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La casta dei politici e il popolo bue

Creato il 16 maggio 2011 da Paopasc @questdecisione

Ogni tipo di dipendenza è cattiva, non importa se il narcotico è l'alcol o la morfina o l'idealismo. Carl Gustav Jung
La casta dei politici e il popolo bueBrevi note come premessa a un altro pezzo (in preparazione) sull'ultimo libro di Mario Giordano Sanguisughe. Il libro è agile, si legge rapidamente, la curiosità poi accentua l'effetto e in più, quando si spara sui politici, su tutti i politici, senza preferenze per l'uno o per l'altro, si è sempre tutti d'accordo.Dopo La casta di Stella e Rizzo, e tutte le altre caste, dei giornalisti, dei magistrati,  dei professori, dopo una serie fortunata di libri sui privilegi dei potenti, un altro volume su un altro dei tanti privilegi che la classe politica riserva a se stessa: le pensioni d'oro. Le cose che si leggono, e che in definitiva si conoscevano già, vanno dal grottesco all'assurdo, e chi legge, lo fa a rischio e pericolo delle sue secrezioni biliari. Dai baby pensionati alle pensioni d'oro, da chi percepisce una pensione con un giorno di lavoro a chi va in pensione un'ora prima di scrivere una legge, il paesaggio è vario ma il tema è uno solo: da una parte uno Stato Re  Mida, e tutti quelli che lo toccano si trasformano in oro, dall'altra, l'indistinta folla che alimenta quell'oro, i cittadini contribuenti.Ma ne parlerò prossimamente, con tanto di cifre.Quello che mi interessa approfondire adesso è la figura dell'uomo politico in sè.La casta dei politici e il popolo bueIl magico effetto dello Stato  nei confronti degli alti dirigenti e degli uomini politici di trasformare ogni assunzione in oro non è a costo zero. Non proviene da qualche recondito pozzo di San Patrizio dal quale si può attingere indefinitamente. Quell'oro siamo noi che lo portiamo: prima lo produciamo, poi lo portiamo al signore, al feudatario,  il ricco obolo che si deve pagare per avere uno Stato e qualcuno che ti comandi.Ho sempre pensato alla professione di politico in modo diverso. Ho anche cercato di spiegare qual è per me la differenza tra un politico e un amministratore: il primo, che ha alle spalle un partito, che poggia su un'ideologia (termine che ha acquisito un significato negativo dopo la grande crisi delle ideologie) basa il suo agire su ideali più che sulle buste paga (e sugli extra), il secondo, è un professionista del quale non interessa ciò che pensa del mondo ma solo quanto è capace di amministrare, è anche accettabile che guardi con interesse al suo compenso.
Una cosa notevole, che è giusto riconoscere agli uomini politici dell'era moderna, diciamo quelli dagli anni '50 in avanti (dopo che era passata la febbre idealista del dopoguerra) è che sono riusciti a distogliere l'attenzione dalle loro malefatte mettendo i cittadini-elettori uno contro l'altro. Hanno compreso che sulla base ideologica si possono condurre battaglie senza fine, si può fare gruppo additando il nemico dall'altra parte. A questo punto, il più era fatto. A chi vuoi che importava, dei sostenitori della classe politica al governo, se gli si faceva notare che la classe politica si arricchiva alle spalle dei cittadini e, del resto, quando quegli stessi sostenitori ribattevano che anche i politici dell'opposizione erano, in questo, simili a quelli al governo, erano forse creduti?Certo che no. Anche adesso, la barriera dell'appartenenza politica impedisce di vedere le cose nella loro giusta ottica. E' colpa della natura. Quando siamo di fronte a un  pericolo non ci curiamo dei dettagli del paesaggio. Lo stesso accade ai sostenitori di una parte politica: quando qualcuno aggredisce la tua parte politica senti come se fossi attaccato tu stesso, e reagisci di conseguenza, in modo cieco, senza badare ai dettagli.
