una cartoleria storica in Italia
Ogni volta che incomincia la scuola è come se iniziasse un nuovo periodo con buoni propositi e tanta buona volontà. Purtroppo crescendo questo scopare un po’ e quindi perdiamo in parte la magia di questo periodo. Seduti sui banchi di scuola si ritrovavano gli amici, i compagni: cresciuti di un anno. Il compagno che ci faceva battere il cuore e la migliore amica. La preparazione a questo momento era importantissima e uno dei luoghi frequentati era la cartoleria. Ogni cartoleria tradizionale e è un po’ come il paese dei balocchi: entri e una turbinio di colori ti avvolge. Carte da regalo, sacchettino colorati, oggettini, giocattoli, penne, quaderni, cartella. Di tutto di più. LA domanda che sorge ogni volta è: ma come fa a starci tutto? E dopo l’altro quesito è: adesso cosa compro? Che luogo magico. Ovviamente avevo mia madre che mi indirizzava: quaderno a quadretti per la matematica, quaderno a righe per l’italiano. Copertina blu per matematica, per cui da lì la matematica per me è blu come l’italiano è rosso. Penne nuove che promettono un lungo anno e un bell’astuccio. Pure crescendo la magia della cartoleria non è mai passata: ovviamente non serve più il quaderno a righe o a quadretti, ma devo ammettere che di cose piacevoli o utili la cartoleria è piena. Vi ricordate per esempio la carta assorbente che serviva per asciugare l’inchiostro delle penne stilografiche con cui bisognava scrivere a scuola? Adesso sono del tutto introvabili soprattutto perché le nuove esigenze sono di saper usare un computer più che una stilografica. La cartoleria è quel luogo dove un signore o una signora pacata dietro il bancone ha tutti quegli oggetti affascinati e dove , nell’aria, c’è odore di carta e di gomma da cancellare. In ogni modo molte cartolerie stanno scomparendo perché gran parte del materiale per la scuola si trova anche nei centri commerciali. Nessuno vuole criticare il progresso, ovviamente per me la cartoleria rimane un luogo magico ed anche adesso, quando ci vado da adulta, mi sento un po’ come pinocchio nel paese dei balocchi.Magazine Cucina
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