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Tra conferme e smentite l'opera seconda di Ciprì porta con sé una sicurezza e una meta decisamente meno chiara del previsto, mantenendo tuttavia quello stile che identifica lo spirito del regista in costante divisione tra commedia nera e comicità grottesca. Sotto lo smalto dello scontro/incontro tra l'avvocato-egoista-furfante Sergio Castellitto e l'ex carcerato-innocente Rocco Papaleo, c'è infatti meno materiale da ricercare, ma soprattutto meno volontà di andare a scavare e costruire qualcosa di più grande del mero intrattenimento poggiato sulla sotto-trama thriller che lentamente prende il largo. Un approccio assolutamente leggero ed elastico, quindi, che privilegia la situazione comica ed esalta le caratterizzazioni fumettistiche dei protagonisti caricaturali e fuori dal mondo (anche l'ambientazione in cui si muovono è vaga) messi al centro: in particolar modo quelle di un Castellitto avvantaggiato da un ruolo di perfidia assoluta che a volte gonfia talmente la sua performance da uscire fuori dalle righe.
L'impressione però è quella di una pellicola confusa e incompleta, che per motivi a noi sconosciuti è stata messa in rampa di lancio in anticipo rispetto ai tempi, costringendo il suo autore a compiere un viaggio meno lungo e, in teoria, lontano da quello che aveva in mente. Il sospetto giunge dalle peripezie che dovrebbero portare i due protagonisti a riscattare i danni di una prigionia probabilmente ingiusta, in cui emergono speditamente molteplici riferimenti a persone fisiche e istituzioni chiamate a rappresentare - chi più chi meno - giustizia e onestà, ma che ai fatti esercitano poi il loro potere con estrema leggerezza e comportamenti ai limiti del disinteresse. Poteva essere questo l'obiettivo vero e principale con cui "La Buca" voleva affacciarsi e imporsi, e sul quale molti andranno chiedersi le motivazioni di una rinuncia precoce e incomprensibile, specie considerato il crudele epilogo che con dolcezza va a chiudere la storia. Eppure tale ricostruzione è solo parte di un ragionamento eseguito a priori, che regge proprio a causa dell'esistenza di "E' Stato Il Figlio", dove Ciprì aveva fatto intendere di non voler essere un autore omologato o di passaggio e in cui ce l'aveva messa tutta per fare in modo che questo non accadesse.
Sono questi i motivi per cui "La Buca" lascia davvero interdetti, facendosi digerire come prodotto insipido, ma esternando piazzate colme di controsensi, e segnalazioni volte a incastrare il suo regista come anche a scagionarlo: insinuando le sorti di un lavoro sofferto e chiuso per il rotto della cuffia. Sebbene i perché e i percome di tutto, a noi, sia consentito solo di immaginarli.
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