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La cantieristica preistorica: Navi da guerra e navi da carico

Creato il 09 aprile 2013 da Pierluigimontalbano


di Pierluigi Montalbano

La cantieristica preistorica:  Navi da guerra e navi da carico
L'annoso problema destato dall’individuazione della tipologia delle navi nuragiche ha provocato l'interesse di studiosi dei più differenti campi disciplinari. Ritengo sia opportuno partire da una classificazione basata sull'obiettivo che ci si poneva al momento della progettazione: navi da guerra o naviglio per il commercio. La tipologia di queste navi era differente anche se non possiamo escludere che in caso di necessità venissero usate ambedue per lo stesso scopo. Si deve considerare che l'affidabilità in mare aperto delle antiche navi doveva porre notevoli problemi, è pertanto ipotizzabile che ambedue le tipologie seguissero rotte non lontano dalle coste. Una prima comparazione possibile riguarda la velocità, sicuramente più ricercata nelle navi da guerra che, infatti, utilizzavano la doppia propulsione remi e vela. Una seconda considerazione riguarda l'aspetto strutturale, visto che la struttura portante della nave da guerra convergeva sicuramente nel rostro, il quale, a sua volta, null'altro era se non l'estremità prodiera della chiglia, asse portante dell'intera imbarcazione.
La distanza tra i porti doveva essere coperta dal naviglio a una velocità tale da consentire all'equipaggio una sosta per l'approvvigionamento dell'acqua e dei viveri prima di ripartire per la nuova destinazione. Ciò comportava una conoscenza abbastanza approfondita di tutti i luoghi nei quali era presente l'acqua potabile. Quando si progettava un viaggio si doveva calcolare il tempo di sopravvivenza a bordo, ed era dunque basilare conoscere la velocità di crociera della nave che, per quei tempi, doveva aggirarsi intorno ai tre nodi all’ora, pari a circa 5 km/h. Durante la navigazione era utilizzata unicamente la vela, a meno di rotte brevissime dov'erano sufficienti i remi, ma le navi da guerra richiedevano alta manovrabilità e quindi, prima degli scontri, l'albero e la vela venivano smontati e durante il combattimento entrava in uso esclusivamente la propulsione a remi.
In caso di guerra la partenza delle flotte doveva avvenire al tramonto, in modo tale da permettere alle navi di giungere sul teatro delle operazioni all'alba. Una considerazione importante scaturisce dalla direzione verso la quale veleggiavano le navi: era preferibile un attacco da est verso ovest così da avere il vantaggio del sole alle spalle, e quindi di divenire visibili sono negli ultimi istanti prima della battaglia. Il tipo più elementare di nave da battaglia è certamente costituito da un’imbarcazione aperta, cioè senza ponte di coperta, mossa esclusivamente dalla forza dei rematori e dunque senza l'ausilio della vela.
La cantieristica preistorica:  Navi da guerra e navi da carico
Se per le navi da carico era fondamentale un'ampia carena, atta a contenere un carico quanto più cospicuo, a discapito di velocità e di agilità, per le navi da guerra era invece indispensabile la rapidità di manovra, alla quale era affidata sostanzialmente la loro salvezza. Quindi, l'imbarcazione destinata al combattimento doveva essere non solo più lunga che larga, come si conveniva e ovviamente si conviene a ogni tipo di natante, ma la lunghezza era esasperata appunto per ospitare il maggior numero possibile di rematori.
Possiamo ipotizzare, d’accordo con Bartoloni, per le navi da carico un rapporto tra lunghezza e larghezza che si aggirava sul 3:1, per quel che riguarda le navi da guerra il rapporto si spostava attorno al 6:1. Ciò che caratterizzava i natanti destinati alla battaglia erano quindi la lunghezza e la relativa esilità, che, se le rendevano mal governabili con mare agitato, ne facevano un dardo nella corsa e un ariete nell'impatto. Questo comporta che sia per struttura sia per forma il naviglio da guerra era del tutto inadeguato ad affrontare grandi traversate e mare agitato, pertanto la maggior parte delle battaglie si svolgevano in prossimità della costa. Un comandante situato a poppa e un ufficiale che trovava posto a prora, dirigevano l'equipaggio addetto alla manovra della vela e a difesa della nave.
