“La casa viola” di Marco SCALABRINO. Recensione

Creato il 17 settembre 2010 da Fabry2010

Marco Scalabrino è poeta e studioso del dialetto siciliano e della poesia siciliana, nonché traduttore in siciliano e in italiano di autori stranieri contemporanei. Attività che svolge da anni con serietà e dedizione ammirevoli, come testimoniano i numerosi saggi pubblicati su riviste cartacee e in rete. Scegliere di scrivere in un dialetto che, come tutti i dialetti, e non solo, è sempre più confinato dalla lingua italiana e da quelle straniere, attesta un forte sentimento di appartenenza etnica e culturale che, in tempi di fagocitante globalizzazione, è atto di resistenza. Come nelle precedenti raccolte (Tempu palori aschi e maravigghi e Canzuna), la poesia di Marco Scalabrino ri-crea un mondo dopo averlo accolto e metabolizzato nei suoni, nei colori, nelle espressioni; un mondo peculiare, unico, nel quale è possibile riconoscersi in ciò che di più profondo esso sa trasmettere, in ogni tempo e luogo, emotivamente e razionalmente. Ambendo questa poesia, come tutta la buona letteratura, all’universalità dell’ascolto, confermata qui anche dalla traduzione delle poesie nelle lingue più parlate (inglese, francese, spagnolo, brasiliano, scozzese e corso).
Con riferimento a quanto già scritto sulle precedenti raccolte (QUI e QUI), le poesie, anche in questo nuovo lavoro, sono strutturate con versi di pochi sintagmi, con parole soppesate che addensano suoni, sensi e umori del mondo evocato e restituito a sé stesso, e a sguardi altri, nel respiro di spazi interlineari in cui cogliamo una sommessa ironia e arguzia. Queste poesie sembrano comporsi partendo dalla musica, che l’orecchio fine del poeta capta calandosi nell’ascolto di quel mondo, vagliandolo e rianimandolo in brevi partiture che disegnano paesaggi inediti eppure familiari, nello spirito del luogo. Descrizioni spesso minime ma sapide, concentrate (ti facisti un pileri/lu pizzu/l’aricchinu.//E mi jisanti li manu.), che riassumono come in questo testo (Pileri) ricordo personale, condizione socio-ambientale e tratto antropologico; con registro ora lirico (Frivaru, che ci ricorda l’Ungaretti de L’Allegria), ora metafisico (Battaria); ora, marcatamente civile (C’è), a dimostrazione della duttilità del dialetto a dare voce a tutte le voci, là dove il silenzio è d’oro ma a vantaggio dei soliti noti; là dove i problemi e le difficoltà del vivere sono la piena di un fiume che esonda fino ai nostri piedi, e sembra mancarci l’aria, i movimenti: C’è catervi di cazzi di scardari/-droga travagghiu paci libirtà/giustizia malatia puvirtà… Un grido, quello del poeta, che può far male, o guastare il nostro equilibrio faticosamente raggiunto, o apparirci inutile, consunto; un grido senza il quale, però, sembrerebbe scontato il dolore, la sua condivisione lenitiva più, talvolta, del (l’im-) possibile rimedio. (GN)

*

Figghi

Aju dui figghi.

Una, di carni
sangu
lingua…

l’autra, di pezza
pezza..

Aju dui figghi
E basta.

(Figlie - Ho due figlie.//Una, di carne/sangue/lingua…//l’altra, di pezza/pezza.//Ho due figlie/e basta. – Trad. Maria Pia Virgilio)

*

Pileri

Ti canuscivi
gnocculu
cu li causi curti.

Scola Ottanta
scola e strata
strata Novanta

ti facisti un pileri
lu pizzu
l’aricchinu.

E mi jisanti li manu.

(MarcantonioTi ho conosciuto/moccioso/con i calzoni corti.//Scuola Ottanta/scuola e strada/strada Novanta//sei diventato un marcantonio/col pizzo/e l’orecchino.//E mi hai messo le mani addosso. Trad. Maria Pia Virgilio)

*

C’è …

C’è tanfu di morti e scrusciu di guerra.

C’è in giru arrè pi st’Europa lasca
crozzi abbirmati cu li manu a l’aria.

