Che noia i giornalisti impiccioni, quelli che proprio non si fanno i fatti loro. Che persone immonde, che ficcanasi!
Dopo aver percorso per tutta la sua lunghezza la strada che costeggia la fiumara Novito, una stradaccia-discarica, piena di fossi e gobbe, pozzanghere e polvere, relitti di betoniere e cartelli minacciosi, si giunge all’impianto di trattamento dei rifiuti.
Chiedo semplicemente di poter parlare con i dipendenti per conoscere i motivi del cattivo odore che da giorni si sente nell’aria, in maniera persistente nella zona di San Leo, ma anche in tutta Siderno (mercoledì notte era marcatamente percepibile un odore di sansa anche in zona stadio).
“Molte persone si sono lamentate, vorremmo avere qualche informazione, dare una spiegazione alla cittadinanza” dico.
La domanda viene accolta come se fossi andata alla sede centrale della CIA a chiedere chi ha ammazzato Kennedy.
“Non possiamo rispondere, deve contattare la sede regionale a Lamezia”.
Viva la libertà -penso: un’azienda dal ruolo così delicato che impone il silenzio stampa ai suoi dipendenti? Che bella partenza.
Telefono al numero fornitomi e parlo con un dipendente di Lamezia col quale devo insistere per poter avere un colloquio telefonico con un dirigente. “Chiami tra un quarto d’ora”.
Parlo stavolta con una ragazza che dimostra l’intelligenza e la chiara vivacità intellettiva di una scatola di pomodori pelati da mezzo chilo, in offerta.
Senza farla lunga, avrete già capito che “il permesso” mi è stato negato. Me ne vado, riprendo la stradaccia, avviandomi verso il nuovissimo svincolo di San Leo, ma pochi minuti dopo, mentre mi aggiro per una campagna assolata e felice, una telefonata dell’editore mi informa che i vertici della Locride Ambiente (società a capitale misto co-gestrice dell’impianto) sono disponibili al colloquio.
Ah.
Anche questo giochetto lo conosco.
Il giorno dopo parlo con l’amministratore delegato, Andrea Falvo, e col direttore tecnico Gugliotta, i quali negano recisamente che possa svilupparsi cattivo odore dall’impianto, poiché la sede dove avviene il trattamento è dotata di una pompa con ventole, e di un modernissimo sistema di filtraggio.
Vengo investita da una gran mole di informazioni tecniche che a dire il vero, mi servono come un due di picche in un full di quadri. Ogni risposta sembrava tesa ad evadere la domanda centrale.
Secondo i vertici di Locride Ambiente il cattivo odore è più probabilmente imputabile al mancato svuotamento dei cassonetti, specie nei giorni festivi, o ai camion che durante il trasporto ammorbano l’aria con trasudo fetido o da discariche abusive adiacenti l’impianto di smaltimento.
L’impressione totale che traggo da questa modesta inchiesta, è che la reticenza genera sospetto, e che risposte tecniche, laddove ci sia bisogno di un sì o un no, convincono poco.
Che ora è? – Giovedì.
Non può non destare altre perplessità la stradaccia-discarica, che sembra proprio un sistema di dissuasione: una strategia tipica del governo centrale e degli enti locali per evitare gli impiccioni e i giornalisti in zone che devono rimanere riservate agli addetti ai lavori.Tornandomene a casa ho attraversato uno scorcio di campagna sidernese: semplice, forse sì, pochi fiori di campo, oxalis color giallo a 200 watt, vaporose crucifere bianche, invadenti cardi, sulla rossa come una pornodiva, qualche timido fiore di lino che nel bagliore del sole mattutino perdeva del tutto la sua impercepibile sfumatura azzurra, diventando di un bianco sparato.
Non certo l’esplosione dei meadow inglesi o delle praire oudolfiane. Una una quiete solida, domestica, “normale”, in cui si avvicendano i piccoli fatti della quotidianità; orti, vasi di fresie, carciofi, ulivi dai tronchi mossi, gatti che predano tra l’erba, come nelle fiabe.
Allo svincolo il complesso circuito viario mi riporta duramente alla realtà del paesone. Alla mia sinistra una vecchia scuola dei tempi di Mussolini, e a destra un groviglio di asfalto e righe di mezzeria come a Chicago.
Per sempre la doppia anima di una terra abbandonata: da un lato l’incontaminata bellezza, e dall’altro la grave mano umana che incombe come un destino fatale.
Ma la campagna sidernese non è ancora morta ai miei occhi.
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