediamo oggi.
Ma noi abbiamo la possibilità di sapere com'era consultando i documenti storici a nostra disposizione per comprendere cos'è e cosa ha realizzato il Consorzio di Bonifica del Salento leccese.
Nel 1400 l’Università di Lecce aveva comprato da un barone la “palude di Cassano”, dove normalmente si esercitava la pesca.
Il 16 maggio del 1450 il barone Giovanni dell’Acaya, attraverso una apposita convenzione, concedeva agli abitanti della città di Lecce di tagliare, asportare e bruciare canne dalle seguenti paludi del suo territorio: la “Cucuzza de Segine (la futura Acaya)”, la “Palude de Banze (Vanze)” e quella “de Campo Vetrano”. Per la palude “de Segine” si riservava la facoltà esclusiva di farne scorrere l’acqua fino al mare o altrove.
Come è possibile che la città di Lecce nel 1400 fosse circondata da paludi? La risposta è che in quel periodo moltissimo territorio del Salento leccese era occupato da paludi che partivano dalle coste e che si estendevano anche nell'entroterra. I documenti dimostrano che le paludi avevano un valore economico tanto da rappresentare oggetto di scambio come abbiamo potuto leggere.
Pare che le paludi del Salento leccese abbiano avuto origine nel periodo dell'alto medioevo, quando il potere di Roma non c'era più e il Salento indifeso, era soggetto delle scorrerie dei pirati, che contribuivano a spingere la popolazione verso i centri dell'interno.
Le coste abbandonate a se stesse insieme alle parti di territorio dell'interno abbandonate hanno dato la possibilità alla natura di esprimersi di nuovo su vaste aree e, senza l'opera della bonifica, le paludi ritornavano a interessare un'area estesissima, da Brindisi ad Otranto sull'Adriatico, da Leuca a Gallipoli e poi tra Nardò e Taranto lungo il litorale ionico.
Antonio De Ferrariis, detto il Galateo nel suo De Situ Japygiae (1511), scrive della grande palude vicino a Roca località sulla costa del Comune di Melendugno (Lecce) che rendeva malsana l’aria. Lo scrittore nella stessa opera scrive del litorale che dai laghi Limini arrivava fino a Brindisi, dove, in molti punti, “iuxta mare sunt paludes”, tali da rendere quel tratto di bassa costa povero di porti e privo di centri abitati.
Tutti sappiamo che tra la prima e la seconda metà del ‘500 si concretizzò il programma di costruzione delle torri costiere a difesa dalle continue incursioni dei turchi, torri che possiamo ammirare ancora oggi, nell'ubicazione delle Torri di difesa la presenza delle paludi fu ritenuta un elemento essenziale all’interno di tale programma, ed è per questo motivo che in corrispondenza delle paludi non furono costruite torri di difesa costiere.
Comunque anche se nel territorio c'erano le paludi comunque c'era la presenza di insediamenti e di coltivazioni; infatti, da alcuni documenti del 1564, che riguardano Gian Giacomo dell’Acaya, barone dell’omonimo feudo, sappiamo che nei territori di Segine (l'odierna Acaya) vi era “chiusura” coltivata detta “li cucurachi”, un’altra olivata detta “lo Camillo”, e più “orticelli” con “alberi comuni”; tutt’altro, quindi, che una zona abbandonata o improduttiva.
Si hanno addirittura notizie di battute di caccia fatte dal barone all’interno delle zone paludose. In altri termini, almeno fino ad allora, si trattava di formazioni paludose che non costituivano un serio pericolo per l’uomo ed è per questo motivo che sino a qual momento nessuno si era sognato di intervenire per eliminare le paludi.
Ma cosa accadde dopo?
Quali sono stati i motivi che hanno portato i nostri antenati a eliminare le zone umide la cui salvaguardia fu sancita il 2 febbraio 1971 dalla convenzione di Ramsar (Iran). Perchè i nostri antenati hanno eliminato le zone umide del Salento leccese nel 1800 per poi essere smentiti a Rasmar nel 1971 dove si stabilì che le zone umide sono ambienti molto particolari ed importanti per l'accumulo delle acque, per il controllo delle alluvioni e della regimazione del flusso dei corsi d'acqua, per l'azione termoregolatrice sul microclima e per l'amplissima varietà di esseri viventi che trovano in queste zone il loro habitat naturale?
Per rispondere a queste ed altre domande dovrete leggere le mie prossime note sapendo sin d'ora che il Consorzio di Bonifica del Salento leccese è la risposta a tutte queste domande.
Bibliografia
Lucia Seviroli: LE MODIFICAZIONI RECENTI DEL PAESAGGIO FISICO SALENTINO DALLE DESCRIZIONI DI COSIMO DE GIORGI
*Dottore Agronomo
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