C’è surci di cunnuttu assimpicati
chi abbentanu, ogni notti di cristallu,
li picca l’esuli l’emarginati.

C’è forbici ammulati di straforu
chi tagghianu di nettu niuru e biancu
lu sud lu nord lu pregiu lu difettu.

C’è vucchi allattariati di murvusi
chi masticanu vavi di sintenzi
cu ciati amari chiù di trizzi d’agghia.

C’è svastichi c’è fasci c’è banneri
chi approntanu li furni a camiatura
cu faiddi di libra e di pinzeri.

C’è culi ariani beddi e prufumati
chi strunzianu fora di li cessi.

C’è di quartiarisi; c’è di ncugnari.

C’è catervi di cazzi di scardari
-droga travagghiu paci libirtà
giustizia malatia puvirtà…

E c’è na razza sula: chidda umana

(C’èC’è lezzo di morte e brontolio di guerra.//C’è ancora in quest’Europa lacerata/scheletriche braccia/le falangi contorte alzate al cielo,/le orbite ridotte vermicaio.//C’è topi di fogna assatanati/che azzannano/in notti di cristallo rosso-voce.//C’è subdole forbici affilate/che separano senza pietà/il bianco e il nero, il sud e il nord/chi ha diritto di vivere e chi può morire.//C’è bocche ributtanti/che vomitano sentenze dal fiato greve/più di spicchi d’aglio.//C’è svastiche c’è fasci c’è bandiere:/divampano i forni assassini/e ottuse lingue di fuoco/divorano sapere e civiltà.//C’è culi ariani lisci e profumati/che stanno facendo del mondo una latrina./C’è da stare alla larga;/c’è da tenerci stretti e far barricate.//C’è cataste di rogne da grattare/- droga, lavoro, pace, libertà/giustizia, malattia, povertà…//e c’è una razza sola: quella umana. – Trad. Flora Restivo)

*

Scarpi

Specialista di supratacchi e punti
patreternu di lazza e cirotti

smurfu
li cristiani
di li scarpi

Chi fini ficinu
li tochi di trentacinc’anni fa?

(ScarpeSpecialista di sopratacchi e punte/signore di stringhe e lucidi//decifro/gli altri/dalle scarpe.//Che fine hanno fatto/quei brillanti giovani/di trentacinque anni fa? – Trad. Maria Pia Virgilio)

*

Frivaru

Suli-pigghialu
di Frivaru.

Nta na seggia di juncu
a stenniri
l’arma mia
agghimmata.

(Febbraio – Sole incerto/di Febbraio.//Su una sedia di giunco/è stesa/l’anima mia/ingobbita. – Trad Maria Pia Virgilio

*

Battaria
(A Flora Restivo)

Avissivu a sentiri battaria stanotti

è sulu l’universu
nna tuttu lu so pisu
chi di ncapu a li mei spaddi
cu tramusciu d’ossa
e sangu e lastimi
paru paru
jusu jusu
nzina a li pedi
scinni
e nesci
e munciuniatu
di li visciri di la terra
subissa

nun vi spagnati.

(FrastuonoSe doveste sentire frastuono stanotte//è solamente l’universo/in tutto il suo peso/che attraverso me/con sconquasso di ossa/e sangue e spasmi/per intero/giù giù/sino ai miei piedi/scende/ed erompe/e sprofonda/sgretolato/nelle viscere/della terra//non state a preoccuparvi. Trad. Maria Pia Virgilio

*

La birritta
(Da L. Pirandello)

Nesciu!
Aju a sturnari di sta scorcia vili
virtuali
finuta.

Nesciu!
Vaju a ‘ttrappari dda fruntera lustra
viritera
aperta.

Nesciu!
Vogghiu azziccari la risposta giusta
salutiva
eterna.

Nesciu
-pi nun trasiri chiù –
cu la birritta.

(La berretta Esco!/Voglio lasciare questa pelle gretta/finta/finita.//Esco!/Ghermirò aperta/verità/di frontiera.//Esco!/Indovinerò la risposta giusta/salvifica/eterna.//Esco/-per non rientrare più-/nella berretta. – Trad. Enzo Bonventre)

*

Marco SCALABRINO
La casa viola
Edizioni del Calatino (Castel di Judica, 2010)
Prefazione di Flora Restivo Cugurullo

*

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