e altri racconti
di Yasunari Kawabata
Titolo: La casa delle belle addormentate e altri racconti
Titolo originale: 眠れる美女 (Nemureru bijo)
Autore: Yasunari Kawabata (sito ufficiale – Wikipedia)
Nazione: Giappone
Anno prima pubblicazione: 1960
Ambientazione: Giappone, presente
Personaggi: Eguchi
Casa Editrice: Mondadori
Traduzione: Mario Teti
Postfazione: Yukio Mishima
Copertina: © Dea/Getty Images
Pagine: 152
Provenienza: Amazon
Note: il libro contiene oltre al romanzo breve del titolo altri due racconti, “Uccelli e altri animali” e “Il braccio”
Link al libro: IN LETTURA – ANOBII – GOODREADS
inizio lettura: 10 ottobre 2014
fine lettura: 20 ottobre 2014
Voto: 4/10
«Scherzi di cattivo genere, non ne faccia; non sta bene neppure infilare le dita nella bocca delle ragazze che dormono» raccomandò la donna della locanda al vecchio Eguchi.
[incipit]
Io coi premi Nobel ho dei problemi. Sì, ce ne sono alcuni che mi piacciono (vedi l’ultima lettura del genere, Quo vadis?), ma spesso proprio non li capisco. Kawabata è, sfortunatamente, uno di questi ultimi.
La casa delle belle addormentate è una locanda dove gli ospiti, uomini anziani, possono dormire accanto a giovani fanciulle immerse in un sonno profondo da cui non è possibile (né consentito) svegliarle.
Questo libro l’ho letto col Gruppo di Lettura LeggerMente
A me questo libro non è proprio piaciuto. Nella postfazione Yukio Mishima dice che nella produzione di Kawabata alcune opere sono palesi, altre invece di più difficile interpretazione, come appunto La casa delle belle addormentate. Voglio fidarmi di questo giudizio e pensare che sono io che non l’ho capito, e provare a dare un’altra possibilità a Kawabata con uno dei suoi scritti “palesi”. Ma questo comunque non cambia il mio giudizio su questo libro qui.
La trama è pressappoco quella che ho descritto all’inizio del post, non accade nient’altro, solo andiamo col protagonista Eguchi nella casa delle belle addormentate. Questa esperienza, di dormire accanto a ragazze giovani, bellissime e non coscienti, porta Eguchi a ricordare le donne della sua vita (quasi tutte amanti). Eguchi è probabilmente l’incarnazione fedele di un giapponese (ma in generale di uomo) quasi settantenne negli anni 60, però pur con tutta la contestualizzazione che riesco a dargli io proprio non sono riuscita ad apprezzare questo affresco. Perché si tratta di una storia profondamente maschilista. Dire che in questo libro la donna è vista come un oggetto è usare un eufemismo. Le ragazze della locanda sono vive, la cosa viene rimarcata spesso da Eguchi, ma di fatto stanno lì come oggetti da poter essere usati a piacimento dagli avventori. Certo, non c’è sesso (infatti la locanda è riservata a uomini anziani, clienti di cui “si può stare tranquilli” dice la tenutaria), ma la sensazione di sfruttamento non scema. Certo, le ragazze sono consenzienti, prendono il potente sonnifero volontariamente (o almeno questo è quello che ci è dato di capire), però lo stesso io non riesco a non vederla come una cosa raccapricciante. E la disumanizzazione di queste belle addormentate viene confermata dalla donna della locanda, alla fine, quando (e devo ammettere che non me l’aspettavo) una delle ragazze muore, e lei la porta via cercando di convincere Eguchi a tornare a dormire “tanto ce n’è un’altra”, come se le ragazze fossero oggetti interscambiabili, che se una “non funziona più” si può sempre sostituire senza problemi.. L’ultimo dei due altri racconti presenti in questo libro, “Il braccio”, porta a mio parere questa oggettificazione al parossismo: una donna si toglie un braccio per prestarlo al protagonista che ne aveva fatto richiesta.
