La “bonifica” italiana e la questione morale. Siamo andati agli Incontri del Fatto Quotidiano. Questa l’elucubrazione
Creato il 01 agosto 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Ordinaria “paginata” di un giornale. “Soccorso nel mare di Lampedusa un barcone con 25 morti nella stiva” (strage della disperazione). “Milanese e gli affari con i lottizzati. Trovati 250mila euro in una scatola di scarpe” (dal puf di Poggiolini alle Hogan di Milanese. La storia non insegna nulla). “Ricevute criptate. Penati sempre più nei guai” (non lo fò per piacer a Dio ma solo per piacere mio e del partito). “Strage di Bologna. Le promesse mancate di Berlusconi” (non un soldo ai comunisti manco morti). “La crisi del partito personale. La fine del modello Berlusconi” (anche i ricchi piangono e i figli di puttana muoiono). “Pd e Udc invitano le forze sociali a pensare al dopo Berlusconi” (la storia non ha insegnato proprio un cazzo di nulla). Paginata di un giornale, paginata sull’Italia. Aggiungiamo solo l’ultima dichiarazione di Bossi: “Napolitano deve capire” (l’ignoranza crassa che si erge a modello politico). È un giorno di una prima pagina di un giornale qualsiasi. Il fatto che sia il 1 agosto non cambia nulla. Poteva essere il 3 aprile o il 5 giugno. Virgolettati abbiamo riportato i titoli, fra parentesi il nostro giudizio sommario, solo una piccola nota a commento dell’inferno nel quale è caduta l’Italia da un po’. Meglio, da diciassette anni. Ieri sera a Fermo ci sono stati gli “Incontri del Fatto Quotidiano”. Sul palco Nichi Vendola, Luigi De Magistris, Nicola Latorre, Lucia Annunziata e le domande di Sandra Amurri e Antonio Padellaro. Nel pomeriggio c’era stato un surreale incontro fra l’imprenditore Diego Della Valle e Giorgio Airaudo della Fiom-Cgil. Non ci crederete, ma alla fine la parte del sindacalista l’ha recitata il miliardario marchigiano che non perde occasione per rivendicare le sue origini proletarie. La differenza è che se un Rsu Cgil dello stabilimento Tod’s di Comunanza gli scrive una lettera aperta per denunciare l’atteggiamento dispotico del “presidente proletario”, questi lo licenzia in tronco. Il sindacalista si chiama Guerriero Rossi e, nonostante il tribunale di Ascoli Piceno ne abbia ordinato (con tre sentenze) il reintegro, Della Valle con il cavolo che lo fa tornare al lavoro (metodo Marchionne). Ma torniamo alla serata. L’unico non toccato da scandali diretti è il neo sindaco di Napoli, gli altri due, Vendola e Latorre, per forza di cose devono rispondere di alcune responsabilità. Vendola sta a Tedesco come Latorre a Penati e non è una bella equazione. A farne le spese (con tanto di buuu del popolo rosso inferocito, ma in fondo solo inferocito), è Nicola Latorre, dirigente di un Pd dalle posizioni insostenibili. Vendola se la cava a modo suo, un po’ scappa, un po’ gigioneggia, un po’ intinge la sua voce nell’inchiostro della poesia, scalda i cuori e si propone come leader (az che novità!), di un centrosinistra che vorrebbe altri leader, magari D’Alema o (ancora) Veltroni o, in subordine come nei processi, il Bersani delle class-action. Il povero Latorre non scappa. Vorrebbe tanto farlo ma non gli riesce, lo inchiodano le sue stesse parole sulla questione morale, sul ricordo sbiadito di Berlinguer, su una strana e bizzarra idee delle primarie che si porta appresso vittima delle turbe paranoiche del Lider Maximo. Pur non avendo apprezzato molte delle sue ultime uscite, quello che ci sembra maggiormente presente a se stesso è Nichi Vendola, soprattutto quando, finalmente, prende atto che Berlusconi può anche cadere domani ma quello che andrà rifondato sarà un paese che si è nutrito di berlusconismo per anni e anni occorreranno per disintossicare gli italiani vittime di una allucinazione collettiva senza precedenti storici se non, per una piccola parte, durante il ventennio fascista. I politici attuali, sia di destra che di sinistra, sono impregnati di questa “sostanza tossica” che ha obnubilato le menti, distrutto apparati critici, banalizzato la realtà dei fatti, ipnotizzato le masse. Ma, dice Vendola suscitando anche il nostro timido applauso, “la differenza che passa fra gli uomini della sinistra e quelli della destra, è che quelli di sinistra devono tener conto delle pagliuzze che sono nei loro occhi e non delle travi che stazionano permanentemente in quelli degli altri”. Se una questione morale esiste, e se gli uomini e le donne della sinistra se ne devono far carico, è perché si portano appresso un mondo diverso, sono antropologicamente diversi dai “destri”, hanno un compito che è quello di fare la politica per la gente e non per loro stessi. Scalda i cuori, Vendola, e lo fa con la passione che gli riconosciamo e la coerenza dell’aver pagato sempre molto care le scelte politiche e di vita. Ma poi, quando se ne va anticipatamente mentre gli altri restano a discutere, ci sembra una qualsiasi rock star che scende prima dal palco per prendersi le strette di mano, le pacche sulle spalle, i flash dei fotografi, la standing-ovation della gente, l’abbraccio delle mamme e delle nonne e distribuire le carezze ai bambini. E ci rendiamo conto che il berlusconismo sarà durissimo da estirpare perché con la gramigna basta un po’ di forza, con il “ghe pensi mi” ci vorrà un sacco di tempo.
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