Quando leggiamo una storia, siamo inevitabilmente attratti dal protagonista, proviamo le sue stesse gioie e le sue stesse sofferenze, abbiamo le sue stesse speranze e gli stessi sogni. Perché una storia sia coinvolgente è fondamentale, dunque, che il protagonista piaccia ai lettori e che questi possano in qualche modo riconoscersi e ritrovarsi in esso. Allo stesso tempo, anche l’autore deve avere un rapporto positivo con il personaggio principale, anzi, a volte è inevitabile avvertire tra le righe la stima e l’attaccamento che egli prova per lui, fino a sfociare in un istinto quasi protettivo nei suoi confronti. Non è difficile percepire il protagonista come un figlio, ovviamente partorito dalla propria immaginazione, che si tende a prendere per mano per condurlo attraverso la storia e trarlo fuori da una situazione spiacevole.
A volte mi chiedo se sia possibile che il carattere di un personaggio, in questo caso il protagonista, sia determinato dall’atteggiamento che l’autore ha nei suoi confronti, proprio come il comportamento di una madre forgia l’indole del figlio. Data la relazione autore-personaggio, proprio come si fa in psicologia, potremmo quindi immaginare due possibili macro tipologie di protagonista: uno “debole” creato da un autore iperprotettivo, e uno “forte”, che ha per genitore un autore più disposto a fargli subire delle cicatrici, fisiche o psicologiche. Capita poi che, proprio come i figli, anche i protagonisti “sfuggano dalla penna” del proprio creatore per formarsi il proprio carattere.
Fatta questa premessa, possiamo analizzare le caratteristiche di questi due macro-tipi di personaggi, i loro punti di forza e quelli di debolezza. In quest’analisi non si intende dare alcun tipo di giudizio positivo o negativo nei confronti di questi due tipi di protagonisti, la debolezza o la forza del personaggio è vista come una caratteristica derivante dall’atteggiamento dell’autore nei suoi confronti.
Protagonista debole
La definizione di protagonista debole non si riferisce in modo diretto e preciso a un personaggio di costituzione delicata o gracile, dal carattere buono e mite, ma piuttosto a una personalità che, trovandosi in totale balia degli eventi o di fronte a situazioni difficili da affrontare, è incapace di fronteggiarla o di agire per cambiare la propria condizione. Sono quei protagonisti che, metaforicamente parlando, se ne stanno al centro della pagina, in attesa che qualcuno o qualcosa, una sorta di deus ex machina, intervenga per risolvere una situazione di stallo. Ricordano un po’ la principessa delle fiabe, rinchiusa nella torre più alta del castello in attesa che il principe azzurro venga a salvarla. Spesso sono personaggi non particolarmente predisposti all’azione, statici e inconsistenti dal punto di vista psicologico, a volte stereotipati, quindi senza una forte caratterizzazione. Credo sia difficile far apprezzare questo personaggio e, a lungo andare, potrebbe far sorgere nel lettore una specie di antipatia nei suoi confronti, a causa dell’autocompatimento a cui potrebbe essere soggetto.
Possiamo immaginare una situazione tipo di un personaggio debole che viene abbandonato dal suo grande amore, cosa fa? Si piange addosso e passa intere e numerose pagine a chiedersi il perché e il per come la storia sia finita? Aspetta che il suo amore torni da lui? Oppure finisce per buttarsi da una scogliera?
Protagonista forte
I personaggi forti sono quelli che riescono a prendere atto di quello che gli circonda attorno e vanno avanti, in sostanza riescono a cambiare più facilmente e, mano a mano che le situazioni vengono affrontate, riescono a diventare sempre più forti. L’errore in cui si può incappare quando si ha a che fare con questo tipo di caratterizzazione è una sorta di “delirio d’onnipotenza”, in cui il personaggio di turno riesce a tirarsi fuori da ogni situazione, anche la più estrema, senza neppure un graffio o un’incrinatura dell’anima. Un personaggio come questo potrebbe essere definito un falso forte, perché l’autore iperprotettivo continua a condurlo tenendogli una mano sugli occhi, rendendogli facile la vittoria e rendendolo quindi un personaggio debole.
Prendiamo la stessa situazione di prima; cosa fa un personaggio forte? Probabilmente piange un po’ e poi si rialza e va avanti, magari tenta di riconquistare l’amore perduto, forse invece decide di andare avanti per la propria strada.
La capacità di un personaggio di essere forte o debole dipende per lo più dalle situazioni che gli sono poste davanti dall’autore; se è vero il detto che Dio non dà più di ciò che si può sopportare, allo stesso modo l’autore adatta il corso degli avvenimenti a ciò che il proprio personaggio può reggere senza finire schiacciato dagli eventi. Per questo a volte diventa difficile catalogare un personaggio come forte o debole. È ovvio inoltre che la caratterizzazione tra forte e debole può dipendere anche dai diversi punti di vista da cui lo si osserva.
Dunque, quale dei due è quello vincente? In realtà non c’è una vera e propria risposta a questo quesito, perché il successo o meno di un protagonista dipende da molti fattori, non ultimo dei quali la predisposizione stessa del lettore nei suoi confronti e l’empatia che riesce a suscitare. Probabilmente quelli migliori sono i personaggi che hanno un giusto bilanciamento tra forza e debolezza, quelli che, come detto prima, “fuggono dalla penna del loro creatore”, crescendo e cambiando.
Voi cosa ne pensate dei vostri personaggi e che tipo di autore credete di essere?
Elena Lucia