L5R: Jade Pearl Inn by Alayna on deviantART
Il pensiero meno negativo sulle donne che traspare da queste pagine è che esse esistono in funzione della loro bellezza. Eguchi mi ha agghiacciato ad un certo punto quando si obbliga a immaginare che la ragazza che gli dorme a fianco sia brutta per non desiderare di strangolarla! Altro tema femminile presente nel romanzo è poi il culto delle vergini, altra cosa che mi ha dato moltissimo fastidio. Molte volte il protagonista esprime il concetto per cui per una donna perdere la verginità è una cosa vergognosa. Anche nei riguardi della figlia, che, mi è parso di capire, è stata violentata, l’abuso per lui passa in secondo piano perché la cosa importante è che aveva perso la verginità. E credo questo sia il motivo (sul quale lui si interroga spesso) per cui le ragazze della locanda sono tutte vergini: è un modo per essere più sicuri che gli ospiti non abusino di loro mentre sono incoscienti, perché l’unica preoccupazione di Eguchi è che se violasse la regola della casa la ragazza poi non sarebbe più vergine, ma l’idea di averle comunque usato violenza non lo sfiora nemmeno.
Il secondo racconto, “Uccelli e altri animali”, è un po’ diverso dagli altri due perché non si concentra sulle donne, ma non è tanto meglio in quanto si parla invece di crudeltà verso gli animali, in particolare da parte di uno che ama circondarsene e vivere con loro.
Neanche i personaggi posso dire che mi siano piaciuti. Eguchi è anziano, potrebbe suscitare tenerezza, ma diventa ben presto odioso, e non solo per come si relaziona con le donne, è anche antipatico il modo in cui continua a sentirsi migliore degli altri ospiti della casa (che lui comunque immagina soltanto, neanche li conosce), anche se quest’ultimo sentimento è talmente umano che non riesco a fargliene completamente un torto. I protagonisti dei due racconti li conosciamo meno bene data la brevità degli scritti, ma non sono comunque personaggi piacevoli.
Tokiwa Hotel, Yamanashi 3 by ecchunter on deviantART
L’ambientazione… ecco, l’ambientazione è l’unica cosa che mi è piaciuta, e non poco. Compare solo a momenti, e ogni volta mi ha sempre affascinato, dalle descrizioni della natura e delle stagioni, ai gesti dei personaggi (come il tè verde servito nella casa ad ogni visita) fino anche alla semplice descrizione della stanza da letto con quei velluti cremisi così asfissianti.
La parte più difficile per me, in generale e in casi come questo in particolare, è fare un commento sullo stile. Il romanzo e i racconti a me non sono piaciuti, ma mi verrebbe da dire che la colpa non è stata assolutamente dello stile bensì dei temi trattati. Ma quanto di questo è davvero la mia vera opinione, e quanto invece è derivato dal fatto che Kawabata ha vinto un Nobel e io non riesco proprio ad accettare che uno scrittore ritenuto così importante non mi sia piaciuto quasi per niente? Dico quasi poi perché comunque alcuni aspetti li ho apprezzati. In particolare, come ho detto prima, ho trovato efficacissima la descrizione dei cambi di stagione che intervengono tra una visita e l’altra di Eguchi alla casa, oppure anche, nell’ultimo racconto, la nebbia che affligge la città, quell’umidità soffocante e pericolosa che trasmetteva davvero un senso di costrizione.
La copertina di questa mia edizione mi è piace molto, è delicata e a tema col libro. Il titolo anche, non posso negarlo, è affascinante.
Il segnalibro che ho usato durante la lettura è stato realizzato da me in occasione dello scambio di Segnalibri@Tema di GIUGNO 2010 (tema: PAESI E CULTURE) nel gruppo Readers Challenge; l’ho banalmente scelto perché a tema col Giappone.
Commento generale.
Kawabata ha vinto il premio nobel per aver rappresentato il “pensiero giapponese”. Sapendo questo, se vi dico che dopo aver letto questo libro m’è passata la voglia di leggere qualsiasi altro autore giapponese, potete capire quando poco questa lettura mi sia piaciuta. Ovviamente non è vero che smetterò di leggere autori giapponesi (anzi, come ho detto prima o poi ci riproverò con lo stesso Kawabata), però resta il fatto che questa lettura proprio non mi è piaciuta e questo autore mi ha deluso moltissimo. Forse si tratta di una scrittura troppo maschile perfino per i miei gusti (che spesso si trovano a concordare più con quelli classicamente attribuiti all’universo maschile che a quello femminile), ma sono arrivata addirittura a detestare queste pagine.
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Si sentì un rumore che si allontanava, con ogni probabilità era la vettura che trasportava il corpo della ragazza bruna. Forse lo portavano alla stessa ambigua locanda termale dove era stato portato il cadavere del vecchio Fukuyoshi.