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Opera di Firenze, oggi, ore 15:30, rappresentazione di "Cavalleria rusticana", nel cartellone della prima stagione di questo nuovo teatro fiorentino.
La grande sala da 1800 posti è contenuta all’interno di un volume stereometrico inclinato inserito all’interno del piano inclinato ascendente. La forma adottata, a “ferro di cavallo”, tradizionale ma innovativa nelle sue condizioni di disegno, è contenuta tra le due fasce distributive perimetrali di scale e rampe, che contribuiscono allo stacco dalle pareti dell’involucro per una migliore resa acustica.
"Cavalleria rusticana" è un'opera in un unico atto di Pietro Mascagni, nativo di Livorno, da genitori di San Miniato, andata in scena per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga.
Cavalleria rusticana fu la prima opera composta da Mascagni ed è certamente la più nota fra le sedici composte dal compositore livornese.
Quest'opera ha avuto una genesi molto originale, che sottolinea quanto l'intuizione e la genialità di un artista riescono ad esprimersi anche nelle condizioni più improbabili.
Nel 1888 l'editore milanese Edoardo Sonzogno annunciò un concorso aperto a tutti i giovani compositori italiani che non avevano ancora fatto rappresentare una loro opera. I partecipanti dovevano scrivere un'opera in un unico atto, e le tre migliori produzioni sarebbero state rappresentate a Roma a spese dello stesso Sonzogno.
Mascagni, che all'epoca risiedeva a Cerignola, in provincia di Foggia, dove dirigeva la locale banda musicale, venne a conoscenza di questo concorso solo due mesi prima della chiusura delle iscrizioni e chiese al suo amico Giovanni Targioni-Tozzetti, poeta e professore di letteratura all'Accademia Navale di Livorno, di scrivere un libretto.
Targioni-Tozzetti scelse Cavalleria rusticana, una novella popolare di Giovanni Verga come base per l'opera. Egli e il suo collega Guido Menasci lavoravano per corrispondenza con Mascagni, mandandogli i versi su delle cartoline.
L'opera fu completata l'ultimo giorno valido per l'iscrizione al concorso. In tutto, furono esaminate settantatré opere e il 5 marzo 1890 la giuria selezionò le tre opere da rappresentare a Roma: "Labilia" di Nicola Spinelli, "Rudello" di Vincenzo Ferroni, e "Cavalleria rusticana" di Pietro Mascagni.
La prima rappresentazione di "Cavalleria rusticana" fu un successo inaudito, con Mascagni che venne richiamato sul palco dagli applausi del pubblico per quattro volte, e vinse il Primo Premio del concorso.
In quello stesso anno, in séguito al tutto esaurito delle repliche al Teatro Costanzi, l'opera fu rappresentata in tutta Italia
Passioni, gelosie e onori macchiati tratti, questo è il dramma siciliano tratto dall'omonima novella di Giovanni Verga, che l'Opera trasforma in poche battute, con uno struggente pianto dei violini e il profumo dei fiori d’arancio.
La scena è poderosa, ricca nella rappresentazione della polverosa strada bordata di giaggioli e fichi d’India che conduce verso i bagliori del mare.
La scena si svolge in un paese siciliano durante il giorno di Pasqua. Ancora a sipario calato, si sente Turiddu, il tenore, cantare una serenata a Lola, sua promessa sposa, che durante il servizio militare di Turiddu ha però sposato Alfio.
La scena si riempie di paesani e paesane in festa, giunge anche Santa, detta Santuzza, attuale fidanzata di Turiddu, che decide di non entrare in chiesa sentendosi in grave peccato. Si rivolge allora a mamma Lucia, madre di Turiddu, chiedendole notizie del figlio.
Lucia dice a Santuzza che Turiddu è andato a Francofonte a comprare il vino, ma Santuzza risponde che Turiddu è stato visto in paese nel bel mezzo della notte. Lucia replica stizzita e le chiede di entrare in casa: ha infatti paura che qualcuno possa sentire la loro conversazione, ma Santuzza rifiuta l'invito perché si sente disonorata.
Intanto, Alfio giunge a far visita a Lucia e le domanda del vino: Lucia riferisce che Turiddu è andato a Francofonte per comprarne, ma Alfio replica di averlo visto al mattino vicino casa sua. Compare Alfio se ne va e a questo punto Santuzza svela a Lucia la relazione tra Turiddu e Lola, pur essendo quest'ultima sposata: Lucia, attonita, invoca la Madonna e si allontana.
Giunge Turiddu che discute animatamente con Santuzza; quindi, interviene anche Lola, diretta alla chiesa, e le due donne si scambiano battute ironiche. Dopo che Lola è entrata in chiesa, la discussione tra Turiddu e Santuzza degenera in lite violenta fino a che, gettata a terra da Turiddu, al colmo dello sdegno, Santuzza gli augura la malapasqua. Quindi Turiddu entra in chiesa.
Santuzza, rialzatasi, vede arrivare Alfio e gli denuncia la tresca amorosa della moglie.
Dopo la messa, Turiddu offre vino a tutti i paesani per stare più tempo con Lola.
Giunge Alfio, Turiddu gli offre del vino, ma questi rifiuta. Così, Turiddu getta via il vino e, con la scusa di un abbraccio pacificatore, morde l'orecchio ad Alfio sfidandolo a duello.
Turiddu corre a salutare la madre e le dice addio affidandole Santuzza.
Subito dopo si sente un vociare di donne e popolani.
Un urlo sovrasta gli altri: "Hanno ammazzato compare Turiddu!".
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