La borsa sale… ma è un bluff

Creato il 22 agosto 2013 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Riporto qui per intero uno dei miei ultimi post dal blog: “Il Cuore del mondo”

Viviamo nell’era dell’”uomo razionale”. Esiste la teoria del cittadino razionale, del consumatore razionale, dell’elettore razionale e naturalmente dell’investitore razionale. Secondo questa teoria i nostri comportamenti sarebbero dettati dalla capacità di soppesare attentamente pro e contro di ogni scelta onde optare per quella a noi più conveniente.

In realtà se pensate a come vi comportate nella vita di tutti i giorni, vi accorgerete come il vostro comportamento sia determinato soprattutto da comportamenti istintivi, emotivi, impulsivi ovvero non razionali, com’è normale che sia: il cuore, l’anima, la personalità, l’umore, il bisogno di appartenenza (familiare, patriottica, sociale), la necessità di essere accettati prevalgono sovente (quasi sempre?) sul raziocinio.
E chi si occupa di comunicazione sa che per manipolare sia l’individuo che le masse occorre far leva su tecniche psicologiche che agiscono sulla parte non razionale di noi.

La percezione conta più della realtà, modella quella che è la nostra aspettativa, il nostro sentire comune e, in ultima analisi, i nostri comportamenti.

E’ quel che ha capito benissimo uno dei pochi economisti davvero liberi in Italia, Alessandro Penati, che, in quanto scomodo, raramente trova spazio sulle prime pagine dei giornali. Ieri ha scritto un articolo straordinario in cui dimostra come la recente crescita delle Borse si basi non su aspettative ragionevoli e un’analisi obiettiva della realtà, ma sul management delle percezioni con la regia decisiva (e non è una sorpresa) di Mario Draghi e Ben Bernanke i quali possono contare sulla cortese e interessatissima compiacenza delle grandi banche d’affari, che hanno un ruolo fondamentale nell’orientare il gregge dei piccoli e medi investitori, e dunque di amplificare movimenti al rialzo o al ribasso.

Ecco alcuni passaggi del pezzo di Penati di cui raccomando la lettura:

La politica economica è diventata una questione di comunicazione. La Fed ha creato un’aspettativa continua di quantitative easing, con l’obiettivo di iniettare fiducia; la Borsa, più sensibile agli umori, sale, creando un effetto ricchezza; la gente, sentendosi più ricca dovrebbe consumare di più e le imprese tornare a investire. Ma se Wall Street ha messo a segno una forte crescita, credito, consumo e investimenti languono.

Anche Draghi ha sposato l’approccio mediatico (…) Lo scopo è convincere che se la crescita è alle porte, la crisi è finita, il debito pubblico diventa sostenibile, il rischio paese e lo spread spariscono, e la riduzione dei tassi rilancia credito, consumi e investimenti.

Se la ripresa è dietro l’angolo, l’angolo però non si vede. Il credito è un indicatore sensibile al ciclo economico. Ma il credito non si sta espandendo, e addirittura continua a contrarsi (-2% alle imprese dell’Eurozona a giugno, -4% in Italia). È la stessa politica della Bce ad aggravare il problema: la Fed ha acquistato attività finanziarie sul mercato, prevalentemente dalle famiglie, iniettando moneta direttamente nel settore privato; la Bce lo ha fatto in quantità analoga alla Fed (tolto oro e valute, 19% del Pil, rispetto al 21% della Fed), ma dalle banche.

E’ uno scambio di attività col sistema bancario, che lo tiene artificialmente a galla

Compiacersi perché abbiamo rallentato la caduta, o l’abbiamo fermata, ma rimaniamo a terra, pur sopravvissuti allo schianto, significa aver perso di vista il problema: l’Europa ha subìto contemporaneamente il peggior episodio di doppia recessione e il più lungo periodo di contrazione visti nel dopoguerra. Non se ne esce con la politica degli annunci. Come negli altri casi, mi sembra rivolta a condizionare i mercati; ma che crea soltanto l’illusione di poter risolvere i problemi economici sottostanti.

Bravissimo Penati. Ma è meglio che certi articoli restino confinati nelle pagine interne. Non vorrete mica risvegliare le coscienze della gente?


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