I dettagli sono questi: le sanguisughe politiche sono ubiquitarie, tanto a destra come a sinistra, passando per il centro. Tutto l'arco costituzionale ne è coinvolto. Poche le eccezioni: di fronte ai soldi, cadono tutte le convinzioni e ideologie, l'uomo politico si trasforma in un essere vorace, che agguanta tutto quello che trova a portata di mano.Con in più un fattore che il codice penale definisce aggravante: l'ipocrisia. Da una parte annunciano a gran voce che è ora di fare sacrifici, che tutti devono farli, dall'altra, loro, si guardano bene dal farli, come dimostra il libro di Giordano, e i tanti altri prima del suo.
La casta dei politici e il popolo bueIl popolo bue è questo: siamo noi. Il capo ci dice di seguirlo e noi lo seguiamo. Il capo dice: armiamoci e partiamo, ma partiamo solo noi, lui resta. Però il capo sa che noi siamo portati a lamentarci, che dobbiamo prendercela con qualcuno ogni tanto. Se si instaura la convinzione che il popolo sta da una parte e il capo dall'altra, il popolo finirà con il prendersela con il capo. Non sia mai: troviamogli un nemico, qualcuno con cui litigare e sfogarsi.Così nascono le fazioni. Io scelgo i bianchi, un altro i neri. Nè io nè l'altro abbiamo nessun beneficio da questa nostra scelta e, del resto, la stessa scelta può essere fatta per tradizione, oppure per convinzione ideologica (solo di chi sta di qua, perchè di là dubito che ci credano). Eppure ci accaloriamo, difendiamo i nostri capi, ci scontriamo con gli alti sostenitori, in poche parole: ci scorniamo tra noi, e la classe politica prospera.
Il rapporto tra chi sta sopra e chi sta sotto non è molto diverso, oggi che c'è la democrazia, da quando c'era la monarchia o il signore del castello. Pochi pappano con quello che producono tanti che, per questo motivo, sono sempre lì lì per fare la fame. Se c'è carestia fanno la fame, se c'è abbondanza non sguazzano anche se non fanno propriamente la fame. Chi sta sopra, invece, carestia o abbondanza, ingrassa sempre.
E' un po' triste osservare come l'assaggio del potere possa cambiare un uomo. Mille leggi scritte non saranno in grado di costringere le persone ad agire correttamente. Forse solo la consapevolezza di essere -tutti i cittadini, intendo- dalla stessa parte, sulla stessa barca, potrebbe convincere ad adottare un comportamento etico, che significa agire con lealtà e giustizia, ben osservando che i privilegi si possono avere solo a danno degli altri. Senza un popolo che subisce non ci sarebbero privilegi per chicchessia. Il popolo vuole continuare a subire, perchè gli è stato detto che la causa dei suoi mali è l'altra parte di popolo. E così, ci si scorna tra cittadini. E tutti sono contenti. O forse no. Perchè, a volte, quando non sventola il drappo rosso davanti agli occhi, quando le persone sono in grado di osservare i dettagli, allora vedono, e imprecano.
I cittadini, il popolo bue, non sono in grado di fare fronte comune. La casta politica, al di là delle scaramucce per la platea, mantiene una inossidabile compattezza.
Un deputato dell'Italia dei valori, Antonio Borghesi, ha proposto nell'estate scorsa, l'abolizione di un privilegio per i parlamentari.
"Perchè i parlamentari possono andare in pensione con 5 anni di legislatura mentre tutti gli altri lavoratori, come minimo, devono versare 40 anni di contributi? Non è un'ingiustizia?"[1]
Mozione messa al voto in settembre 2010 e il risultato è stato:
  • Presenti 525
  • Votanti 520
  • Astenuti 5
  • Hanno votato no 498
La Camera respinge. E tanti saluti al mittente.
Cos'è che rende la classe politica così unita? Semplice, il comune interesse. E cosa ci dice questo delle persone? Che pensano solo ai soldi?
In fondo, diranno i più smaliziati, noi al posto loro, che faremmo? Già, che faremmo noi? Saremmo capaci  di resistere alle lusinghe del denaro? Riusciremmo a essere coerenti e a dire no alle ingiustizie?
Non esistono aforismi che tratteggiano in maniera positiva l'idealista. Uno dei meno negativi  è questo.
Un idealista è una persona che aiuta gli altri a prosperareHenry Ford
M. Giordano, Sanguisughe, Mondadori 2011

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