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Eccola la Terra del Fuoco, l’ultimo lembo di mondo abitato prima della bianca solitudine dell’Antartide. Un nome strano, vero? Sembra che questo nome venga direttamente da Magellano che attraversando lo stretto che porterà il suo nome vide delle colonne di fumo provenire dagli accampamenti degli indios Yamana. Decise di chiamarla Terra del Fumo ma qualche tempo dopo un re spagnolo pensò che dove c’è il fumo non manca il fuoco e allora la ribattezzò Terra del Fuoco. Altri sostengono che la regione abbia preso il nome dal colore rosso delle sue montagne. Quello che mi sembra certo che da queste parti le cose si chiamano in modo diverso da quello che sono veramente. Terra del fuoco per indicare una terra ghiacciata e spazzata dai gelidi venti antartici, oceano Pacifico per indicare un mare che pacifico non è quasi mai, Capo Horn, il mitico tratto di mare dalle mille tempeste e dai mille naufragi che prende il nome da una piccolissima e tranquilla cittadina di immobile mare olandese perché olandese era il capitano della nave che gli diede il nome. Mi chiedo se questa faccenda dei nomi possa valere anche per Arezzo. Non mi riferisco naturalmente alla sua toponomastica, ma per esempio al mondo della sua politica, peraltro, temo non molto diverso da quello di tante altre città. Quante parole si usano a sproposito, quante parole diventano ora involucri vuoti ora contenitori di significati esattamente agli antipodi di quanto si intende. Ci sono parole che sono delle sorte di passe-partout, buone per tutte le stagioni e tutti gli orientamenti politici, parole che sembrano giustificarsi per se stesse e che comunque ci devono essere sempre e comunque: parole come sviluppo, come legalità, come democrazia, su cui tutti sono d'accordo, ma a cui poi, per non farle suonare vuote, bisognerebbe attaccare qualche altro concetto. Per dire, c'è sviluppo e sviluppo: e credo che ad Arezzo questo si sia dovuto imparare anche dal punto di vista delle grandi questioni urbanistiche e strutturali.La capitale, si fa per dire, della Terra del Fuoco è Ushuaia. La città più australe del mondo. Non ci crederete ma, anche questa volta, ho incontrato un gruppo di aretini in vacanza. Ed è sempre un'emozione, ritrovarsi un pezzo di casa in una terra così lontana.Ormai è di moda andare a Ushuaia farsi fotografare sotto il cartello con la scritta “fin del mundo” e tornare nella nave da crociera o negli alberghi a quattro stelle. Ormai non c’è pacchetto turistico in America Latina che non preveda un salto a Ushuaia. Peccato che anche qui prevalga questa mania del “mordi e fuggi”.Eppure è una città che ha un grande fascino. I dintorni sono il luogo ideale per esplorare parchi e sentieri non battuti lungo la cordigliera andina, oppure per fare un giro in barca e ammirare ovunque leoni marini, cormorani, elefanti marini e pinguini in piena libertà. E poi c’è da vedere il Bagno Penale. Quello che è stato una delle carceri più famose e dure del mondo oggi è un museo marittimo. Nelle piccole celle dei terribili bracci gelati si possono trovare le storie maledette di alcuni galeotti celebri per le loro gesta criminali tra cui alcuni italiani. Nel bagno penale soggiornarono anche prigionieri politici relegati alla fine del mondo da governi illiberali e dalle dittature che hanno, in fasi alterne, segnato l’Argentina.Ma la cosa che incuriosisce di più e che notano in pochi è la Capsula del Tempo. E’ una strana piramide collocata nella piazzetta davanti al porto e proprio davanti alla Oficina Antartica, il posto dove si compra il biglietto per andare con il rompighiaccio in Antartide. Questa piramide in cemento armato contiene sei dischi video laser e le copie delle trasmissioni televisive del 1992 e non sarà aperta che nel 2492. Il tutto, presumo, destinato agli abitanti del futuro perché sappiano come si viveva cinquecento anni prima. Chissà, sempre se il pianeta sarà ancora abitato e avrà resistito allo scioglimento dei ghiacci cosa diranno le future generazioni. Sicuramente si faranno un sacco di risate.E l'indolenza di questo pomeriggio alla “fine del mondo” mi porta davvero lontano con le mie fantasie. Ancora una volta l'immaginazione mi riporta a casa, a quindicimila chilometri di distanza. E penso a una Capsula del Tempo adArezzo: chissà, magari potrebbe contenere i telegiornali delle nostre emittenti locali, i microfilm delle pagine di cronaca dei nostri giornali. Raccogliere insomma tutti i litigi, le polemiche, le proposte, le affermazioni e le smentite di questi nostri giorni, nell'anno di grazia 2010.
E non dico di tenere tutto sigillato per mezzo millennio. Mi sa che basterebbe anche molto meno, magari un solo secolo. E sarebbe davvero divertente poter sapere oggi cosa di noi penseranno i nostri posteri. Cosa di tutto questo che a noi oggi sembra così importante, decisivo, irrinunciabile. http://picasaweb.google.com/titobarbini26
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