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La cartolina di Roma firmata Woody Allen

Creato il 22 aprile 2012 da Yellowflate @yellowflate

La cartolina di Roma firmata Woody Allen“To Rome with love” già il titolo dice tutto. “Da Roma con amore” è il più classico titolo delle cartoline e infatti quella del regista di “Manahattan” non è altro che una cartolina creata con raffinata ingenuità. L’Allen di questo film è naif, leggero, ragginge la sua massima armonia nelle inquadrature della città eterna, inquadrature in movimento, staccate da terra, il tutto teso a creare uno sguardo fluttua sulle bellezze e sulla magia della capitale. Roma è magica e la leggerezza delle inquadrature del regista rappresenta questa magia in maniera fluttuante, irrazioneale ma soprattutto presente. Perché questa magia si sente, è come un venticello di primavera, accarezza, è quasi concreta ma in ogni caso si fa sentire. Sono le vedute di: piazza Venezia, piazza Navona, piazza del popolo, piazza di Spagna, i campi lunghi dedicati alle viuzze pittoresche di Trastevere, le vedute panoramiche del centro della capitale, col cupolone di Michelangelo che spunta più altri di tutto, dominando il paesaggio con la sua armonia. Il tuttè è fatto in uno stile chagalliano che, però, a contatto con lo spessore e l’esuberanza dei palazzi romani, finisce col diventare soltanto il palcoscenico di un’orchestra barocca che soprende e avvolge nella sua sfarzosa e sovrabbondante armonia. Del resto il regista non fa altro, e di questo però ha grande merito, che dare a Roma un mezzo quasi spontaneo per esprimersi. Insomma Roma è la prima donna, e non potrebbe essere altrimenti. Passiamo ora al contenuto del film. La stessa leggerezza delle inquadrature dei paesaggi è trasferita alla trama delle varie vicende del film. Ma, mentra con la questo va bene perché si ha una straordinaria protagonista, con le vicende finisce per creare un mondo leggero come un palloncino, quasi inconsistente. Infatti qui non vi sono grandi prime donne, a parte Roberto Benigni e lo stesso Woody Allen, e neanche grandi orchestre di attori che possano dare l’impressione di spontaneità grazie alla leggerezza della regia. Ed ecco così che ci si dirige verso una piacevole banalità e il film diventa filmetto.
Non degno di essere messo a confronto con i grandi film di Woody Allen (“Io e Annie” e “Manhattan”) ma divertente e piacevole da vedere, magari solo per rilassarsi. Al centro di tutto c’è l’Italia secondo Woody, ovvero l’amore e il successo. Questi sono i santi adorati da noi italiani. E nell’adorarli siamo diretti, ingenui, belli. Quelli che vanno in scena sono i postumi dell’Italia berlusconiana. Per quanto l’impostazione data dall’ex premier sia chiara e in un certo senso autoritaria, noi italiani siamo riusciti ad italianizzare anche il berlusconismo, un pò col nostro buon senso, un pò con la nostra spontaneità-ingenuità, un pò col nostro “volemose bene”. Il film narra varie storie. Tra le più belle ci sono quelle che hanno come protagonisti Benigni e lo stesso regista. Il primo si trova ad essere famoso all’improvviso, senza sapere minimamente come, il secondo invece scopre un talento lirico che, però, riesce a cantare bene solo sotto al doccia. Queste sono le trovate più originali del film, poi ci sono storie che definirei minori. Ad ogni modo, l’amore narrato è straripante, per quanto spesso il film sia piatto. E’ l’amore naturale di due ragazzi che si conoscono per caso e si fidanzano, quello pentrantemente erotico di Penelope Cruz, che seduce in un giardino lussureggiante, è quello intellettuale e quasi inspiegabile di un ragazzo che si trova ad essere sempre più attratto della migliore amica della sua ragazza, libertina e ingannatrice, è quello trasgressivo fino al paradosso di una ragazza semplicissima che si