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La Cambogia tra speculazione ed insicurezza

Creato il 01 dicembre 2014 da Pietro Acquistapace
38 Poipet

Confine cambogiano – Poipet

Un incendio ed un omicidio a Phnom Penh, due fatti che dalla cronaca cambogiana giungono fino a noi e ci fanno riflettere sulla Cambogia, un paese che secondo molti esperti rischia di diventare il fanalino di coda del sud-est asiatico, regione in piena crescita. La Cambogia, storicamente chiusa tra due potenti vicini come il Vietnam e la Thailandia, ha un alto tasso di corruzione, vero e proprio freno allo sviluppo del paese. La Cambogia sarebbe sempre più oggetto dell’attenzione degli speculatori che vedono nell’assenza di regole certe la possibilità di facili guadagni, spesso a spese della popolazione.

La prova del fuoco

Nelle prime ore di lunedì 24 novembre è andato in fiamme uno dei luoghi più conosciuti di Phnom Penh, ossia il Phsar Chas, internazionalmente conosciuto come Old Market. Le fiamme si sono fortunamente sprigionate quando il mercato era ancora chiuso, così che non risultano esserci state vittime, limitandosi le conseguenze ai danni materiali: un terzo della struttura a forma di ragno è andata distrutta, vale a dire circa 300 spazi espositivi. Le prime indagini hanno ricondotto il rogo ad un corto circuito, il che pone sotto i riflettori il problema della sicurezza in Cambogia. Solo a Phnom Penh il 2014 ha visto 72 incendi dovuti a problemi elettrici, costati la vita a sei persone, il fenomeno è tuttavia comune in tutto il paese. Pochi giorni prima un incendio era infatti divampato in una discoteca di Siem Reap, dove hanno perso la vita cinque persone, tra cui un turista australiano; il fatto ha riportato la memoria all’incendio del 2012 nel mercato notturno, quando i morti furono otto. Le leggi vigenti in materia di sicurezza non vengono rispettate, per non sostenerne i costi, mentre gli impianti sono obsoleti e non adeguati, mancando persone capaci di effettuare corretamente messa in opera e manutenzione. La situazione è grave, come sottolineato dalla Fire Protection Association of Cambodia, un’associazione basata a Phnom Penh, composta da circa 20 compagnie, che sta lavorando alla creazione di un codice di condotta. Ma qualcuno mormora che l’origine dell’incendio al Phsar Chas possa essere stata dolosa, essendo entrata l’area nelle mire della speculazione edilizia.

L’omicidio eccellente

Un paio di giorni prima dell’incendio all’Old Market, Phnom Penh era stata scossa da un’altra notizia di cronaca nera: l’assassinio di Ung Meng Cheu, un magnate a capo della Shimmex, una holding impegnata in settori quali la gioielleria di lusso, l’edilizia e l’immancabile import-export. Freddato da sei colpi di pistola esplosi da distanza ravvicinata, l’uomo d’affari era molto influente, al punto da avere ricevuto dal re il titolo di okhna, riservato a persone che si sono particolarmente distinte nel sostegno economico alla società cambogiana; il sito web della Shimmex comunica che Ung Meng Cheu si è distinto nella costruzione di scuole, templi ed altri progetti sociali di sviluppo. Le autorità hanno fermato come sospettato un poliziotto, il che getta ombre inquietanti sull’omicidio, mentre le indagini sull’accaduto continuano, non escludendo tra i possibili moventi quello della vendetta. La vittima era infatti coinvolta in diverse cause legali sia come parte lesa che come accusato. Una di queste vertenze lo vedeva opposto ad un altro “uomo forte”, Chheang Paksour, in relazione al possesso di circa 10 ettari di terreno, del valore di circa dieci milioni di dollari, nel distretto della capitale di Sen Sok. Il settore delle costruzioni sta vivendo un vero e proprio boom in Cambogia, un paese dove la corruzione è ampiamente presente, portando a forti scontri sociali.

L’incerto futuro

I membri della popolazione cambogiana, in particolare quelli più poveri, che hanno la sfortuna di risiedere in aree commercialmente interessanti, rischiano di essere espropriati dei loro terreni e delle loro case, abbattute per far sorgere nuovi complessi residenziali. Gli episodi più gravi si sono verificati a Phnom Penh intorno al lago Boeung, ormai interrato, dove 4000 famiglie sono state allontanate dalle loro abitazioni e nel distretto di Borei Keila. Qui nel 2003 la Phan Imex, una compagnia molto influente a livello politico, firmò un contratto impegnandosi a costruire dieci edifici in cui ospitare le 1776 famiglie espropriate. Gli edifici furono solo otto, lasciando 300 famiglie sulla strada; di queste una parte accettò il trasferimento in un’area lontana e senza servizi, le altre occuparono gli appartamenti residenziali ancora in costruzione, con un continuo scontro con le forze dell’ordine recentemente concluso dall’allontanamento degli ultimi 30 occupanti. Dal 2003 i cambogiani espropriati sarebbero stati circa 400mila. La situazione è diventata particolarmente grave dopo le elezioni del 2008, vinte dal Cambodian People’s Party (CPP), dopo le quali il fenomeno delle espropriazioni avrebbe visto una vera e propria impennata. Secondo la legge cambogiana chi vive su di un terreno da almeno cinque anni ha il diritto di richiederne la proprietà, tuttavia molte persone non conoscendo le leggi non approfittano di questa possibilità, anche se va detto che la fiducia nel rispetto delle regole da parte delle autorità non è molto diffusa; la legge prevede il diritto di esproprio in caso di opere di utilità sociale, non per l’edificazione di aree residenziali. A complicare le cose l’abolizione della proprietà privata da parte del regime dei Khmer Rossi, le cui conseguenze si hanno ancora oggi con il caos nella certificazione dei diritti di possesso di case e terreni.

Conclusione

La corruzione in Cambogia rappresenta una vera e propria spina nel fianco del paese, intrecciandosi con il potere politico e frenando lo sviluppo di una classe dirigente capace ed efficiente. I mutamenti politici, come l’arretramento del partito al governo nelle ultime elezioni, rischiano di far saltare i fragili equilibri che si reggono su interessi speculativi, rendendo ancora più confusa la realtà vissuta dalla popolazione. La Cambogia manca inoltre di infrastrutture e di un valido sistema educativo, entrambi vincolati ad interessi commerciali e non ad una visione di lungo termine dello sviluppo del paese.


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