“Quelle sciocche tenerezze che usano gli innamorati rischiano di cadere nel vuoto. Le parole vengono usate per quel che significano, non per il loro tono. Se avesse imparato a rifuggire da quel genere di conversazione sull’arte e sulla vita, e soprattutto sull’amore, per il quale il senso letterale è mortale, Karen avrebbe sofferto di più…”
Henrietta e Leopold, lei undici anni, lui nove. La prima guerra mondiale è da poco terminata. Entrambi giungono a Parigi per trascorrere una notte a casa della signora Fisher. La prima ripartirà il giorno dopo verso il Sud della Francia mentre il secondo attende l’arrivo della madre che conoscerà per la prima volta nella sua breve vita. Un’iniziale diffidenza tra i due si trasformerà in interesse e complicità ed è attraverso Leopold in particolare che veniamo a conoscenza dei retroscena della sua nascita; vicende il cui passato coinvolgono anche la signorina Fisher, figlia della padrona di casa.
“La casa di Parigi” (Sonzogno, 2015) di Elizabeth Bowen, divenuto un classico l’anno della pubblicazione, il 1935, è un romanzo sensibile, moderno e coraggioso, è il racconto di una società, quella inglese, nella quale l’amore era una questione che andava ben oltre le questioni dell’alta società.
Nella Londra di quegli anni ciò che più contava era ottenere i giusti abbinamenti tra uomini e donne in età di matrimonio e l’amore sarebbe eventualmente giunto da sé in un secondo momento. Nonostante, inoltre, le donne non godessero di tutti i diritti degli uomini qui ne abbiamo una versione differente: tutti i personaggi femminili sono infatti dotati di caratteri forti e preponderanti mentre ad essere più deboli sono proprio gli uomini che restano nello sfondo dei fatti.
Ma non è questo a colpire maggiormente de “La casa di Parigi”. Il capolavoro della Bowen è tale per la ricerca introspettiva dei personaggi che tentano di comprendere quale sia la strada più corretta da seguire, lo è per ciò che viene detto in modo velato regalando immagini molto più evocative di quanto delle semplici parole sarebbero in grado di fare.
Ogni cosa è narrata con aria sognante, con una passione talvolta spiazzante e la perdita dell’innocenza è il punto cardine dell’intera storia. Prima Karen e Naomi, poi la zia Violet e lo zio Bill, infine i piccoli Leopold ed Henrietta. Ognuno si pone a testimonianza di ciò che accade all’altro con curiosità e prodigalità, prima fra tutti la casa di Parigi, così misteriosa e pregna di segreti. Luogo attorno al quale le persone nascono, crescono, si espongono al futuro incerto, amano, meditano e muoiono.
Un pezzo di vita della scrittrice stessa la quale nata a Dublino nel 1899 si trasferì poi a Londra dove trascorse gran parte della sua vita. E qui entrò a far parte del mitico circolo di Bloomsbury la cui esponente più famosa fu Virginia Woolf della quale la Bowen divenne amica e venne certamente influenzata nella scrittura delle sue opere.
Anni addietro “La casa di Parigi” venne pubblicata dalla casa editrice Essedue, ma si trattava di una versione alla quale erano stati applicati dei tagli; la casa editrice Sonzogno ha invece il merito di riproporlo in versione integrale, tradotto da Alessandra di Luzio unitamente ad una esplicativa postfazione di Leonetta Bentivoglio.
Un piccolo gioiello rimasto nascosto, per quanto concerne l’Italia, da troppo tempo e che finalmente ha l’opportunità di venir letto ed amato come merita e come meritano i suoi protagonisti che entreranno a far parte delle nostre vite lasciando una traccia indelebile.
Written by Rebecca Mais