Bertrand è un giovane studente di medicina, un giorno, insieme all’amico Guillame incontra Suzanne; la ragazza lavoratrice di giorno e studentessa di sera, si dimostra subito aperta alla nuova amicizia e Guillame, più spigliato rispetto al compagno, la seduce subito. Una sera, però, Guillame inizia a sedurre Sophie, tra lo sguardo cupo di Suzanne e l’imbarazzo di Bertrand.
Bertrand disapprova ogni giorno di più il comportamento di Suzanne, per lui la ragazza non ha amor proprio e si dimostra troppo disponibile nei confronti di Guillame, che presto la scarica, e del resto dell’universo maschile. Pur continuando a disprezzarla Bertrand si ritrova sempre più spesso in sua compagnia e non esita ad approfittarne, anche economicamente; lui è tuttavia attratto da un’altra ragazza, Sophie. Tanto Suzanne è spigliata ed aperta, tanto Sophie è chiusa ed inarrivabile e, per Bertrand rappresenta una sorta di donna moralmente perfetta.
Datato 1963 e secondo dei Sei Racconti Morali, questo mendiometraggio di Rohmer sottolinea in appena 52 minuti la capacità del regista di raccontare storie servendosi dell’ambientazione per delineare la psicologia dei personaggi.
La maggior parte delle scene avviene in interni: dai café parigini, alle stanze in affitto fino ai night-club; questi ambienti vogliono rispecchiare in primo luogo la psicologia di Bertrand: come essi sono cupi e privi di luce così la mente del giovane non è illuminata dal sole della libertà e vive solo di rigidi stilemi morali. L’indignazione nei confronti di una ragazza spigliata, forse dai costumi un po’ libertini, qual’ è Suzanne conferma la chiusura mentale di Bertrand; egli non sopporta i suoi comportamenti, sembra pudico ma, allo stesso tempo, non disdegna la sua compagnia, le cene e le serate da lei pagate e gli appuntamenti a tre con Guillame. Bertrand continua per tutto il film a giudicare la ragazza come fosse esterno alla vicenda, confermando così un comportamento assolutamente borghese.
Il borghesismo di Bertrand lo blocca alle apparenze, come si riscontra nel caso di Sophie: egli la considera una donna eccellente perché a differenza di Suzanne non si presta agli altri; ma in realtà il ragazzo non entra mai a far parte del suo mondo, ne ha solo una visione da esterno che prova la mediocrità delle persone che si fermano solamente all’ esteriorità.
Suzanne, d’altro canto, è la figura anti-borghese per eccellenza: essa vive alla giornata non curandosi del giudizio degli altri e andando avanti facendo leva solo sulla felicità personale, non tangendo a nessuno se non a se stessa. A differenza degli altri personaggi, studenti con famiglie alle spalle, lei è sola e provvede autonomamente al proprio sostentamento.
Nel ritratto che ne fa Rohmer gli uomini appaiono ancora infantili e legati ad un modello che proprio la generazione del regista ha cercato di sfatare; siamo agli inizi degli anni ’60, e in una città come Parigi, si cominciano già a far sentire quelli che saranno i capisaldi del maggio francese: la ricerca dell’indipendenza personale, l’estraniamento da una società vecchia e borghese e la libertà dei costumi.
Bertrand e Guillame fanno ancora parte di questa società da abbattere, come l’uno rappresenta la parte omertosa che basa i propri giudizi sulla forma, l’altro descrive quello spicchio di società dalla mentalità maschilista ed arretrata, che utilizza le donne come oggetti solo per un personale piacere.
L’unico personaggio che, invece, entra di diritto nel “mondo nuovo” è Suzanne. Pienamente indipendente sia materialmente che psicologicamente, dietro la sua figura rotondetta e un po’ svampita, racchiude tutte le prerogative di una vera e propria femminista.