La Casa (di Fede Alvarez, 2013)

Creato il 04 giugno 2013 da Frank_romantico @Combinazione_C

Chi mi segue da un po' lo sa, io non sono un fan dei remake. Non che non mi piacciano, semplicemente non mi interessano: il più delle volte è come guardare tante volte lo stesso film, solo sempre più brutto e meno divertente. Però partire prevenuti (cosa impossibile da evitare, soprattutto quando si è dotati di gusto) è una cosa che trovo intellettualmente sbagliata, quindi i remake io li guardo e continuerò a guardarli.Guardare il remake de La Casa mi ha portato a diverse riflessioni. E quando un film ti fa riflettere, è riuscito in partenza, o almeno io la penso così. Ho riflettutto più che sul remake in se sui gusti dello spettatore medio contemporaneo. Mi spiego meglio: La Casa di Sam Raimi, l'originale, è un supercult del cinema horror. Però quando fu girato - credo fosse diretto a quel pubblico verso cui è stato indirizzato il suo remake anno 2013, più di trent'anni dopo. Era così per quasi tutto il cinema horror dagli anni '70 ai '90, con l'unica differenza che a quei tempi hanno girato veri e propri capolavori mentre attualmente girano (per lo più) solo cazzate. Da una parte c'è il problema delle idee: il regista (o lo scrittore) contemponaneo non ne ha. Ma la mancanza di idee non basta a spiegare la morte di un genere. Allora rimane una sola alternativa: è cambiato il pubblico, e non in bene. Perché nel 1981 Raimi si rivolse al suo e girò una pietra miliare con 4 dollari e tanti amici, nel 2013 invece ci becchiamo Lords of Salem ed ecco tutti a fare la ola. C'è un problema di fondo, qualcosa di sbagliato, un vuoto culturale che fa cagare sotto, quello sì, dalla paura. E allora nasce il mito di un'età dell'oro che bisogna ripercorrere operando una semplificazione totale, sia mai qualcuno non capisca quello che vede.
"Ok, però ora ci dici com'è sto La Casa versione 2013?""Certo, scusami per il pippone..."

La Casa versione 20.13 diretta da Fede Alvarez è un bel film, soprattutto se lo iniziate a vedere 15 minuti dopo i titoli di testa. Non è però bello in senso assoluto, anzi: è bello esclusivamente per chi cerca un horror ricco di sangue - tanto sangue, pure troppo - corpi fatti a pezzi, demoni e chiodi piantati nel corpo. Perché è questo che c'è nel film, né più né meno. A produrre il tutto c'è Raimi, che per una volta non butta i soldi nelle solite porcate. Tecnicamente è girato con i controcazzi (scusate il francesismo), una bella fotografia di Aaron Morton sporca e malata e uno stile secco e tagliente. Alvarez non elemosina in sangue e splatter ma ricopre tutto di emoglobina e frattaglie, taglia le lingue, fa stuprare donne da demoni-radice e scarnifica volti con pezzi di vetro. Il suo film è distante anni luce dall'originale, non cerca di imitarlo, ne ricalca la trama, lo cita ma poi diventa un'altra cosa. E' tutto ciò non può che fare piacere, perché il paragone è impietoso oltre che improbabile. Infondo qui del Necronomicon e della rilettura ironico-lovecraftiana di una storia di demoni e possessioni non c'è traccia. Ci sono tanti soldini in più, questo sì, e per una volta non possiamo che esserne felici.
Prima ho parlato di saltare i primi 15 minuti. Perché? Perché per i quindici minuti iniziali ci viene propinato il solito spiegone inutile. E' la moda, lo capisco, e qui torniamo al discorso di prima: senza quello spiegone forse lo spettatore medio si troverebbe spiazzato e storcerebbe il naso. Si ritroverebbe con davanti un bagno di sangue, carne morta e violenza ingiustificata. Stop. Lo spettatore medio invece ha bisogno di giustificarla, sta violenza. Non capisce che la violenza deve essere intellettualmente onesta, non giusta. Non c'è niente di giusto a sto mondo, figuriamoci la violenza che è ingiustificabile a prescindere. L'industria però mette subito le mani avanti e spiega, crea un background ai personaggi e uno alla vincenda, inquadra tutto, mette ordine nel caos quando sono il caos e l'insensatezza a fare davvero paura. Ma non importa se lo spettatore di oggi è contento così. Anche gli altri difetti sono della stessa matrice, veniali, quelli che affliggono la maggior parte degli horror contemporaneiE per noi, spettatori di vecchia data allora, cosa resta? Resta un'ora e un quarto di divertimento, l'istinto che ti spinge a coprirti gli occhi in un paio di scene, le apparizioni che ricordano la tradizione orientale. E poi un nuovo regista su cui tenere gli occhi puntati (per vedere il cortometraggio che ha convinto Raimi andate qui), citazioni dovute sparse qua e la, compresa la cara vecchia motosega, e un attrice come Jane Levy di cui innamorarsi all'istante. A me basta questo, tra tutti i difetti e la ripetitività (o non-originalità) del caso.


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