Lo spazio a bordo era limitato poiché ogni rematore aveva evidentemente a disposizione non più di 1 metro quadrato, ma in relazione alla durata del viaggio le navi dovevano prevedere un luogo nel quale sistemare l'albero e la vela durante la battaglia. Pertanto nei tragitti di lunga durata occorreva trovare posto sul ponte anche per l'alberatura.
Contrariamente alle comuni convinzioni che attribuiscono alle navi antiche unicamente la possibilità di essere spinte da venti posteriori, la vela, opportunamente orientata e parzialmente raccolta con l'aiuto delle manovre volanti, poteva consentire l'andatura della nave non solo con il vento in poppa, ma anche con vento al traverso. Gli scafi più grandi dovevano essere dotati di un ponte praticabile per tutta la larghezza, nonché di due castelli, eletti rispettivamente a prua a poppa nei quale trovano posto le catapulte che lanciavano pietre o frecce infuocate sulle navi avversarie. Davanti al castello di prua veniva eretta l'insegna simbolica o una statua della divinità sotto la cui specifica protezione era posta la nave. In altri casi si trattava di riproduzioni animali o demoni, destinati a incutere timore nel nemico.
La cantieristica preistorica:  Navi da guerra e navi da carico
Il materiale da costruzione era importantissimo: cipresso, cedro e quercia forniscono il legname più duro, resistente e inattaccabile da insetti parassiti, disponibile su larga scala nel bacino del Mediterraneo e costituiva le parti nobili dello scafo. Il pino e l'abete, più facilmente reperibili, erano preferiti per le parti periferiche della nave.
Le tecniche costruttive sono ancora oggi in uso nel Mediterraneo per la costruzione delle imbarcazioni da pesca tradizionali. La costruzione del natante aveva luogo impostando la chiglia e quindi le ordinate e i bagli, che ne costituivano l'ossatura. Su questi era appoggiato il ponte di coperta, mentre sulle ordinate era impostato il fasciame esterno e interno. All'esterno, lo scafo era calafatato e ricoperto interamente con pece, possiamo dunque ipotizzare un'immagine totalmente nera delle navi.
I sistemi di navigazione erano differenti secondo la distanza e del luogo di destinazione. Per le brevi distanze era utilizzata la navigazione di piccolo cabotaggio che avveniva tenendo costantemente in vista la costa. Ma ciò era teoricamente possibile in condizioni di visibilità eccellente entro un arco inferiore le 50 miglia, quindi per raggiungere alcune isole o per tagliare il Mediterraneo da nord a sud era necessario praticare la navigazione d'altura. Questa di norma avveniva orientandosi con il sole e con le stelle o, in loro mancanza, per mezzo di altri indizi quali ad esempio l'umidità e la temperatura del vento o la direzione delle correnti. Un ulteriore sistema utilizzato per reperire la direzione e la distanza della terra più vicina durante la navigazione d'altura era quello di imbarcare alcuni volatili e di liberarli quando si volevano avere informazioni utili sulla posizione della nave e sulla sua distanza dalla costa. Infatti, una peculiare caratteristica di alcune specie, quali i passeracei, è il volo corto, quindi, se la terra era per loro troppo distante, rientravano a bordo. Troviamo questo espediente nella narrazione biblica del Diluvio Universale, mentre la testimonianza archeologica più significativa è fornita dalle navicelle nuragiche bronzee, che talvolta recano sulle battagliole numerose figurazioni di volatili.
Nelle immagini:
Nave egizia del XV a.C., Tebe, dalla tomba di Kenamum.
Nave filistea (per gentile concessione di Franco Montevecchi)
Nave punica di Marsala (per gentile concessione di Franco Montevecchi)


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