lascia sedurre da un attore prima e da un ladro poi e infine quello sfacciatamente volgare di un uomo di successo che va a letto con amanti su amanti, fino a non poterne più. Ecco, in brve sono questi gli amori in cui il tutto è immerso. Varie sfaccettature appaiono come l’amalgama dello stesso dolce. In fin dei conti tutti si mescolano tra loro. I personaggi, quasi marionette inermi, non possono che soggiacere a quella dolce e avvolgente forza che è l’amore. Ma questo, in un certo senso, è l’amore italiano. Ovvero è l’amore inteso come spontaneità, come naturalezza, come semplice e potente forza dell’esistenza. Esso non riserva colpi di scena o momenti spettacolari ma è racchiuso nella leggera e sensibile piccolezza di un’esistenza. Nasce in un caso da due giovani che si ubriacano mangiando un sugo stracolmo di vino, in un altro dall’incontro fortuito e sensuale. In questo caso non si può non raccontare l’episodio di una ragazza che sta per tradire il marito con un attore famoso che ha sempre ammirato. Si fa mille scrupoli ma alla fine decide di cedere, quando entra un lado che, armato, si fa dare soldi e gioielli. Nel frattempo bussano alla porta la sicurezza dell’hotel e la moglie dell’attore. Così i tre uniscono le forze e, mentre l’attore si nascone, il ladro e la ragazza fanno finta da fare l’amore. Alla fine tutti crederanno di aver scambiato camera, l’attore ringrazierà il ladro e gli donerà oro e orologogio e quest’ultimo, dato che si trova già a letto con la ragazza, le chiede di fare l’amore e lei accetta senza pensarci due volte. Perché “E’ l’occasione che fa l’uomo ladro”.
Altro argomento principale è il successo. Quello narrato è per lo più il successo nel senso mediatico del termine, ovvero quello ottenuto dall’oggi al domani senza nessuno sforzo e senza nessuna qualità. Emblematica è la storia che vede come protagonista Benigni, il quale diventa famoso a sua insaputa, per poi capire che lo è diventato per caso, perché non c’è un motivo per diventarlo, esso non conosce il merito ma tende solo ad esaltare un individuo qualunque e mediocre. Così il “malcapitato” si trova assalito dai paparazzi ogni giorni, i quali gli chiedono cos’ha mangiato a colazione o se porta i boxer o gli slip. Lui inizia a godere dei vantaggi dopo un pò (portarsi a letto ogni donna che desidera) ma alla fine ne uscirà stremato. Nel film il successo è rappresentato come una sorta di esplosione carnevalesca, piena di coriandolo sovrabbondanti ma totalmente vuota nel contenuto. E’ una critica leggera e fantasiosa al modello che abbiamo avuto per anni, quello del successo facile. Ma alla fine la condizione umana non lascia scampo: chi ha il successo non vede l’ora di toglierselo di dooso e chi non ce l’ha lo desidera gelosamente. A questa concezione va oltre la storia che vede come protagonista Woody Allen. Dopo aver scoperto un talento lirico che riesce ad esprimersi al meglio solo sotto la doccia, idea un metodo “all’italiana” per lanciarlo: porta la doccia sul palcoscenico e lo fa cantare mentre si lava. Il successo arriva ma è smorzato dal paradosso che lo rappresenta. Questo, assieme alla bonarietà del cantante lirico, lo rende a misura d’uomo, parte di se e non forza poderosa dalla quale essere dominati. Paradosso forse utopia di un successo che può convivere con l’essere umano, molto fantasioso e piacevole.

In conclusione, il film è diretto da una regia delicata e sapiente, questo è il suo punto di forza ma mette in scena storie che non sanno essere altro che storielle senza alcuna consistenza. La comicità è spesso sottile, da humor inglese, ma non mancano battute grossolane e prevedibile. Come ho già detto in precedenza, tutto è pervaso da una piacevole banalità che definirei da cartolina.

Francesco Rizzo


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