Ted è un ladro decisamente sfigato. Dedito a piccoli furti e borseggi, il giorno che decide di alzare il tiro ed entrare in una casa che sembra vuota e promettente, superando la paura per quel cancello che cigola e resistendo alla voglia di darsela a gambe, si ritrova in un bel salotto con sette cadaveri.
“Ted Lyte non ricordò mai di essere uscito da quella casa. Nel suo ricordo successivo era già fuori; e, come se l’orrore non fosse stato sufficiente, si risvegliò piombando in un nuovo incubo”.
In uno stato di confusione mentale, mentre le sue gambe continuano a correre, Ted sente dietro di sé i passi di qualcuno che lo insegue.
Questo è l’inizio de La casa dei sette cadaveri dell’inglese Jefferson Farjeon, autore poco noto in Italia, ma molto attivo nella prima metà del ‘900.
Ora che le serie americane ci hanno abituati a crimini sempre più feroci, frutto di menti estremamente perverse e disturbate, con S.I. – generalmente serial killer – che compiono con soddisfazione crimini ripugnanti, cuocendo a fuoco lento le loro vittime ancora vive, ecco che un bel giallo inglese con sette cadaveri sembra quasi riposante.
In seguito, sotto uno di quei sette cadaveri (sei uomini e una donna vestita da uomo) verrà
trovato un biglietto su cui è scritto: “Con le scuse del club dei suicidi”.Del caso si occuperà il brillante ispettore Kendall, affiancato da un giornalista free lance dalla natura romantica e impulsiva, Mr. Hazeldean. L’ispettore però non è convinto che si tratti di suicidio collettivo, anche perché ci sono diversi aspetti inspiegabili, a partire dal fatto che i presunti suicidi sono stati chiusi a chiave nella stanza che aveva le imposte delle finestre inchiodate. Inoltre i padroni di casa non sono tra i morti e risultano introvabili.
“Sette persone vanno da un tizio che conoscono per morire nella sua casa mentre lui non c’è?”: si chiede giustamente l’ispettore Kendall. E perché nella sala da pranzo, di fianco al salotto, c’è il ritratto di una bambina sorridente, con i capelli castani e gli occhi scuri, che ha il foro di un proiettile proprio nel cuore… ?
Il giallo sta vivendo una grande stagione grazie al notevole incremento nelle vendite, la vasta espansione geografica e l’impulso innovativo nella ricerca di stili narrativi. L’affermazione del romanzo poliziesco è attestata anche dai suoi numerosi filoni: thriller, noir, psicologico, hard boiled, police procedural, spionaggio e via dicendo. Se per un verso questo tipo di letteratura sembra prigioniera delle catene del genere, per un altro gode di una profonda flessibilità e libertà narrativa. Con la scusa di indagare un crimine, il poliziesco indaga attentamente l’animo umano e la realtà in cui viviamo.
Una lente d’ingrandimento, posta sulla morte, sul sangue, sul delitto, ci fa vedere da vicino tutte quelle cose che nella realtà sono tabù e che quindi non possiamo vedere, o toccare. Il giallo riguarda l’individuo, il suo posto nel mondo, la violenza
Jefferson Farjeon ha scritto circa 80 romanzi, prevalentemente gialli, più numerosi racconti e sceneggiature cinematografiche tra le quali va ricordata quella di Numero diciassette (Number Seventeen), il film girato da Alfred Hitchcock nel 1932.
La casa dei sette cadaveri è il primo di una collana di 20 gialli classici, legati al Corriere della Sera, che usciranno con cadenza settimanale: il prossimo sarà L’alibi di Scotland Yard di Don Betteridge. Un ultimo vantaggio di questo libro è che sono andata all’edicola e l’ho comprato per un euro!